Il più bel secolo della mia vita: recensione del film con Valerio Lundini e Sergio Castellitto

Presentato al Giffoni Film Festival, arriva nelle sale dal 7 settembre il primo lungometraggio di Alessandro Bardani.

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Alessandro Bardani, regista, attore e sceneggiatore, ha scelto il Giffoni Film Festival per presentare in anteprima Il più bel secolo della mia vita, il suo film che vede protagonista l’insolita coppia composta da Valerio Lundini e Sergio Castellitto. Il primo, comico, autore di programmi radiofonici e televisivi, reduce dal successo del programma TV Una pezza di Lundini e da un altrettanto fortunato spettacolo teatrale, si distingue per una comicità a tratti surreale. Al cinema ha partecipato a Nel bagno delle donne di Marco Castaldi (2021) e a Gli idoli delle donne di Lillo e Greg ed Eros Puglielli (2022).

 

Ne Il più bel secolo della mia vita è per la prima volta protagonista. Sergio Castellitto non ha bisogno di presentazioni, essendo uno tra i più apprezzati attori italiani, con una lunga e fruttuosa carriera, basti ricordare i suoi lavori con registi come Scola e Tornatore, Monicelli e Bellocchio, oltre al suo percorso da regista. Il più bel secolo della mia vita prende le mosse da uno spettacolo teatrale di grande successo del 2015, scritto e diretto a quattro mani da Bardani e Luigi Di Capua dei The Pills, interpretato da Francesco Montanari e Giorgio Colangeli.

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La trama de Il più bel secolo della mia vita

Gustavo, Sergio Castellitto, è un anziano signore dal carattere a dir poco spigoloso, ospite di una casa di riposo gestita da suore. Una mattina si presenta da lui Giovanni, Valerio Lundini, membro di un’associazione di figli non riconosciuti alla nascita, che si batte per far cambiare una legge italiana. Secondo questa legge, chi è nella loro condizione può avere informazioni sulle proprie origini, solo al compimento del centesimo anno di età. Essendo Gustavo l’unico centenario abbandonato alla nascita in Italia, Giovanni gli ha chiesto di andare con lui all’associazione e aprire insieme il fascicolo che riguarda i suoi genitori naturali.

L’obiettivo è dunque offrire la sua testimonianza e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla iniquità di questa legge e la necessità di modificarla. Gustavo ha accettato, più per lasciare il convento dove Suor Grazia, Betty Pedrazzi, decide tutto della sua vita, che per convinzione. I due, dunque, partono per questo viaggio che li vedrà condividere tutto. Un giovane e un anziano, due opposti apparentemente inconciliabili. Troveranno un punto d’incontro? Riusciranno ad arrivare a destinazione? E Gustavo farà ciò che ha promesso a Giovanni?

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Castellitto e Lundini, la strana coppia

La prima domanda che ci si pone davanti a Il più bel secolo della mia vita è se l’inedita e stramba coppia Castellitto–Lundini funzionerà. A questo proposito, occorre dire che al primo il ruolo di Gustavo ha regalato la possibilità di cimentarsi in un’interpretazione complessa, misurata e al contempo efficacissima. Il ruolo non gli consentiva istrionismi, ma forse è proprio questo a dare maggiore forza all’interpretazione. Castellitto sa rendere con lo sguardo e con la parola la tempra che non può rendere con il corpo. Quella di un personaggio indomito, nonostante l’età.

Dal canto suo, Valerio Lundini in parte fa Lundini, in parte cerca nuove strade, adattando il suo registro comico surreale al cinema. Intraprende così un percorso di individuazione attoriale i cui esiti aspettiamo di vedere, per scoprire se si distanzierà ancora di più da quanto già visto in tv o a teatro, trovando una cifra diversa e più completa. A funzionare tra Castellitto e Lundini è il gioco degli opposti: il pusillanime e lo sfrontato, il timido e lo spavaldo, il logorroico e il taciturno.

I due protagonisti hanno però una ferita e un malessere comune. Uno più disilluso, l’altro, forse, illuso. Uno che, paradossalmente, da giovane, resta intrappolato nel passato e l’altro che, altrettanto paradossalmente, da anziano, non pensa al passato, ma guarda sempre avanti. Brava poi Carla Signoris nei panni di Gianna, madre adottiva di Giovanni. Nel cast anche Sandra Milo in un cameo.

