“Volevamo fosse un film sulla vita di Andrea, non sulla sua morte”. Con queste parole la regista Margherita Ferri (autrice anche di Zen sul ghiaccio sottile e di un paio di episodi per le serie Zero e Bang Bang Baby) ha messo da subito in chiaro gli intenti di Il ragazzo dai pantaloni rosa, il film che porta sul grande schermo la triste vicenda di Andrea Spezzacatena, solo una delle tante vittime di bullismo e cyberbullismo, problematiche purtroppo sempre più diffuse nonostante la prevenzione che viene svolta a riguardo. È quello che cerca di fare ora anche questo film, senza però l’intento di proporre “una lezione di educazione civica“, come affermato dallo sceneggiatore Roberto Proia.
Perché, appunto, l’intento primario è quello di restituire la vitalità che era propria di Andrea – così come la narra anche la madre Teresa Manes (interrpretata da Claudia Pandolfi nel film) nel romanzo Andrea oltre il pantalone rosa, da cui il film è liberamente tratto – e che si è tragicamente spezzata il 20 novembre del 2012. Prima di arrivare a quel momento, però, c’è stata la vita e Il ragazzo dai pantaloni rosa la ripercorre tappa dopo tappa, cercando poi attraverso di esse non tanto di comprendere le motivazioni di quanti hanno bullizzato Andrea Spezzacatena – in ogni caso ingiustificabili – quanto di ricercare il perché del suo silenzio. Un silenzio fattosi assordante e asfissiante, che lo ha isolato portandolo a scelte irreparabili.
La trama di Il ragazzo dai pantaloni rosa
Andrea Spezzacatena aveva appena compiuto 15 anni quando decise di togliersi la vita. Un ragazzo apparentemente solare, aveva ottimi voti a scuola e un ottimo rapporto coi genitori. Il suo gesto fu quindi totalmente inaspettato e rimase senza spiegazione finché sua madre dopo la sua morte è entrata nel suo profilo Facebook e ha ricostruito l’inferno che suo figlio stava passando tra atti di bullismo e cyberbullismo a scuola. Il film, narrato dalla voce di Andrea dall’aldilà, ci racconta come il ragazzo sia arrivato a pensare di non avere altra via d’uscita e rappresenta un potente monito sulla pericolosità di quelle parole e di quei gesti che in apparenza ci possono sembrare innocui.
Un film in equilibrio
Il film ha dunque inizio con la nascita di Andrea, che inizia così a raccontarci la sua storia fin dai primi vagiti attraverso una particolare voice over. Particolare perché sin da subito Andrea si dice consapevole di essere probabilmente più noto per la sua fine che non per il suo inizio, chiarendo così di parlare dall’aldilà, una scelta che certamente mette sull’attenti ma che – almeno secondo il giudizio di chi scrive – risulta di cattivo gusto. Andando però subito oltre questo dettaglio, si compie un salto verso le scuole medie e poi verso il liceo, assistendo dunque alla formazione caratteriale del protagonista.
Il film in questo riesce ad offrire un gradevole equilibrio sulla sua identità e la sessualità, senza mai farlo pendere né da una parte né dall’altra ma lasciandolo giustamente in quel limbo proprio di quell’età in cui tutto è ancora in fase di esplorazione e definizione. Certo, ci sono momenti in cui si scade in alcuni dettagli evitabili e anzi fin troppo calcati, come Andrea che consola l’amico Christian (Andrea Arru, visto in Di4ri) pogiandogli una mano sul braccio. Un gesto assolutamente innocuo, il quale è però ripreso come se dovesse enfatizzare un significato che non era necessario esplicitare.
Il ragazzo dai pantaloni rosa si muove dunque continuamente tra questi fronti, dimostrandosi un ideale film per ragazzi (e non solo) attento alle piccole sfumature e al mondo emotivo dei protagonisti, ma incline ad una certa tendenza a semplificare certe dinamiche o conferirvi un aspetto patinato, rischiando così di sfociare in un melò che non rende giustizia alla vicenda trattata. Fortunatamente ciò avviene solo in precisi momenti, mentre per il resto il film riesce effettivamente a trasmettere la gioiosità di Andrea come anche quell’ingenuità che sempre più – purtroppo – si trasforma, in una società violenta come quella attuale, nella propria condanna.
Un racconto delicato che si rivolge a tutti
Ad ogni modo, Il ragazzo dai pantaloni rosa è uno di quei film il cui fine porta a chiudere un occhio davanti ad inevitabili inciampi di stile. La materia trattata è quantomai delicata e traspare la volontà degli autori e del cast di affrontarla come tale. Ancora Proia ha infatti dichiarato: “Abbiamo volutamente lasciato che chiunque alla fine del film si potesse guardare dentro e capire se, facendo dei cambiamenti, rischia di rendere la vita di un altro un po’ più sopportabile, un po’ più facile, un po’ più felice“. La speranza è che il film possa realmente lasciare, specialmente nei più giovani, riflessioni di questo genere e portare ad un mondo in cui indossare dei pantaloni rosa non è motivo di scandalo.
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Il ragazzo dai pantaloni rosa
Sommario
Il film ripercorre la tragica vicenda di Andrea Spezzacatena cercando di lanciare un monito alle giovani generazioni di oggi e di domani. Seppur talvolta ciò viene fatto con fin troppa enfasi o ricorrendo ad alcune discutibili scelte stilistiche, è sul nobile messaggio che deve andare l’attenzione.