Morbius: recensione del film con Jared Leto

Dal 31 marzo al cinema, il nuovo capitolo dello Spider-Verse di casa SONY

morbius

Morbius è uno dei cattivi di Spider-Man. Apparso per la prima volta nel fumetto nel 1971, è stato rievocato dalla Sony sulla scia di Venom del 2018, la quale ai tempi aveva pensato ad una serie di film a sé stanti, che quindi non s’integrassero con il Marvel Cinematic Universe, per poi rinegoziare tutto e partecipare alla grande festa che l’anno scorso è convogliata con Spider-Man: No Way Home.

 

Morbius fa dunque parte di quell’idea originaria della Sony di creare film meno organici tra loro, in cui dare libero sfogo a generi e sottogeneri, per quanto poi dovessero far parte della stessa famiglia allargata. E così sorge l’eco vampiristica del personaggio succhia sangue che dovrebbe aprire a scenari oscuri, e forse anche horror, chissà. Sicuramente gli effetti speciali, le scelte sui colori dominanti nella messa in scena e le note di neon ad intermittenza, creano la perfetta suggestione da Transilvania cyber. E se potessero essere questi gli elementi protagonisti della storia, sarebbe l’ideale.

Morbius allarga lo Spider-verse SONY

Diretto da Daniel Espinosa (Child 44 – Il bambino numero 44 del 2015 e Life – Non oltrepassare il limite del 2017) e scritto da Matt Sazama e Burk Sharpless (già sceneggiatori di Dracula Untold, Gods of Egypt e Power Rangers), Morbius è decisamente un film debole, poggiato su un impianto estetico ben fatto, efficace e che sfrutta egregiamente slow motion, suoni tremanti, angoscianti e tutto il carrozzone, ma che dilania la pazienza dello spettatore quasi di più degli artigli del dottor Michael Morbius.

Morbius, la trama

Michael (Jared Leto) è affetto da una rara malattia del sangue che lo costringe a continue trasfusioni fin da bambino, per cui passa tutte le sue giornate in un letto d’ospedale, facendo amicizia con Milo (Matt Smith) compagno della stessa patologia. Da grandi, Milo diventa il facoltoso finanziatore del laboratorio di ricerca di Michael, che nel frattempo ha studiato raggiungendo il titolo di medico illustre, che ha avuto persino l’ardire di rifiutare il Premio Nobel, ma che ancora non ha trovato la cura della malattia che tanto affligge lui e il suo caro amico, ma forse, forse, gli viene in mente un’idea.

Sotto gli occhi della sua affasciante collega Martine Bancroft (Adria Arjona) inizia a pensare alle proprietà dei vampiri – i veri animaletti volanti simili ai pipistrelli – dando il via a qualche rapido esperimento e, a colpi di provetta, in men che non si dica tira fuori la fiala decisiva con l’antidoto tanto agognato.

Purtroppo, però, non va tutto come previsto. E non certo rispetto alla trama – magari – bensì alla resa della storia, il suo sviluppo, la successione delle scene (se non le scene stesse), la stesura dei dialoghi e, in ultima analisi, ma non per importanza, la scrittura dei personaggi.

Troppa libertà a Jared Leto?

Morbius Jared Leto
Dr. Michael Morbius (Jared Leto) in Columbia Pictures’ MORBIUS.

Il problema di Jared Leto è stato analizzato da tempo, ed egli continua instancabilmente a confermarlo. Il lavoro facile per un regista è avere degli attori che diano carattere e stile al film, se questa è la sua personale scelta rispetto ad esso. Se, viceversa, è necessario che l’impianto base del film venga da altrove (una storia preesistente, una forte idea caratterizzante, o il semplicissimo fatto che non possa ruotare tutto attorno ad un solo attore), chi tiene le redini della baracca ha l’infelice compito di suonare poderose vergate a chi, invece, insiste nel voler fare di testa propria.

La faccenda, purtroppo, è molto semplice. Jared Leto ha un suo apporto ai personaggi che incarna che è estremamente definito e, per così dire, accurato. Sarebbe stato un dottor Morbius senza sbavature se fosse stato guidato a dovere, ma così non è stato. Il flusso della personalità del film gli viene lasciata follemente in mano, concedendo ai suoi lunghi ciuffi corvini, e alla sua svenente asessualità, di prendere delle vie che né si compiono – figuriamoci – né si definiscono. Come se attirasse l’attenzione su di sé promettendo fascino a palate, per poi girarsi sui tacchi e andarsene. Morbius non è un film fatto male, è solo inconsistente.

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