Il grande carro: recensione del film con Louis Garrel

Nei cinema dal 14 settembre.

il grande carro

Nato dal lavoro di collaborazione del regista Philippe Garrel con i figli Louis (The dreamers, piccole donne), Esther (Chiamami col tuo nome) e Lena, Il grande carro è una pellicola drammatica franco svizzera. Il film è stato proiettato per la prima volta alla settantatreesima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, dove partecipò per l’Orso d’Oro. Nel cast si ritrovano anche Aurélien Recoing nel ruolo del padre, Francine Bergé nei panni della nonna e Damien Mongin come Pieter.

Il grande carro: un dramma familiare

Louis, Martha e Lena gestiscono insieme al padre un teatro di burattini fin dalla tenera età. Nonostante la morte della madre, la famiglia si mantiene unita grazie alla passione comune che li porta ad esibirsi insieme; altro elemento di legame è sicuramente la nonna, a cui specialmente Martha è molto legata. Al quadro familiare si aggiunge Pieter, artista squattrinato che decide di abbandonare momentaneamente la pittura per entrare a far parte della compagnia di burattinai. Questa situazione di apparente perfetto equilibrio viene rotta dalla improvvisa morte del padre: da questo momento in poi nulla potrà essere come prima, il filo invisibile che li teneva insieme sembra essersi rotto.

All’inizio, Louis cerca di mantenere unita la compagnia, dando inizio ad una nuova tournee, ma si insinua dentro di lui un sentimento di insoddisfazione verso gli spettacoli di burattini e la propria vita così com’era. Contemporaneamente, Pieter lascia Helene, con cui nel frattempo ha avuto un figlio, per stare con Laura e riscoprire la sua passione per la pittura, mentre Louis vuole dare una svolta alla sua vita con il teatro. Il destino del teatro di burattini di famiglia sembra essere segnato da un inevitabile declino.

il grande carro

Un intreccio di lentezza e silenzio

Ne Il grande carro non sono presenti grandi picchi nello scorrimento delle vicende: i pochi eventi emblematici per la trama vengono presentati allo spettatore in maniera alquanto piatta, tale da non instaurare alcun sentimento di empatia nel pubblico verso i personaggi. Gli stessi dialoghi vengono interpretati dagli attori con toni abbastanza piatti. Un esempio è la separazione tra Helene e Pieter: un padre decide di lasciare, la propria compagna, madre del proprio figlio, subito dopo la nascita del bambino. Si dovrebbe trattare di un momento denso di rabbia da parte di Helene, abbandonata, ma nessuna emozione viene mostrata sullo schermo.

L’unico caso in cui viene trasmesso più pathos allo spettatore è la morte del padre: questa avviene durante uno spettacolo, vengono mostrate allo spettatore le marionette che di punto in bianco cadono di colpo, con il sipario che viene poi chiuso dopo pochi secondi.

A contribuire a questa condizione di monotonia del film c’è anche la quasi totale assenza di musica. La colonna sonora o comunque delle forme di background musicale possono contribuire a trasmettere uno specifico stato d’animo allo spettatore; l’assenza di questo elemento rende la pellicola ancora più inespressiva.

Nonostante una trama interessante e abbastanza originale, Il grande carro finisce per non mantenere interamente l’attenzione del pubblico per la mancanza di elementi che possano coinvolgere lo spettatore.

Un inizio comune, tanti finali divisi

Il grande carro è caratterizzato dalla presenza di tanti personaggi, tutti molto diversi tra loro. Pur partendo da una situazione iniziale comune, ovvero il teatro dei burattini, nel momento in cui le loro strade si dividono mostrano le loro personali peculiarità caratteriali. Se con il padre in vita tutti i figli e Pieter erano un collettivo comune, una compagnia in cui contava l’insieme più che il singolo soggetto, con la morte del padre ognuno prende strade differenti e separate, facendo emergere le loro reali passioni.

Un esempio di ciò è sicuramente Louis: quando il padre è in vita lui non ha problemi a lavorare nella compagnia, perché naturalmente era bello e gratificante potersi esibire insieme alla propria famiglia e contribuire a ciò che il padre aveva creato. Con la sua morte però i burattini diventano qualcosa di soffocante per Louis: si rende conto che ciò che rendeva gli spettacoli di burattini così entusiasmanti per lui era la famiglia al completo, ma oramai quella magia sembra svanita. A questo punto Louis scopre la sua vera passione, il teatro, dove riesce a farsi strada e ad ottenere un grande successo.

Al contrario, Lena e Martha continuano ad aggrapparsi al teatro dei burattini, vedendola come una sorta di eredità del padre. Le due cercano in ogni modo di portare avanti la compagnia da sole, senza però ottenere il successo degli anni passati.