Nino, recensione del film con Théodore Pellerin – #RoFF20

Presentato alla Semaine de la Critique a Cannes, il film è passato anche alla Festa del Cinema di Roma 2025, dove lo abbiamo visto in anteprima.

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Nino Clevel (Théodore Pellerin) festeggia il suo 29° compleanno quando riceve una diagnosi inaspettata: tumore alla gola causato dal papilloma virus. Il film, che prende il nome dal suo protagonista, Nino, si concentra su ciò che accade nei giorni successivi alla diagnosi – quelli di cui raramente si parla, in cui la vita continua come se nulla fosse ma tutto è già cambiato.

Inizialmente convinto di avere solo un’infiammazione, Nino va in ospedale per chiedere qualche giorno in più di malattia. Ne esce, invece, con la consapevolezza di una malattia seria e della necessità di prelevare e conservare il proprio sperma prima delle cure. Quando scopre che in ospedale non c’è una stanza disponibile per la procedura, decide di tentare nel bagno di un bar – un gesto tragicomico che sintetizza la surreale normalità del film. È lì che incontra per caso una vecchia compagna di scuola, e quell’incontro segna l’inizio di un’apertura emotiva, prima volutamente repressa.

Cortesia Roma Cinema Fest

Intanto, l’amico Sofian (William Lebghil) gli organizza una festa a sorpresa per il compleanno: tra musica, bicchieri e risate, Nino cerca di nascondere la sua paura. Non riesce a dirlo alla madre (Jeanne Balibar), che fraintende le sue esitazioni pensando stia per annunciarle una transizione di genere. La scena, comica e tenera allo stesso tempo, restituisce la confusione di chi non sa ancora dare un nome al proprio dolore.

Nino: diagnosi, azione e il coraggio di fingere

Loquès, al suo esordio, costruisce un film che non indulge nella tragedia, ma si sofferma sull’attesa, sul silenzio, su ciò che resta taciuto. C’è una battuta chiave, affidata a Sofian: “Il segreto dell’azione è cominciare”. Nino la fa sua, continuando però a “fingere che tutto vada bene” – accusa alla quale ribatte con disarmante semplicità: “Non è quello che fanno tutti?”.  In quei momenti, Nino sembra suggerire che vivere non significhi soltanto reagire, ma anche – e forse soprattutto – avere il coraggio di iniziare. Di riconoscere, accettare, parlare.

Il lavoro di Loquès mostra quanto quel weekend prima dell’inizio della cura sia pieno di quotidianità: pranzi con amici, telefonate, risate che nascondono un dolore, tutto prima di iniziare la terapia. È un film sui giorni invisibili, di quelli che rimangono a metà tra la quotidianità e l’orizzonte che cambia all’improvviso.

Cortesia Roma Cinema Fest

Tra fragilità e leggerezza – lo sguardo di Pauline Loquès

La regista evita qualsiasi pietismo. La sua macchina da presa osserva più che giudicare, alternando primi piani e campi lunghi che restituiscono il peso del tempo e la leggerezza dei gesti quotidiani. Nino vive di dettagli: la voce che cambia, le risate forzate, le telefonate non fatte, il tentativo di essere normale dentro un corpo che non lo è più.

Il tono resta costantemente in bilico tra dramma e commedia, tra accettazione e rifiuto. L’umorismo non alleggerisce il dolore, lo rende umano, tangibile. Théodore Pellerin regala un’interpretazione sfumata e sincera, capace di catturare la vulnerabilità di chi si scopre improvvisamente fragile e finito.

Nino e il coraggio di cominciare

Nino non parla di malattia, ma di vita – dei giorni in cui si impara a restare dentro la paura, a confidarsi, a smettere di fingere. È un film che invita a guardare il momento che precede la cura, quello in cui tutto è ancora possibile e tutto fa paura.

Dedicato a Romain, persona cara alla regista, la pellicola è un atto d’amore verso la fragilità umana e la forza del “cominciare”. Un invito a spostare lo sguardo dalla malattia alla vita che le ruota intorno; a chiedersi quanto tempo impieghiamo per dire ciò che conta; a scoprire che la libertà non è solo assenza di dolore, ma possibilità di mostrarsi per ciò che si è.

È un racconto di coraggio sommesso, di voci che tremano, di amicizia autentica. Una storia sull’inizio come atto vitale – e sulle farfalle che vogliono volare libere e senza costrizioni, come ricorda lo stesso protagonista.

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Sommario

È un racconto di coraggio sommesso, di voci che tremano, di amicizia autentica.

Camilla Tettoni
Camilla Tettoni
Romana, classe 1997, è laureata in Lettere Moderne all’Università di Siena e in Italianistica all’Università di Bologna, con lode. Ha conseguito un Master in International Journalism presso l’University of Stirling e un corso avanzato in Geopolitica presso la Scuola di Limes. Appassionata di cinema, dal 2025 collabora con Cinefilos.it con recensioni e approfondimenti cinematografici, affiancando attività di critica culturale e pubblicazioni su riviste italiane e internazionali.

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