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Il Regno del Pianeta delle Scimmie, recensione del film di Wes Ball

Il film apre nuovi percorsi e storie ambientati sempre nell'universo arrivato sul grande schermo per la prima volta nel 1968.

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Così come il primo decennio degli anni 2000 ha avuto la sua trilogia dedicata al longevo franchise de Il Pianeta delle Scimmie, quella che potremmo chiamare “la trilogia di Cesare”, anche questi tumultuosi anni ’20 hanno visto, con l’arrivo di Il Regno del Pianeta delle Scimmie, l’inizio di una nuova era di avventure e narrazioni che, come scopo ultimo, hanno quello di ricongiungere questa storia contemporanea, con quella che abbiamo visto per la prima volta sul grande schermo nel 1968, con il film culto di Franklin J. Schaffner basato a sua volta sul romanzo di Pierre Boulle.

Dopotutto, tra la nascita di Cesare, nel film del 2011, e quello che affronterà sulla Terra l’astronauta George Taylor nell’anno 3978 intercorrono ben 1967 anni di storie che possono essere raccontate, stando a quanto dichiara Wes Ball (Maze Runner) regista di questa nuova avventura, che prende il suo avvio dall’8 maggio al cinema con 20th Century Studios.

Il Regno del Pianeta delle Scimmie, la trama

Nel suo ultimo sforzo in vita, Cesare è riuscito a condurre il suo gruppo di scimmie in un’oasi, dove poter prosperare in pace. Intanto, gli uomini continuano a morire, decimati dal virus mortale che loro stessi hanno sintetizzato. 300 anni dopo la morte di Cesare, le scimmie hanno prosperato e dall’oasi si sono diramate in territori selvaggi moltissime società di primati diverse tra di loro. Gli anni hanno trasformato molte cose, e mentre ci sono colonie che vivono in equilibrio e armonia con la natura, come quella dello scimpanzé Noa, ci sono altri gruppi più aggressivi che, distorcendo gli insegnamenti di Cesare, riducono in schiavitù gli altri clan. Il gruppo armato guidato da Proximus Caesar, farà prigioniero il clan di Noa, e il giovane scimpanzé si alleerà con Raka, un orango ex membro del gruppo di Proximus, e Mae (Freya Allan), una ragazza umana, per cercare di salvare la sua famiglia.

Una scimmia troppo umana

Wes Ball raccoglie un testimone pesante. The War – Il pianeta delle scimmie del 2017 era un film in qualche modo conclusivo, poneva le basi sia per la progressione evoluzionistica dei primati, sia per il processo inverso che avrebbe poi afflitto gli uomini. Sarebbe stato un perfetto ponte per arrivare poi alla storia originale e a quello che hanno raccontato Schaffner e Boulle per primi. Con Il Regno del Pianeta delle Scimmie si cerca di riempire un vuoto che poteva benissimo rimanere tale, e tuttavia non si procede in maniera gratuita e si coglie l’occasione per capovolgere ancora una volta il punto di vista e umanizzare le scimmie, seguendo una traiettoria scontata eppure inevitabile.

Finalmente la scimmia è diventata davvero simile all’uomo e ora la guerra è tra simili, l’uomo è fuori dal quadro, quasi completamente se non nelle vesti di Mae, ma i termini dello scontro ora sono “scimmia contro scimmia”, come era stato vagamente anticipato dal personaggio di Koba nella trilogia precedente e come ora viene reso evidente e fondativo per la trama con Proximus Caesar.

L’evoluzione è il seme della distruzione

L’evoluzione quindi porta sempre con sé il germe della distruzione, non a caso il clan che invece vive pace e armonia è quello che conserva delle usanze più vicine alla natura e ai cicli della vita naturale, quello di Noa. E così, se una volta lo scontro tra le parti era per il diritto all’esistenza e alla vita, adesso diventa questione di volontà di potere. E non c’è niente di più umano che potesse essere tirato in ballo per riportare i primati sullo schermo e farli effettivamente combattere tra loro.

Il risultato è certamente grande intrattenimento, ma anche la consapevolezza che più si evolvono e si umanizzano le scimmie, più queste sono uguali all’uomo che hanno condannato all’estinzione. Più la scimmia stessa si affeziona a valori meccanici e di potere, lontani dal vitalizio naturale che trova sempre un suo equilibrio pacifico, più essa diventa predatore spietato e cieco, destinato sempre all’autodistruzione.

Il Regno del Pianeta delle Scimmie è spettacolo e grande intrattenimento

In questa riflessione sulla natura del potere e della vicinanza (o lontananza) dell’uomo/scimmia dal ciclo vitale della natura, Il Regno del Pianeta delle Scimmie è uno spettacolo di grande intrattenimento oltre che di eccellente valore produttivo, merito dei compartimenti tecnici della Weta che rappresentano sempre l’eccellenza nella creazioni di mondi e realtà che non esistono. E in questo concerto di effetti speciali, il regista Wes Ball tiene la barra dritta e accompagna in porto una nave carica di aspettative per quello che il futuro riserva al franchise.

Riuscirà Noa a essere un protagonista carismatico come lo era stato Cesare nel decennio precedente? L’ultima parola sarà del box office, a partire dall’8 maggio.

Sommario

Il Regno del Pianeta delle Scimmie è uno spettacolo di grande intrattenimento oltre che di eccellente valore produttivo
Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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