Sorriso e riflessione ne Il più bel secolo della mia vita

Il più bel secolo della mia vita, oltre che una commedia gustosa e leggera, è anche una riflessione sul tema di una legge assurda, che va cambiata. Su questo il regista non ha dubbi. Il che non significa che il film sia retorico o paternalistico. Anzi, ha uno sguardo sul reale disincantato, ironico, a volte sarcastico, quel sarcasmo romano che il personaggio di Gustavo incarna così bene. Scelta intelligente da parte di Bardani, in grado così di veicolare messaggi su temi anche importanti senza risultare stucchevole. Anche la presa di posizione sulla genitorialità e sulle famiglie “ non convenzionali” – qui si parla di genitori adottivi e genitori naturali – è molto chiara e di buon senso e stimola una riflessione.

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Buon ritmo e durata agile

Il film ha un buon ritmo e mantiene viva l’attenzione, seguendo le scorribande di Gustavo e gli inconvenienti cui Giovanni, accompagnandolo, deve far fronte. La durata, 90 minuti, è quella giusta per un’agile commedia. Della colonna sonora de Il più bel secolo della mia vita fa parte anche il brano inedito di Brunori SAS, “La vita com’è”.

Un interessante esordio nel lungometraggio

Come primo lungometraggio, Bardani – già autore del corto “Ce l’hai un minuto?” del 2013, con Giorgio Colageli e Francesco Montanari – confeziona un lavoro tra commedia e dramma, intrattenimento e riflessione, avendo il coraggio di distanziarsi dalla coppia di attori che gli aveva dato successo in teatro, proprio con lo spettacolo a cui il film si ispira. Bardani scopre un’alternativa efficace e originale, lasciandosi alle spalle l’impianto teatrale per adattare la vicenda al linguaggio filmico. Un esordio con una storia dagli elementi narrativi ben definiti, senza materiale in eccesso, di cui il regista riesce a controllare tutti gli elementi.

Il più bel secolo della mia vita è prodotto dalla Goon Films di Gabriele Mainetti, il quale, dopo Denti da squalo, produce quello che potremmo considerare un altro racconto di formazione, seppure sui generis. Giovanni è infatti arricchito dall’incontro con Gustavo, mentre dell’infanzia e della crescita di Gustavo parlano i flashback. Se lì c’era la favola vera e propria, qui c’è un viaggio tra il reale e il surreale, che diverte e fa riflettere. Un mix difficile da gestire, perché si rischia di non essere credibile, di allontanare lo spettatore. Bardani però sa dosare le due componenti. Vedremo nelle sue prossime prove se cambierà registro o questa resterà una sua cifra. Il film è prodotto con Lucky Red con Rai Cinema e in collaborazione con Amazon Prime Video. Al cinema dal 7 settembre.

Sommario

A funzionare tra Castellitto e Lundini è il gioco degli opposti: il pusillanime e lo sfrontato, il timido e lo spavaldo, il logorroico e il taciturno. I due protagonisti hanno però una ferita e un malessere comune. Uno più disilluso, l'altro, forse, illuso. Uno che, paradossalmente, da giovane, resta intrappolato nel passato e l'altro che, altrettanto paradossalmente, da anziano, non pensa al passato, ma guarda sempre avanti.
Scilla Santoro
Scilla Santoro
Giornalista pubblicista e insegnate, collabora con Cinefilos.it dal 2010. E' appassionata di cinema, soprattutto italiano ed europeo. Ha scritto anche di cronaca, ambiente, sport, musica. Tra le sue altre passioni c'è proprio la musica (rock e pop), assieme alla pittura e all'arte in genere.

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A funzionare tra Castellitto e Lundini è il gioco degli opposti: il pusillanime e lo sfrontato, il timido e lo spavaldo, il logorroico e il taciturno. I due protagonisti hanno però una ferita e un malessere comune. Uno più disilluso, l'altro, forse, illuso. Uno che, paradossalmente, da giovane, resta intrappolato nel passato e l'altro che, altrettanto paradossalmente, da anziano, non pensa al passato, ma guarda sempre avanti.Il più bel secolo della mia vita: recensione del film con Valerio Lundini e Sergio Castellitto