Il punto di rugiada: recensione del film di Marco Risi

Il nuovo film dal regista di Fortapàsc è in sala da oggi.

Il punto di rugiada di Marco Risi (2023)

Da oggi, 18 gennaio, arriva nelle sale italiane il nuovo film di Marco Risi, Il punto di rugiada, presentato in anteprima al Torino Film Festival, con cui il regista di Fortapàsc torna a esplorare gli archi di giovani protagonisti inseriti in contesti ostili. In questo caso, si tratta di Carlo e Manuel, interpretati rispettivamente da Alessandro Fella e Roberto Gudese, che devono scontare un anno di riabilitazione presso la casa di riposo Villa Bianca.

 

Il punto di rugiada, la trama: incontro generazionale

Carlo (Alessandro Fella), un giovane viziato e sregolato, causa un grave incidente d’auto da ubriaco e viene condannato a un anno di lavori socialmente utili presso una casa di riposo. Manuel (Roberto Gudese), un giovane spacciatore colto in flagrante, è assegnato alla stessa struttura. Luisa, un’infermiera con anni di esperienza nella casa di riposo, guida i due ragazzi in un mondo in cui la condivisione, il conforto e l’accoglienza cambiano per sempre la loro prospettiva sulla vita.

Tra gli ospiti della villa, Pietro, un colonnello (Eros Pagni) che non sembra aver avuto un gran rapporto con il figlio; Dino Rimoldi (Massimo De Francovich), un ex fotografo che vorrebbe morire e che non a caso si chiama Dino e ha un cognome con la stessa R di Risi; un poeta Federico (Luigi Diberti), che sta perdendo la memoria, e una anziana ospite Antonella (Erika Blank) piena di vita nonostante l’età. Oltre agli ospiti di Villa Bianca, che naturalmente vivono entro le mura della struttura, c’è anche il personale che gestisce le loro complesse esigenze, come Luisa (interpretata da Lucia Rossi), un’instancabile infermiera che ora deve gestire anche la condotta di Carlo e Manuel. Quello che accade tra chi ha tutta la vita davanti e chi ne ha troppo poca è sicuramente un cortocircuito ricco di implicazioni per entrambi.

Un dialogo a più voci e omaggio alla figura paterna

Il punto di rugiada funziona, soprattutto, come omaggio al padre del regista, Dino Risi. “Sono circa tredici anni che penso a questo film sugli anziani e, nel frattempo, si può dire che lo sono diventato“, ha raccontato Marco Risi. Sono, in effetti, molti i riferimenti al padre che si trovano in quest’opera, a partire da uno degli anziani protagonisti del film che si chiama Dino e che riprende molti dei tratti della figura paterna, compresa la passione per i collage realizzati con fotografie prese da riviste o scattate personalmente. Non è un caso che, parallelamente allo sviluppo del film, Risi abbia anche scritto un libro che ha a che fare con il rapporto con suo padre, “Forte respiro rapido”.

Erika Blanc, Eros Pagni, Luigi Diberti, Elena Cotta, Maurizio Micheli e Massimo De Francovich sono solo alcuni dei grandi nomi che raccontano questa storia in cui il conflitto principale è quello generazionale, da non intendere necessariamente come un punto di scontro, piuttosto come un dialogo a più voci scandito da momenti di delicata poesia e riflessione. Il punto di rugiada è un film nostalgico, ma anche di grande apertura verso le nuove generazioni: in tutti questi protagonisti anziani, c’è una forte curiosità verso questi giovani e, viceversa, anche questi iniziano a capire che possono dare qualcosa agli anziani.

Quella di Villa Bianca non è una casa di riposo triste, anzi, è un luogo abbastanza elegante e fuori dal comune, dove si respira comunque solitudine e dolore. Ci troviamo di fronte a un film sul tempo che passa molto velocemente per gli ospiti, e molto lentamente per i giovani che sono costretti a stare li. Nonostante ciò, la controparte giovanile, che ha una consapevolezza diversa del valore del tempo, apprenderà qualcosa, allontanandosi sempre di più dalla supponenza con cui si erano presentati all’inizio a Villa Bianca. Pian piano, cominciano a entrare nei rapporti umani, guidati dall’infermiera che cerca di fargli capire l’importanza del rapporto con gli ospiti anziani.

Il punto di rugiada, Marco Risi (2023)

Aprirsi all’ascolto in un luogo isolato dal mondo

La sceneggiatura del film di Marco Risi evita di focalizzarsi sul viaggio di un unico protagonista, abbracciando un parterre di personaggi variopinti che, attraverso le loro esperienze di vita, danno accesso a innumerevoli sfumature dell’animo umano ed emozioni. A Villa Bianca convivono molte esistenze e, proprio in virtù dell’età avanzata degli ospiti, questi possono donare grande saggezza ai due ragazzi, che appaiono inizialmente come sprovveduti e chiusi nella tipica arroganza giovanile, che presto si scontra con la ricchezza intellettuale degli anziani.

In particolare, la passione artistica si manifesterà agli occhi dei ragazzi tramite il personaggio di Dino (Massimo De Francovich), che ha sempre a fianco una macchina fotografica con cui immortala scatti di quotidianità e che vengono poi completamente rimodellati in collage fantasiosi e onirici, sbarazzandosi di ogni associazione logica. D’altra parte, Manuel scopre nelle poesie di Federico qualcosa che non pensava di possedere nell’animo, parole che risuonano con lui e gli rivelano qualcosa sulla vita; si addentrerà così nell’universo della composizione poetica, trovando un nuovo slancio per esistere tramite un arte che mette in primo piano l’emotività umana.

Proprio nella messa in scena di questi rinnovati legami interpersonali, Il punto di rugiada si mostra nella sua sincerità narrativa, proponendo un’analisi nostrana sul rapporto tra anziani e giovani anche dal punto di vista pedagogico; interessante notare che la stessa tematica è al centro di un altro film in uscita proprio oggi nelle sale, The Holdovers – Lezioni di vita di Alexander Payne. Purtroppo, una chiusa finale raffazzonata va a minare le intenzioni del film, così come l’ambiguità della sorte dei due giovani protagonisti, da cui ci discostiamo progressivamente e forse un po’ troppo forzatamente, dato che il loro sguardo viene introdotto come principale ponte su un’altra età dell’esistenza.

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