Knight of Cups: recensione del film di Terrence Malick

Nei tarocchi, il Cavaliere di Coppe (Knight of Cups) è un individuo già ben avviato sul suo percorso di crescita, che non è tuttavia ancora concluso. A questo ha pensato Terrence Malick quando ha affidato a Christian Bale e a questo film in nome così evocativo e che traccia già davanti a sè il percorso che Rick, il protagonista di questa storia, percorrerà, a mano a mano che la sua vita si incrocerà con quella di altri individui, donne/carte che rappresentano tappe determinate di questa lettura dei tarocchi per immagini.

 

La storia di Knight of Cups

La storia, chiaramente ne senso più rarefatto possibile del termine, segue il percorso dell’anima di uno sceneggiatore che ha perso la strada, l’ispirazione, forse per sempre. La sua ricerca procede, proprio come la lettura delle carte da parte di una zingara, attraverso l’incontro con molte donne, ognuna delle quali lo porterà ad un passo successivo della sua ricerca. Partendo dalla mutevole Luna di Della (Imogen Poots), passando per l’Impiccato, il senso di inesorabile appartenenza del padre e del fratello, che va abbracciato e non combattuto, arrivando poi al Giudizio, con l’ex moglie Nancy (Cate Blanchett), Rick arriva ad un punto in cui la sua vita sembra aver ripreso a significare, nel momento in cui capisce che il suo bisogno d’amore è in realtà un desiderio effimero in confronto all’equilibrio e alla pace, entrambi ancora lontani.

Knight of Cups

La Torre della modella Helen (Freida Pinto) e la Papessa della spogliarellista Karen (Teresa Palmer), lo condurranno direttamente nelle braccia della Morte, Elizabeth (Natalie Portman), con cui, per la prima volta, intreccia un legame fisico e spirituale, quello che più si avvicina all’amore tra uomo e donna per Malick. Quando immaginiamo che il suo viaggio si debba interrompere però, Rick procede ancora oltre, fino alla Libertà, incarnata da Isabel (Isabel Lucas), una donna eterea e lontana, che appare appena e che forse rappresenta la presa di coscienza del protagonista stesso: il vero Amore nasce dalla libertà e dall’accetazione di sè.

Malick ripete se stesso

Knight of Cups

Knight of Cups si posiziona in maniera particolare nella filmografia di Malick, trovandosi nel cuore di quello che è un periodo estremamente produttivo per il regista texano. A poco tempo da To the Wonder, mentre ll’orizzonte c’è già Weightless (senza contare il documentario Voyage of time già presentato a Venezia), il film con protagonista Christian Bale si pone al centro di quella che potrebbe considerarsi una trilogia sull’amore, di cui non abbiamo visto ancora il terzo capitolo. Sebbene però questa riflessione prosegua in maniera magmatica da un film all’altro, il senso dell’operazione cinematografica di Malick si perde nella ripetizione e nell’ossessività di un racconto che non è tale.

Mantenendo sempre altissimo il suo gusto per l’inquadratura e per l’innovazione dello sguardo sul mondo, Malick rifà, formalmente, il se stesso migliore, quello di Tree of Life, diluendo la potenza di quella poesia in un discorso terreno, strutturato in capitoli, che ha poco a che fare con le sue più alte e ispirate opere

 

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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