L’esorcista – Ultimo atto: recensione del film con Russell Crowe

Non è ancora arrivato il momento del sequel dell'Esorcista del Papa, ma Russel Crowe continua ad avere problemi di demoni, e anche noi.

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A un anno di distanza da L’Esorcista del Papa, che ce lo aveva mostrato nei panni dello scomparso Padre Amorth, Russell Crowe continua ad avere problemi di demoni e a vestire i panni ecclesiastici del protagonista di L’esorcista – Ultimo atto, film diretto dall’esordiente M. A. Fortin e il sodale sceneggiatore Joshua John Miller (all’opera seconda dopo il The Mao Game del 1999) che Eagle Pictures distribuisce nei cinema di tutta Italia a partire dal 30 maggio. In attesa di vederlo come padre di Kraven – Il Cacciatore, per la Marvel, o come Rothko nel film sul pittore, stavolta il nostro ex Gladiatore si presta a un’operazione piuttosto confusa, sia nel merito del risultato finale, sia per la scelta di puntare su un attore che rivedremo prossimamente nel sequel del film che citavamo all’inizio e che potrebbe vederlo alle prese con 199 demoni per conto del Vaticano.

 

L’esorcista – Ultimo atto, la trama

Che stavolta c’entra poco, visto che l’Anthony Miller protagonista (Russell Crowe, appunto) è un attore ormai in declino, dopo un passato da alcolista e tossicodipendente che continua a tormentarlo. E a rendergli quasi impossibile tornare a lavorare. Almeno fino a quando convince il regista di un horror su esorcismi e possessioni (Adam Goldberg), che decide di puntare su di lui per il ruolo del protagonista. Motivato e concentrato, Anthony sembra finalmente riprendere contatto con la propria realtà, riuscendo persino a ricucire il rapporto complesso con Lee, la ribelle figlia adolescente (la Ryan Simpkins di Fear Street). Durante le riprese del film, però, inquietanti fenomeni iniziano a susseguirsi sul set, trascinandolo in un crescendo di confusione, tra strani accadimenti e momenti di incoscienza. Che giorno dopo giorno, scena dopo scena, rendono sempre più inquietante e sinistro il comportamento dell’uomo, forse persino pericoloso, per sé, sua figlia e gli altri, compresi il collega Joe (Sam Worthington) e il consulente della Chiesa, Padre Conor (David Hyde Pierce)… Colpa dell’alcol, o peggio?

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Un film nel film

Attore Crowe, attore il suo Anthony, il gioco dei due registi è chiaro, e potenzialmente intrigante, se non fosse che non sembra particolarmente riuscito. Soprattutto sul piano dello sviluppo della storia, della scrittura, nonostante la coppia sia la stessa ad aver firmato l’interessante The Final Girls di Todd Strauss-Schulson del 2015 e avrebbe potuto lasciar prevedere maggior inesperienza sul piano della direzione. Che per quanto semplice e furbesca, rientra nei canoni – e nella media – del genere, tra jumpscare, giochi di luci e un uso del sonoro meno banale che in altri casi, per quanto sempre piuttosto strumentale e insistito oltre modo, tra bisbigli ed effetti.

Tutto concorre a creare un contesto particolare, curato e scontato insieme, che finisce però per fare da cornice a uno strano film nel film (che ai più affezionati alla saga potrà ricordare quanto fatto nei vari Scream, anche prima di scoprire che il produttore di questo è quello stesso Kevin Williamson). Una matrioska, un succedersi di scatole cinesi utili a dare spazio e voce a personaggi come la figlia ribelle e la sua ‘simpatia’ per la posseduta del film (la cantante Chloe Bailey), il tappabuchi Padre Conor e il burbero e intemperante regista, che avrebbe meritato uno spin-off a parte.

L'esorcista - Ultimo atto Russel CroweConfusione e incoscienza

Personaggi e situazioni ai quali i due registi-sceneggiatori si affidano per riempire il vuoto che circonda Russell Crowe, sfruttato nella doppia veste di protagonista del film realizzato e di quello in realizzazione. Come anche di uomo e attore in cerca di una seconda possibilità, oppresso da un tormento interiore, che il nuovo film riaccende, sia mettendolo davanti alla responsabilità di non fallire di nuovo sia facendo emergere traumi infantili malamente annegati nell’alcol e nella droga (e altrettanto malamente quanto vagamente inseriti nella trama).

In tutto questo, e a causa della debolezza umana che non si può non riconoscergli, si innesta una catena di possessioni che a lungo non sembra trovare la propria vittima, ma che regala momenti pregevoli – rispetto agli altri – come quelli delle passeggiate notturne di Crowe in versione sonnambulo, persino nudo o coperto di sangue, o delle sue intemperanze firmate Molech (il demone citato/disturbato dal film ‘maledetto’), fino a un finale tanto cruento (più e in maniera diversa del solito, considerando gli altri ‘esorcisti’) quanto inverosimile. Vero culmine di un caotico tentativo di costruzione della tensione tipica del genere, che a forza di insistere e battere tasti si raggiunge persino, qui e là, ma che lascia dietro di sé troppe vittime, compreso lo stesso Crowe.

Sommario

Attore Crowe, attore il suo Anthony, il gioco dei due registi è chiaro, e potenzialmente intrigante, se non fosse che non sembra particolarmente riuscito.
Mattia Pasquini
Mattia Pasquini
Nato sullo scioglimento dei Beatles e la sconfitta messicana nella finale di Coppa del Mondo, ha fortunosamente trovato uno sfogo intellettuale e creativo al trauma tenendosi in equilibrio tra scienza e umanismo. Appassionato di matematica, dopo gli studi in Letterature Comparate finisce a parlare di cinema per professione e a girare le sale di mezzo mondo. Direttore della prima rivista di cinema online in Italia, autore televisivo, giornalista On Air e sul web sin dal 1996 con scritti, discettazioni e cortometraggi animati (anche in concorso al Festival di Cannes), dopo aver vissuto a New York e a Madrid oggi vive a Roma. Almeno fino a che la sua passione per la streetart, la subacquea, animali, natura e ogni manifestazione dell'ingegno umano non lo trascinerà altrove.

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