Io e mio fratello, la recensione del film di Luca Lucini

Un cast ben assemblato dà vita a una storia nel quale dominano comunità e amore, di ogni tipo

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Il suo viaggio continua, con il Milano-Roma al quale sta già lavorando e che promette di riportarlo nella Capitale, dove nel 2004 iniziò tutto con Tre metri sopra il cielo, ma l’ultima tappa del percorso di Luca Lucini è quella del più recente Io e mio fratello, dal 21 aprile su Prime Video. Un ritorno a casa particolare che ci porta da Milano ad Altomonte, in Calabria, in compagnia del ben assortito cast di una commedia romantica scritta con Marta e Ilaria Storti e nella quale si mescolano tradizione e contemporaneità, individualismo e comunità, famiglia e amori di vario genere.

 

Io, lei e mio fratello

Tutto nasce dall’urgenza di Sofia (Denise Tantucci) di tornare a casa, al Sud. Pecora nera di una famiglia di viticoltori della provincia di Cosenza, si è trasferita da qualche anno a Milano, dove vive con il suo coinquilino Alessandro (Claudio Colica) e continua a passare da una conquista all’altra. Sempre con il rimpianto del suo grande amore, l’amica Michela (Greta Ferro) che ora sta per sposarsi con Mauro (Cristiano Caccamo), suo fratello.

Affidabile e “predestinato”, dopo la morte del padre (Marco Leonardi) è stato lui a portare avanti l’azienda di famiglia insieme all’esperto Bernardo (Nino Frassica) e a rimanere al fianco della madre (Lunetta Savino). Che ora si trova al centro dell’organizzazione di un matrimonio che Sofia cerca di boicottare, tentando di far innamorare di nuovo di sé la radiosa Michela. Una missione che scatenerà una serie di reazioni a catena che coinvolgeranno tutti, anche l’irrequieta e originale zia Tecla (Teresa Mannino), arrivata per l’occasione.

Una questione di famiglia

Nomi interessanti e di sicura presa sul grande pubblico, come si vede, danno vita a un intreccio piuttosto elementare, arricchito da ricami capaci di suggerire spunti e possibilità senza confondere o distogliere l’attenzione dalla trama principale. Quella che inizia come la storia della giovane scavezzacollo farfallona e irrisolta, promettendo gag da emigrata sullo sfondo della citylife meneghina, diventa quindi occasione per offrire alla regione Calabria una vetrina alla quale non tutti sono abituati, talmente abituati – come sottolineato dallo stesso regista – a vederla solo come terra di malaffare e ‘ndrangheta. Ma soprattutto per raccontare una contemporaneità che va oltre le app e i luoghi comuni (che pure non mancano), e nella quale trovano uno spazio importante le tradizioni e la comunità.

E l’amore, ovviamente. Etero, omo e familiare, tanto per citare i più evidenti sin dalla sinossi, nella quale non era possibile – né opportuno – dettagliare di più, lasciando alla scoperta in streaming dei contrasti e le piccole grandi sorprese messe in scena da Lucini. Del quale attendiamo il Le mie ragazze di carta (con Maya Sansa, Giuseppe Zeno e di nuovo Cristiano Caccamo) visto al Bif&st da lui definito “la prima storia che sento veramente mia” e nel quale si racconta il passaggio dalla pubertà alla preadolescenza di tre adolescenti e quello dal mondo della campagna al mondo della città.

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L’individualismo non basta, il futuro è comune

Come anche in questo Io e mio fratello, dove la scelta su cosa voler essere o fare ‘da grandi’ torna, come sappiamo tutti, e continua a tornare, anche a distanza di anni. Perché le occasioni arrivano quando arrivano, a volte, le scelte portano rimpianti e dubbi, e altre scelte. Merito del regista aver evitato di lasciar troppo spazio alle scelte meno ‘etiche’, alla confusione, le bugie e i segreti, trovandone invece per un esempio di amore ‘maturo’ che regala forse il momento più commovente del film (insieme alla nostalgia legata alla figura paterna).

Che rimodula lo stereotipo della sceneggiata meridionale – che a tratti fa capolino, evidentemente impossibile da non citare – in un finale se non originalissimo e di rottura, un po’ diverso da quel che avrebbe potuto essere e che spezza una lancia in favore della libertà, nelle sue varie declinazioni vero fil rouge di tutta la storia. Ma soprattutto rilancia il fallimento dell’individualismo dilagante, vero ‘morto che cammina’ del nostro vivere quotidiano, che – per quanto in molti ci si ostini a far finta di non vederlo o ammetterlo – non ha altra speranza che nell’essere comune, e condiviso (non sui social).

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Mattia Pasquini
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io-e-mio-fratello-luca-luciniIo e mio fratello si compone di un intreccio piuttosto elementare, arricchito però da ricami capaci di suggerire spunti e possibilità senza confondere o distogliere l'attenzione dalla trama principale. Il film diventa poi anche l'occasione per offrire alla regione Calabria una vetrina alla quale non tutti sono abituati, ma soprattutto per raccontare una contemporaneità che va oltre le app e i luoghi comuni, e nella quale trovano uno spazio importante le tradizioni, la comunità e l'amore.