Perfect Days recensione film

Giusto un anno fa, l’11 maggio scorso, Wim Wenders annunciava a Tokyo di voler girare lì il suo prossimo film, principalmente a Shibuya, ampiamente riconoscibile nelle immagini del Perfect Days presentato in concorso e tra i più seri candidati alla Palma d’Oro del Festival di Cannes 2023. Parte fondamentale del progetto, sin da quando lo si conosceva come The Tokyo Toilet Project, Koji Yakusho è il protagonista di una riflessione commovente e poetica sulla quotidiana ricerca della bellezza e del proprio equilibrio nel mondo in cui viviamo. Un film che il regista tedesco ha portato sulla Croisette insieme allo Special Screening di Anselm.

 

Il giorno perfetto di Hirayama – Perfect Days

Ogni giorno Hirayama si sveglia, annaffia le piantine trovate in giro per la città, si prepara, compra il caffè il lattina dal distributore fuori casa e parte per la sua giornata di lavoro. Hirayama è uno dei tanti addetti alle pulizie dei bagni pubblici di Tokyo, ma più degli altri sembra prendere il suo lavoro molto sul serio, trovando comunque il tempo di godere dei piccoli piaceri che arricchiscono la sua routine quotidiana fatta di piccole incombenze, visite al suo sentō preferito, fotografie e pranzi frugali consumati al solito chiosco.

Oltre che, ovviamente di libri – che compra nella piccola libreria di quartiere – e musica, rigorosamente classici soul e rock d’altri tempi che ascolta da antidiluviane musicassette. Un oggetto che attira la curiosità della giovane Aya, la ragazza del suo strambo collega, solo due degli incontri – anche inaspettati – che faremo seguendo Hirayama nelle sue giornate, tutte uguali e tutte diverse, perfette o meno.

Perfect Days Koji Yakusho

Alla scoperta dei bagni di Tokyo

A quasi quarant’anni dal Paris, Texas con cui Wenders vinse la Palma d’Oro 1984 e dal successivo Tokyo-Ga, girato in Giappone, il regista tedesco dimostra di saper creare poesia anche filmando quanto di più come si potrebbe immaginare. In parte, visto che, come dice lui, Perfect Daynon avrebbe potuto essere realizzato da nessun’altra parte“, visto che solo a Tokyo esistono le 17 toilette scelte per il film. Alcune addirittura realizzate da importanti architetti giapponesi, come Tadao Ando o Sou Fujimoto, e incredibilmente futuristiche per design e tecnologia (come per i bagni in cui le pareti a vetro vengono oscurate alla bisogna da un gas opaco)

Perfect Days: (non esiste) un uomo senza passato

“Il bagno è un luogo dove tutti sono uguali, non c’è ricco e povero, vecchio o giovane, tutti fanno parte dell’Umanità” diceva Wenders spiegando l’ispirazione iniziale, ma a vedere il risultato ottenuto non si può che restare ammirati da dove lo sviluppo di questa premessa abbia portato il film. Che, a dispetto della facile lezione che se ne potrebbe trarre superficialmente, regala una incredibile varietà di emozioni e di momenti da non dimenticare.

Non tanto, e non solo, per la resa per immagini della pienezza della semplicità che caratterizza la vita del protagonista, ma anche per l’immensa interpretazione di Koji Yakusho, che sicuramente avrebbe meritato miglior fortuna e maggior considerazione dalla giuria guidata da Ruben Östlund. Di poche parole, ma dai sorrisi sinceri e commoventi che lo illuminano di fronte alle meraviglie della natura e delle piccole cose, Hirayama non ha paura a condividere le sue passioni, a rinunciare alla sua solitudine o a cambiare la propria rassicurante routine.

Perfect Days recensione

Tutto scorre, tutto può cambiare

Nella quale tutto è al posto giusto al momento giusto, e lo scorrere del tempo è accettato in maniera eraclitea. Tutto scorre, ma ogni momento è diverso, o può esserlo. E sembra esserci pace nell’accettazione che le sorprese della vita in fondo sono la vita stessa. Pace, ma non felicità, come scopriamo insieme a lui, quando a stravolgere la sua vita è una nipotina da troppo tempo trascurata, che lo riporta a un contesto familiare troppo doloroso da sopportare, o il riemergere di sentimenti che sotto quella routine erano stati messi a tacere.

L’amore, il senso di colpa, la paura, la gelosia, una fanciullesca voglia di vivere si affollano in una paurosa – quanto non esplicita – contemporaneità nell’ultima parte della storia, che pur restando fedele a un silenzio narrativo denso di significati e lezioni racconta di rispetto e consapevolezza. Un silenzio che non si rompe nemmeno nell’abbraccio con la sorella, né per raccontare la vergogna di aver scelto di fuggire il dolore della morte e dell’oblio. Un silenzio rotto solo dalla musica – bellissima – che Hirayama sceglie, a riempire i momenti nei quali non può restare in ascolto dei suoni della natura e della città in movimento. E che, alla fine, nella splendida Feeling Good di Nina Simone promette una “nuova alba, un nuovo giorno, una nuova vita”.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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perfect-days-wim-wendersUn silenzio che non si rompe nemmeno nell'abbraccio con la sorella, né per raccontare la vergogna di aver scelto di fuggire il dolore della morte e dell'oblio. Un silenzio rotto solo dalla musica - bellissima - che Hirayama sceglie, a riempire i momenti nei quali non può restare in ascolto dei suoni della natura e della città in movimento. E che, alla fine, nella splendida Feeling Good di Nina Simone promette una "nuova alba, un nuovo giorno, una nuova vita".