Nostalgia: la recensione del film di Mario Martone con Pierfrancesco Favino

In concorso a Cannes e al cinema dal 25 maggio, il nuovo film di Mario Martone propone un intimo viaggio di ritorno, che trova nel suo protagonista la sua forza maggiore.

Nostalgia recensione

Uscito dal teatro di Qui rido io, il regista Mario Martone torna tra le strade di Napoli per raccontarne nuove sfumature, colori e suoni. Il suo nuovo film, Nostalgia, presentato in concorso al Festival di Cannes e tratto dall’omonimo romanzo di Ermanno Rea, ci porta nel rione Sanità (che Martone aveva già raccontato con Il sindaco del rione Sanità), per fotografarlo attraverso gli occhi di un uomo assente da quei luoghi da troppo tempo. Questo viaggio attraverso vicoli e ambienti decadenti diventa dunque non solo un’atipica ode alla città, quanto anche il racconto di un ritorno, di una riscoperta, con tutto il bene e il male che questa comporta.

 

L’uomo che torna a Napoli, dopo ben quarant’anni di assenza, si chiama Felice (interpretato da Pierfrancesco Favino). Ora ricco imprenditore a Il Cairo, egli è richiamato nel capoluogo campano per far visita all’anziana madre. Mentre si prende cura di lei, Felice ha modo di riscoprire i luoghi della sua infanzia, iniziando sempre più a sperimentare i morsi della nostalgia. Insieme alla sua adolescenza, egli ritrova però lì anche paure e segreti del passato, con i quali sarà inevitabile fare i conti. Più passa il tempo, più Felice si ritroverà fagocitato da una realtà che non lascia via di scampo.

Il ritorno verso casa

Un aereo in volo, un auto in movimento, un albergo che affaccia sul Vesuvio. Che il protagonista di Nostalgia sia un uomo in viaggio è evidente sin da subito, il punto è capire dove si sta recando o, meglio ancora, verso cosa sta tornando. Il suo parlare un italiano stentato è poi solo uno dei tanti elementi che ce lo presentano come uno straniero in quei luoghi che sembra però conoscere così bene. Basta infatti una passeggiata notturna per rispolverare i ricordi di una giovinezza che sembrava dimenticata. Si svela così agli occhi del protagonista un mondo che sa di nuovo e d’antico e attraverso di lui impara a conoscerlo anche lo spettatore.

La prima parte del film si concentra dunque tanto sul processo di reintegrazione di Felice quanto sulla descrizione di una delle zone più problematiche della città. Nello sguardo di Martone non vi è però giudizio, bensì quello che si potrebbe definire un intento documentaristico. Egli riprende ogni situazione facendo sì che lo spettatore possa sentirsi dalla parte del protagonista e solo così d’altronde può aspirare a far emergere quella potente emozione che pervade il racconto e dà il titolo al film. Un dolore del ritorno che si concretizza qui in scene silenziose e potenti, come quella del figlio che lava con cura la madre ormai anziana e incapace di farlo da sola.

Più Felice si addentra nel cuore del rione, però, più il racconto cambia, si schiude verso nuovi percorsi e risvolti, portando l’attenzione su un passato difficile da dimenticare e accettare. Allo stesso tempo anche Felice cambia, riacquisendo una timida parlata napoletana. D’altronde, una volta chiarito verso cosa stava tornando, la nuova domanda che nasce spontanea è: perché se ne era andato? La nostalgia si espande e dalla città arriva ad includere anche il ricordo di un’amicizia perduta nel tempo. Il suo ritorno verso casa e ciò che ne consegue, a questo punto, diventa metafora di ciò che la nostalgia è capace di compiere sull’animo umano.

Nostalgia Pierfrancesco Favino

La delicatezza di Pierfrancesco Favino

Come si può intuire, con Nostalgia Martone sembra più che altro essere interessato a raccontare un’emozione, dando dunque vita ad un film contemplativo, pacato, che riflette sull’esistenza insieme al suo protagonista. Non c’è bisogno di colpi di scena, né dell’esuberanza del suo precedente film e anche la raffigurazione della camorra risulta essere più un colore sullo sfondo. Sullo sfondo, in realtà, ci finiscono un po’ troppe cose e non sempre il “personaggio” città o le altre personalità presenti risultano ben rapportati al protagonista. Forse la natura introspettiva di Nostalgia si spinge un po’ troppo in là e il film rischia di rimanere lontano dal cuore dello spettatore.

Se ciò non avviene, è soprattutto per merito di Pierfrancesco Favino. Il modo in cui egli sa mettersi al completo servizio dei suoi personaggi è ormai noto e anche stavolta dà prova di saper fare ciò che forse nessuno potrebbe fare come lui. La delicatezza del suo Felice, che si esprime attraverso il modo di parlare, le espressioni del viso e la gestualità, è probabilmente uno degli aspetti che, prima di ogni altra cosa, riesce a trasmettere quel senso di paura e di nostalgia che si prova nel ritornare sui propri passi. Ancora una volta la sua presenza è dunque decisiva, facendo sì che Nostalgia possa raggiungere gli intenti prefissati.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
nostalgia-recensione-mario-martone-pierfrancesco-favinoNostalgia ci svela una Napoli bella e problematica, che fatica però ad affermarsi come la co-protagonista che si vorrebbe fosse. La natura introspettiva del film si spinge forse troppo in là perché questo avvenga. A fare la forza del deve dunque pensarci Piefrancesco Favino, protagonista generoso e capace di dar vita ad un'interpretazione tanto contenuta quanto emotivamente potente