Apre il concorso ufficiale di Orizzonti a Venezia 82 Mother, con Noomi Rapace nei panni di un’insolita Madre Teresa di Calcutta. Alla regia, la macedone Teona Strugar Mitevska, già autrice di un documentario sulla religiosa albanese naturalizzata indiana e fondatrice della congregazione delle Missionarie della Carità.
Calcutta, agosto 1948. Teresa, Madre Superiora del convento delle Suore di Loreto, attende con ansia la lettera che le permetterà finalmente di lasciare il monastero e fondare il suo nuovo ordine, in risposta alla chiamata ricevuta da Dio. Proprio quando tutto sembra pronto, si trova di fronte a un dilemma che mette in discussione le sue stesse ambizioni e la sua fede, in un momento cruciale della sua vita.
Una Madre Teresa inedita e complessa
L’ispirazione per questo insolito progetto è nata durante la lavorazione del documentario Madre Teresa – La storia mai raccontata, quando la regista ebbe l’occasione di intervistare le ultime quattro sorelle della congregazione che conobbero la futura santa. Da quelle testimonianze emerse una donna complessa, appassionata e determinata, molto distante dall’immagine fragile e sorridente impressa nell’immaginario collettivo. È da lì che prende forma la sua esigenza di restituirne un ritratto più umano, intriso di contraddizioni, ma proprio per questo ancora più potente e universale.
L’idea vincente di Strugar Mitevska è quella di raccontare un lato meno vissuto della storia di Madre Teresa e di rimarcarne la modernità iconografica. Fin dall’inizio, capiamo che la formula narrativa utilizzata da Mother non è strettamente biografica – gli indizi di una sorta di ageografia rock ci sono tutti – piuttosto di un cammino lungo sette giorni che tenterà di tracciare un ritratto più sui generis della religiosa.
Il ritratto in sette giorni tra fede e ambizione
La narrazione è scandita dai sette giorni che porteranno Madre Teresa verso la libertà tanto agognata, ossia il permesso garantito dal Vaticano per fondare il proprio ordine religioso. La sua vita quotidiana guarda continuamente al futuro, in ogni piccola parentesi sono ravvisabili i precetti che avrebbe poi rivendicato “ufficialmente” con l’istituzione delle Missionarie. A partire dal suo totale rifiuto di un attaccamento a spazi e oggetti, viene messo in luce l’animo erratico di Madre Teresa, che vuole stare per le strade e non confinare il suo aiuto alle mura di un convento. Non le importa che si parli del loro vagabondare per i vicoli più malandati di Calcutta, ha già le idee chiare su quelle che saranno le regole chiave del nuovo ordine da lei fondato. Quello che forse non aveva messo in conto, però, con lo sguardo troppo rivolto al domani, è che la prova più dura dovrà affrontarla proprio all’interno di quelle mura.
Noomi Rapace e la forza di un’interpretazione
Noomi Rapace è assolutamente convincente nei panni della religiosa, ha il mordente e la grinta necessari per prefigurare quello che il film non mostra e che il pubblico già sa, ovvero la vita di Madre Teresa come guida spirituale delle Missionarie della Carità. La sua performance trasuda l’aspetto più vincente di Mother ossia, come dicevamo, l’idea di un convento che stringe e confina, ben trainata anche da fotografia e regia. Non vediamo mai l’India nella sua vastità – aspetto che potrebbe essere fuorviante per il pubblico limitato a una conoscenza basilare della figura – perchè non è (ancora) quella che sta vivendo lei.
D’altra parte, il rischio è però quello di limitare troppo il quadro, non dare il tempo di assorbire veramente quello che si vuole raccontare sfruttando la formula del conto alla rovescia e tirando una figura così larger than life fuori dal macrocosmo in cui ha inequivocabilmente voluto vivere. Qui, Madre Teresa non indossa l’inconfondibile sari bianco e blu, ma abiti da monaca più convenzionale; è già in India ma rieccheggiano ancora in maniera preponderante le sue radici.
Libertà e sorellanza al centro del film
Centrale è anche la riflessione sul tema della libertà, affrontata in maniera volutamente contraddittoria. Come racconta la regista, molte delle donne che aderirono alle Missionarie della Carità scelsero la vita religiosa come forma di emancipazione da un destino imposto dalla società. È paradossale, ma dietro la rinuncia agli agi e alle convenzioni borghesi c’era spesso la ricerca di indipendenza e persino di sollievo da obblighi patriarcali. In questo senso, Mother diventa anche un film sulla sorellanza: la complicità tra Teresa, Agnieszka e padre Friedrich alimenta un gioco di forze che rimanda ai grandi dilemmi di potere, fede e identità femminile.
Mother
Sommario
Mother ha il merito di proporre una visione inedita di Madre Teresa, restituendole complessità e modernità iconografica. Tuttavia, l’impianto narrativo compresso e la scelta di una messa in scena più concettuale che emozionale rischiano di limitare l’impatto sullo spettatore.