Old, la recensione del film di M. Night Shyamalan

Tratto dalla graphic novel Castello di sabbia, il nuovo film del regista di Il sesto senso è un'inquietante riflessione sullo scorrere del tempo e sulla vanità dell'esistenza.

Old M. Night Shyamalan

L’umanità contemporanea vive a ritmi esagitati, costantemente proiettata verso una bulimia di luoghi da scoprire, persone da incontrare ed esperienze da vivere. La velocità con cui tutto ciò accade porta però il più delle volte ad avere un’esistenza che privilegia la quantità invece della qualità. Sono queste riflessioni ormai più e più volte riproposte, ma che non hanno poi particolarmente scalfito questa condizione esistenziale. A dare un ulteriore scossone ci prova anche il nuovo film di M. Night Shyamalan, intitolato Old. Questo è la trasposizione della graphic novel Castello di sabbia, realizzata da Pierre Oscar Lévy e Frederik Peeters, un’opera dove il solo ed unico nemico è il Tempo.

 

Ad opporglisi, per quanto loro possibile, vi sono i coniugi prossimi al divorzio Prisca (Vicky Krieps) e Guy (Gael García Bernal), i quali si concedono un ultima vacanza di famiglia insieme ai figli Trent e Maddox. Giunti in un resort tropicale, i quattro vengono poi indirizzati verso una spiaggia semi sconosciuta, dove si ritrovano infatti solo loro ed altre poche persone, tra cui il chirurgo Charles (Rufus Sewell), la moglie Chrystal (Abbey Lee) e la figlia Kara (Eliza Scanlen). Quello che sembrava essere un paradiso terrestre, si rivela però ben presto essere un incubo senza fine. Il tempo, infatti, sembra scorrere diversamente in quel luogo, provocando evidenti cambiamenti in chi vi si trova e spingendo a riconsiderare l’intera propria vita.

Un film sul più grande nemico dell’uomo

Nel corso dell’intera storia umana l’arte ha avuto anche il compito di sottrarre l’uomo alla sua caducità, o quantomeno la sua memoria. Questa, che si parli di pittura, fotografia o cinema, ha infatti permesso di immortalare ogni traccia dell’esistenza, consegnando la sua rappresentazione ai posteri e permettendole di sfuggire all’ineluttabilità del tempo. Da sempre considerato uno dei più grandi nemici dell’uomo, o perlomeno l’unico del quale v’è sempre certezza, il tempo è il vero villain anche in Old. Si tratta di un avversario intangibile, che non può essere affrontato e al quale è impossibile sfuggire. Un elemento che permette di accostare questo nuovo film del regista al suo E venne il giorno del 2008.

Anche lì come qui, l’essere umano si trovava a combattere contro eventi al di là delle sue possibilità. Ed anche in questo caso, Shyamalan punta a sovvertire le regole del thriller donando al film un ambientazione diurna, quasi a voler sottolineare che non occorre ci sia l’oscurità della notte perché il Tempo colpisca le sue prede. La collocazione dei personaggi in spazi aperti e soleggiati, dove il pericolo può presentarsi da qualunque parte all’improvviso, non fa che aumentare il senso di pericolo, accentuato ulteriormente da una serie di inquadrature e scene che suggeriscono quasi la presenza concreta del Tempo intento a spiare i protagonisti. La tensione di cui Shyamalan è un maestro si costruisce così come un elemento costante e particolarmente minaccioso.

Old recensione

Old: la recensione del film

Ciò che spaventa di più è però, come si anticipava in apertura, le riflessioni che il film fa scaturire nello spettatore. Ognuno dei personaggi presenta infatti una serie di elementi personali che nella loro totalità vanno a comporre un ritratto della fretta con cui oggi l’essere umano vive costantemente. I protagonisti sono tutti, più o meno evidentemente, proiettati verso il passato o il futuro, dimenticandosi di vivere l’unico tempo che realmente hanno a disposizione. Risulta dunque facile riconoscersi in loro e preoccuparsi della loro sorte, poiché coincide con quella di ognuno di noi. Shyamalan riflette dunque sulla paura di morire, sul terrore di non avere abbastanza tempo a disposizione e su come queste angosce non aiutino in realtà a rendere migliore quello che si ha.

La metafora dietro al film è dunque, se non originale, certamente attuale. Ciò che importa è che Shyamalan riesca a farla emergere utilizzando i suoi espedienti classici e quel costante senso di minaccia che si può avvertire in ogni suo film. Non mancano momenti in cui calca la mano su eventi o scoperte, senza che queste sottolineature aggiungano molto ma anzi rischiando di spezzare l’equilibrio del film. Sembra in quei casi che il regista voglia riportare il film su un più tradizionale racconto con colpi di scena, mentre una storia come quella di Old trova la sua forza proprio nel discostarsi da quel prototipo. Il film non è solo un appassionante intrattenimento estivo, ma anche un profondo racconto sulle derive dell’umanità nel mondo contemporaneo.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
old-recensione-m-night-shyamalanIn Old, Shyamalan affronta questioni esistenziali come l'ineluttabile scorrere del tempo e la contemporanea frenesia umana. Lo fa adattando una graphi novel che gli permette di raccontare tali temi con un thriller anomalo, fatto di spazi aperti e illuminati e senza un nemico tangibile da poter affrontare. Ne nasce un film inquietante, minaccioso, perché ricorda a tutti della propria caducità e del dover venire a patti con la propria condotta esistenziale.