Kalavria, recensione del film con Ivan Franek

Il film vede protagonista il noto attore di origine ceca nel panni di un naufrago molto simile a Ulisse.

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Ivan Franek in Kalavria

Kalavria è un viaggio cinematografico coinvolgente che mescola mitologia, storia e realtà contemporanea, offrendo una profonda riflessione sull’identità, la ricerca di sé e la resilienza umana. Presentato in anteprima al Bif&st 2024, il docufilm ci trasporta nelle terre suggestive della Calabria, dove il protagonista, un naufrago senza memoria interpretato da Ivan Franek, si immerge in un viaggio interiore alla scoperta di chi è veramente.

 

La narrazione si sviluppa attraverso una serie di incontri con viandanti contemporanei e figure mitologiche, che gradualmente svelano le sfumature del passato del protagonista e i riflessi del mito greco nella vita quotidiana. Questo percorso di rinascita e riscoperta è guidato dalla generosità e dalla saggezza dei personaggi che il protagonista incontra lungo il suo cammino, trasformandolo non solo in un individuo consapevole di sé, ma lo rendono anche consapevole di essere parte di una connessione più ampia con la storia e la mitologia.

Cristina Mantis ha saputo porre l’accento l’importanza della storia invisibile equiparandola alla realtà che accade sotto i nostri occhi, rendendo così la compenetrazione tra le epoche e i tempi ai margini del mondo la chiave narrativa principale del racconto. Attraverso il personaggio del naufrago, che si risveglia sulle coste della Calabria, il documentario, che si trasforma in film di finzione e poi torna a essere racconto documentario, ci porta in un viaggio di riappropriazione di sé, trasformando il luogo di Kalavria non solo in una terra fisica, ma in uno spazio dove l’anima trova nutrimento.

Kalavria, sospensione tra storia e mito

L’umanità è un tema centrale del film, riflesso nei volti e nelle storie dei personaggi che popolano le antiche case Kodra di Civita e le rovine di Africo. La voce celestiale del griot africano Badara Seck aggiunge una stratificazione spirituale molto intensa, ribadendo il messaggio centrale del documentario: in un mondo alla deriva, solo l’umano può salvare l’umano.

Dove il film svela una certa ingenuità di messa in scena è nei momenti in cui la natura selvaggia e incontaminata della Calabria si fa scenario di incontri con la mitologia, nella personificazione di personaggi quali con Circe nella Torre di Fiuzzi a Praia a Mare. Anche la storia della Magna Grecia fa capolino dalle rovine di Sibari e di Locri, aggiungendo al racconto documentaristico e mitologico un ulteriore livello di profondità: la Storia.

Sembra riduttivo parlare di documentario in merito a Kalavria, perché la forma cinematografica si fa mutevole e stratificata, seguendo il percorso accidentato dello splendido Ulisse/Ivan Franek: è un viaggio emozionante attraverso la storia, la mitologia e racconta il modo che l’uomo trova di abitare un luogo che diventa sinonimo di se stesso.

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