Peterloo: recensione del film di Mike Leigh

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Torna in Concorso alla Mostra di Venezia 75 Mike Leigh, che 15 anni fa conquistò il Leone d’Oro con Il segreto di Vera Drake. Questa volta il regista settantacinquenne sceglie una sanguinosa pagina della storia inglese, il massacro di Manchester, evento poco noto ma decisivo per il percorso della democrazia del Regno Unito.

 

La trama di Peterloo

I fatti: il 16 agosto 1819 a St. Peter’s Field si svolse un raduno pacifico, a favore della democrazia, che promuoveva il suffragio universale e la rappresentanza politica diretta. Questa pacifica assemblea si tramutò in una strage con decine di morti e centinaia di feriti a causa della decisione dei magistrati locali di far intervenire la guardia nazionale a cavallo, a sciabole sguainate. La decisione scellerata venne presa a seguito del clima di fermento e timore, da parte dei nobili inglese, generato dalla recente Rivoluzione Francese. L’esito fu un massacro, appunto, che generò un’ondata di proteste in tutto il Paese.

Leigh si pone come obbiettivo ambizioso quello di raccontare non solo la strage ma tutto ciò che venne prima, descrivendo con minuzia la situazione sociale, quella dei lavoratori nelle fabbriche, delle donne senza il diritto di voto, dei giovani di ritorno dalle guerre napoleoniche. L’eco di Waterloo non si era ancora spento, e la strage a St. Peter’s Field divenne presto “il massacro di Peterloo” per i giornali dell’epoca. Per costruire il suo affresco storico, il regista scende nei minimi dettagli della ricostruzione storica, dando voce a tutti. Dalla casalinga stanca, al bimbo cencioso, agli operai ridotti alla fame, ai nobili, i magistrati, al re matto e persino alla sua cortigiana. Tutti in Peterloo trovano spazio, parola, inserendosi in un disegno dettagliatissimo.

Peterloo si fa quindi costantemente dialogo tra opposti, tra gli illuminati eredi della Francia rivoluzionaria, ai conservatori al potere, tra gli oratori che infiammavano i cuori degli affamati senza armare le loro mani, ai privilegiati che non esitavano a delegare la violenza alle loro “braccia”.

A pagare le spese di questa coralità così strutturata e dettagliata è il ritmo del film, che si dilata e appesantisce l’affresco storico. Dopotutto non c’era altro modo di raccontare la stessa vicenda, dal momento che l’azione del film culmina negli ultimi 30 minuti, con un saggio di grande perizia tecnica di Leigh, nella regia del caotico e impari scontro.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
peterlooA pagare le spese di questa coralità così strutturata e dettagliata è il ritmo del film, che si dilata e appesantisce l’affresco storico. Dopotutto non c’era altro modo di raccontare la stessa vicenda, dal momento che l’azione del film culmina negli ultimi 30 minuti, con un saggio di grande perizia tecnica di Leigh, nella regia del caotico e impari scontro.