Dopo Jackie e Spencer, l’acclamato Pablo Larraìn completa la sua trilogia con Maria, ritratto della Divina Callas, la più grande soprano della storia della musica e personalità affascinante e per certi versi misteriosa, che il regista cileno racconta sotto una nuova luce, negli ultimi giorni di vita, nella sua casa di Parigi.
Maria e il racconto della sua autobiografia
È il settembre del 1976, di lì a pochi giorni Maria Callas morirà, lasciando al mondo un’eredità artistica incommensurabile e irripetibile, e lei sembra saperlo, per questo si appresta a scrivere la sua autobiografia, appuntandola attraverso racconti frammentati, affidati a un amico immaginario che ne raccoglie le confidenze e i segreti, come un diario che nessuno leggerà. La giovinezza in Grecia durante la Guerra, l’inizio del successo, l’amore per Onassis, la solitudine, la malattia, ma soprattutto la musica, il teatro, il canto. La sua voce. Larraìn ci mostra Maria mentre cerca di recuperare la sua voce, di tornare a essere non l’usignolo ma la pura “voce umana”, questa volta solo per se stessa, senza un secondo fine o uno scopo differente dal piacere personale della musica.
Pablo Larraìn sceglie di raccontare una Diva che riprende in mano la propria vita, travolta dalla malattia e dalle visione ma apparentemente lucida e presente a se stessa, consapevole e sprezzante, desiderosa delle lusinghe dei fan, per lei dovute, alla ricerca di un suo equilibrio che quell’uomo “brutto e morto” le ha tolto. Si riferisce ovviamente a Aristotele Onassis, il grande amore di Maria, che la Storia ha raccontato averla “sedotta e abbandonata” per l’avvenente Jackie (fu) Kennedy (la stessa che Larraìn ha raccontato con il volto di Natalie Portman). Eppure il regista sceglie una strada diversa: la sua Maria, la Callas è una donna sì desiderosa di amore, ma mai vittima degli eventi, tutt’altro. È una donna che si autodetermina, come tutte quelle eroine d’opera che ha interpretato nel corso della sua sfolgorante carriera. Basti pensare che nell’ultimo immaginario confronto tra lei e il morente Onassis, la Maria di Pablo Larrain dice che alla notizia del suo matrimonio con Jackie, il suo cuore non era spezzato, ma il suo orgoglio era ferito.
La Divina Callas, tragica sì, ma consapevolmente fiera
Lei è la Divina, una Diva che accoglie il successo e le lodi, il servizio e la subordinazione, ma non è capricciosa e pretenziosa, ha slanci di bontà, emozioni profonde e reali, affetti preziosi, bisogno di amore ma anche di essere sempre e comunque se stessa. Larrain racconta una donna che non solo ha interpretato l’opera ma che l’ha vissuta, diventando di volta in volta Madama Butterfly, Violetta, Tosca, tutte le donne che è stata sul palcoscenico e che attraverso di lei hanno trovato spazio nel mondo. Il regista accompagna lo spettatore attraverso questa sovrapposizione tra arte e vita, selezionando attentamente le aree d’opera da far risuonare di volta in volta, componendo un racconto avvincente e originale, tragico sì, ma consapevolmente fiero del proprio valore.
Angelina Jolie è Maria Callas
A interpretare Maria, il regista ha voluto Angelina Jolie. Una dei personaggi pubblici più facilmente accostabili al concetto di Diva, l’attrice studia, imita, ripete, si cala completamente nel ruolo e riesce a portare sullo schermo uno strano ibrido in cui Angelina non scompare mai dietro alla maschera di Maria e allo stesso tempo Callas fa continuamente capolino attraverso gesti e tono di voce di Jolie. Un’interpretazione importante nella carriera dell’attrice che però deve per forza scendere a patti con la sua riconoscibilità: da una parte quindi lo spettatore è restio ad accettare che proprio quella lì debba essere Maria Callas, dall’altra offre il dono prezioso, nei biopic, di aggirare la mera imitazione e di dare spazio all’interpretazione. Dopotutto se avessimo voluto vedere la vera Callas, avremmo guardato un documentario! Per quanto riguarda i primi piani in playback, è un dazio da pagare per un biopic sulla voce più grande di sempre.
Pablo Larraìn direttore d’orchestra
Larraìn è il “solito” direttore d’orchestra impeccabile, conduce le danze con la solita grazia, scompare dietro ai suoi protagonisti quando è il momento di ascoltarli ma prende le redini del racconto non appena il racconto si sposta sulle immagini, i paesaggi, la Parigi degli anni ’70, ma anche i ricordi in bianco e nero di Maria, che ripercorre a poco a poco la sua vita, sempre a testa alta, con eleganza e quella consapevolezza che fanno di lei un personaggio moderno e trascinante.
Era complicato raccontare la divinità di Maria Callas, Pablo Larraìn ne ha offerto una versione moderna, elegante, convincente, un altro gioiello nella sua splendente filmografia.
Maria
Sommario
Pablo Larraìn ha offerto una versione di Maria Callas moderna, elegante, convincente, un altro gioiello nella sua splendente filmografia.