Occhiali Neri, recensione del nuovo film di Dario Argento

In sala dal 24 febbraio, il nuovo film di Dario Argento gioca coi plurivoci significati dell'eclisse, seguendo lo schema del thriller all'italiana vecchio stampo.

occhiali neri

A distanza di 10 anni dall’uscita di Dracula 3D, il Maestro del Brivido Dario Argento torna a occupare le sale cinematografiche con il suo Occhiali Neri. Presentato in anteprima al festival di Berlino, il film vede come protagonisti Ilenia Pastorelli, Asia Argento e il giovanissimo Xinyu Zhang.

 

Occhiali neri: il ritorno di Argento a una tradizione più tenera

Un assassino seriale di prostitute colpisce a Roma strangolando le sue vittime con una corda per violoncello. Quando il killer attacca Diana (Ilenia Pastorelli), prostituta di lusso, l’omicidio fallisce ma la donna si ritrova a subire un incidente che la priverà della vista per sempre. Rita (Asia Argento), una volontaria conosciuta presso una comunità di non vedenti, la aiuta ad ambientarsi nella sua nuova vita. Nel frattempo, la polizia indaga per fermare l’assassino.

Con Occhiali Neri, Dario Argento torna a proporre nelle sale italiane un thriller all’italiana, caratterizzato da specificità registiche e impostazioni narrative a cui lo spettatore odierno non è più abituato: una trama semplice e che avanza logicamente, secondo la risoluzione di indizi ben individuabili ma incorniciati da una traccia sonora penetrante, che cerca di sovrastare l’impianto caricaturale della recitazione.

Secondo tecniche attoriali ben affinate nella scuola horror anni ’70/’80, il fulcro di un giallo vecchio stampo è da ricercare nella presenza attoriale, che ben distingue i personaggi principali dai comprimari; Ilenia Pastorelli è abile nell’inquadrare l’esuberanza di una donna abituata ad abitare gli spazi in maniera maestosa ed accattivante, e che ora dovrà imparare nuovamente a vivere, sorretta dall’affetto e astuzia di una figura fondamentale: il piccolo Chin. Vittima quasi inconsapevole ed intonsa dello stesso incidente che ha avuto conseguenze nefaste per Diana, l’innocenza e la tenerezza del bambino si riveleranno carte fondamentali per l’apertura narrativa del Maestro a sottotrame mai da lui esplorate: la risolutezza di un duo improbabile diviene linfa vitale nell’ottica di uno sviluppo narrativo ancorato a una grammatica della macchina da presa che, altrimenti, faticherebbe non poco a procedere col minutaggio.

Occhiali neri: un eclissi di modernità ma dalle intenzioni chiare

Dove Occhiali Neri dà il meglio di sé è nella messa in scena delle oscure atmosfere urbane che Dario Argento ha sempre saputo ritrarre perfettamente: il regista cattura egregiamente le sembianze di una Roma minacciosa, vuota e in parziale rovina, in attesa che un altro corpo cada a terra. La città viene sovrastata da un’eclissi perenne, vittima degli occhi di Diana che non vedono più allo stesso modo, o forse non hanno mai visto realmente, oscurati da un distanziamento individuale che la protagonista assume nella prima parte del girato.

Siamo di fronte a un’idea di giallo horror più minimalista e conflittuale piuttosto che formalmente feticista, che non mira tanto ad adattarsi alla contemporaneità del genere, piuttosto ad offrire un taglio inedito all’ultima parte di filmografia del Maestro, aperto a uno sguardo forse più indulgente nei confronti della complessità psicologica dell’essere umano (come dovrebbe confermare la prossima prova attoriale del regista nel nuovo film di Gaspar Noè, Vortex). Questo non si traduce nel tipo di regia goffa e impacciata che in tanti temevano, e che è spesso preponderante nelle “ultime opere” dei registi maestri: non siamo di fronte a una regia particolarmente notevole che, tuttavia, mostra qualche guizzo specialmente durante le scene d’azione e uccisione, piuttosto raccapriccianti.

Per scelta narrativa e stilistica, la mano di Dario Argento va in Occhiali Neri a toccare il cuore di una tenere ma poderosa alleanza: l’orrore risiede nel contrasto tra la gentilezza casuale ma significativa di Diana e del suo nuovo amico, contrapposta all’impulso distruttivo di un killer stereotipato, retaggio di una sincerità registica ormai obsoleta, che vive dei contrasti dicotomici tra i personaggio. Prevedibile nel suo svolgimento e nel trattamento delle sue pedine-personaggio, la posta in gioco è tanto più intimamente sentita quanto più la cinepresa si contorce attorno a Diana e a Chin, avviluppandoli nei meandri di una mente registica che forse ha perso la veracità di una volta, ma vuole continuare a fare cinema.

E’ la colonna sonora di Arnaud Rebotini a sancire ogni passaggio fondamentale della trama di Occhiali Neri, sempre nell’ottica di rimodellamento del thriller all’italiana tra le mani di Dario Argento, per non lasciare sfuggire personaggi e azioni dal controllo registico. Accettando implicitamente lo schema maestro-burattini, pur con maggior parvenza di autonomia in quest’ultimo film del Maestro, lo sguardo dello spettatore dovrà fluire assieme alle sonorità lugubri e affilate di Rebotini, alla scrittura innocua e logica di Argento e agli occhi di Daria, attrice di un dramma mai veramente scandagliato nella sua interiorità e che si sostanzia nella tradizione.

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Voto di Agnese Albertini
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occhiali-neri-dario-argentoAccettando implicitamente lo schema maestro-burattini, pur con maggior parvenza di autonomia in quest'ultimo film del Maestro, lo sguardo dello spettatore dovrà fluire assieme alle sonorità lugubri e affilate di Rebotini, alla scrittura innocua e logica di Argento e agli occhi di Daria, attrice di un dramma mai veramente scandagliato nella sua interiorità e che si sostanzia nella tradizione.