La natura dell’amore: recensione del film di Monia Chokri

Nel suo terzo film da regista, la musa canadese di Xavier Dolan affronta il cinema di genere con una storia sulla passione e le differenze.

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Dopo la presentazione all’ultimo Festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, anche nei cinema italiani arriva la canadese Monia Chokri. Un gradito ritorno quello dell’attrice di Xavier Dolan (Les amours imaginaires, Laurence Anyways), che si conferma regista da non trascurare con il nuovo La natura dell’amore, dal 14 febbraio in sala distribuito da Wanted Cinema in collaborazione con Tinder, che lo presenta come “la commedia sentimentale dell’anno“. Un colpo di fulmine, un amore apparentemente impossibile tra due persone diverse e lontanissime tra loro, sono l’innesco di una sorta di celebrazione dell’amore, ma non solo, alla quale danno vita Magalie Lépine-Blondeau e Pierre-Yves Cardinal – con Francis-William Rhéaume e la stessa Chokri – e che potrebbe regalarvi un retrogusto amaro, oltre che stuzzicarvi e divertirvi, se cercate un San Valentino diverso dal solito.

 

La trama di La natura dell’amore

Sophia (Lépine-Blondeau), 40 anni, è docente di filosofia all’Università di Montreal, dove da dieci anni vive una consolidata e monotona relazione con Xavier (Rhéaume), anche lui professore. Una vita convenzionale basata su agio, stabilità e intesa, soprattutto intellettuale, ormai, visto che la passione tra i due sembra essersi assopita. A rompere una routine fatta di vernissage e interminabili cene tra amici, però, interviene Sylvain (Cardinal), il falegname tuttofare incaricato di ristrutturare la casa di campagna della coppia… e la vita di Sophia cambia all’improvviso. Di famiglia colta e benestante lei, figlio di una rumorosa tribù proletaria e “semplice” (come da titolo originale, Simple comme Sylvain) lui, i due non potrebbero essere più diversi, ma anche dimostrare a tutti che gli opposti si attraggono. O no?

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La stagione dell’amore viene e va

Non manca un pizzico di cinismo nel racconto della regista canadese, che partendo dal presupposto secondo il quale “due individui possano amarsi a prescindere dalle loro differenze” mette in scena una sciarada ricca di implicazioni sociali e culturali. Una sfida che vogliamo immaginare divertita, nel suo ammiccare tra l’omaggio e la parodia a tanto cinema francese di genere, romantico, erotico, intellettuale. Soprattutto intellettuale. Cerebrale persino. Elementi che il film tiene a sottolineare sin dalle diverse scene nelle quali Sophia e Xavier discettano di filosofia e massimi sistemi con amici colti come loro, convivi che danno la misura dell’ambiente d’origine della donna, e non fanno che scavare ancor più profondamente il solco che la divide dal suo inatteso amante.

E se di sfida si deve parlare – ché così la definisce la Chokri – quella dei due amanti e del loro amore ‘in salita’ è forse meno ardua di quella vissuta dalla regista, attenta a tenere in equilibrio ironia e sensibilità, il racconto dell’incontro-scontro e il rischio di scadere nel classismo. O nel cliché della moglie annoiata e insoddisfatta, sensibile al fascino passionale e trasgressivo, divertita dalla possibilità di essere dominata, posseduta, oggettivata, salvo poi spaventarsi della prospettiva di perdere il controllo del gioco o di esser costretta a viverlo ogni giorno.

La natura dell'amore Magalie Lépine Blondeau

Tra esperimento sociale e di stile

Ma senza voler bruciare le tappe e suggerire troppo, sarà bene affidarsi alla scansione temporale pensata dalla regista, interessata a osservare i suoi personaggi a distanza, come in “un documentario sugli animali“. Definizione nella quale è facile vedere la conferma della poca empatia nei confronti dei due esemplari “sul punto di accoppiarsi” e della sostanziale scelta del punto di vista femminile – comprensibile e non una novità nel suo cinema – nel racconto di qualcosa di più di un amore, di un colpo di fulmine, di una passione. Anche la scelta di una fotografia ispirata a Robert Altman e ai film romantici degli anni ’70, alla Love Story, o a certa patinatura alla David Hamilton, come anche a una estetica e certe scelte registiche quasi da B-movie o da horror, denunciano un grande lavoro preparatorio e impreziosiscono il gioco, davanti e dietro la macchina da presa, che rischia di incatenare tanto i burattini quanto la burattinaia

Come nasce un amore? Cosa ci attrae nell’altro? Quanto contano differenze e somiglianze? E quanto è giusto cercare di migliorare l’altro, di cambiarlo? Interrogativi che rendono universale la storia, nella sua classicità. E che per questo ha bisogno di una serie di personaggi di contorno ben scritti come l’amica di Sophie – interpretata dalla stessa Chokri – che la sostiene e conforta, a differenza della madre, che forse conosce la figlia meglio di quanto lei stessa sappia, o il padre di Xavier, malato di Alzheimer e tifoso della vita, per il quale tutto va vissuto prima che sia troppo tardi. L’affresco va componendosi in maniera attraente, ed è facile farsi trascinare dal turbine iniziale, ma sono diversi gli agguati che la regista ha in serbo per il pubblico, e sono quelli la forza di La natura dell’amore. Nel quale sarà forse fin troppo facile empatizzare ora con questa ora con quello o reagire come ci si aspetta davanti a scene anche disturbanti, imbarazzanti, persino terrificanti a modo loro, ma che difficilmente lascerà impassibili. E magari potrà far riflettere sui propri bisogni e sulle scelte future.

Sommario

Nonostante il grande lavoro preparatorio, davanti e dietro la macchina da presa, rischi di incatenare tanto i burattini quanto la burattinaia, l'affresco proposto dalla regista va componendosi in maniera attraente, ed è facile farsi trascinare dal turbine iniziale, con diversi gli agguati che la regista ha in serbo per il pubblico e che si rivelano la forza del film.
Mattia Pasquini
Mattia Pasquini
Nato sullo scioglimento dei Beatles e la sconfitta messicana nella finale di Coppa del Mondo, ha fortunosamente trovato uno sfogo intellettuale e creativo al trauma tenendosi in equilibrio tra scienza e umanismo. Appassionato di matematica, dopo gli studi in Letterature Comparate finisce a parlare di cinema per professione e a girare le sale di mezzo mondo. Direttore della prima rivista di cinema online in Italia, autore televisivo, giornalista On Air e sul web sin dal 1996 con scritti, discettazioni e cortometraggi animati (anche in concorso al Festival di Cannes), dopo aver vissuto a New York e a Madrid oggi vive a Roma. Almeno fino a che la sua passione per la streetart, la subacquea, animali, natura e ogni manifestazione dell'ingegno umano non lo trascinerà altrove.

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Nonostante il grande lavoro preparatorio, davanti e dietro la macchina da presa, rischi di incatenare tanto i burattini quanto la burattinaia, l'affresco proposto dalla regista va componendosi in maniera attraente, ed è facile farsi trascinare dal turbine iniziale, con diversi gli agguati che la regista ha in serbo per il pubblico e che si rivelano la forza del film. La natura dell'amore: recensione del film di Monia Chokri