Quell’estate con Irène, recensione del film di Carlo Sironi

Il film è stato presentato nella selezione ufficiale della 74° Berlinale.

Quell'estate con Irène recensione
Nella foto Noée Abita e Camilla Brandenburg_(c) foto di Marie Gioanni

Dopo che la sua opera prima, Sole, ha debuttato in concorso nella sezione Orizzonti alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Carlo Sironi torna sul grande schermo con Quell’estate con Irène, presentato alla 74° Berlinale. Si tratta di un’opera cinematografica che declina in una luce nuova un’intensa età di passaggio, dall’adolescenza all’età adulta, raccontando un’estate particolare, che potrebbe essere quella vissuta da ognuno di noi, ma che si arricchisce anche del racconto di una malattia, un destino segnato e ineluttabile.

 

Quell’estate con Irène, la trama

Ambientato nell’estate del 1997, il film offre uno sguardo delicato sul viaggio emotivo di due ragazze, Clara e Irène, che si incontrano durante una gita organizzata dall’ospedale che le sta curando. Pur provenendo da mondi diversi, le due ragazze sono unite, oltre che dal fatto di essere coetanee, dalla sfida comune di vivere con una malattia che getta un’ombra costante sulle loro vite.

In Quell’estate con Irène, Sironi dipinge un quadro sospeso eppure verosimile di questa insolita amicizia, focalizzandosi sui dettagli intimi e sui momenti rubati che definiscono la loro esperienza, momento quotidiani, piccoli gesti, piccole confessioni, abbracci, sorrisi. Il regista sceglie l’unità di misura del primo piano per catturare l’essenza di una giovinezza in bilico, vissuta con grande consapevolezza, una giovinezza doppiamente effimera per le giovani protagoniste, come le loro vite (una volta di più) e come la stagione stessa. Questo sentimento di precariato dell’esistenza non impedirà loro di affrontare piccole sfide con determinazione né di gioire delle scoperte del mondo. Semplicemente, per loro, la malinconia della fine dell’estate si carica di una malinconia di fine imminente.

La grande chimica tra le protagoniste

Noée Abita e Camilla Brandenburg (Skam 6), nelle loro interpretazioni rispettivamente di Irène e Clara, portano vita e profondità ai loro personaggi, trasmettendo la complessità dei loro sentimenti e il desiderio di libertà e normalità. Il regista indugia molto anche sui loro corpi, con affetto e tenerezza, esaltando questa fisicità esile, che spezza le promesse che dovrebbe poter fare una vita giovane. E la chimica tra le due attrici è palpabile, accentuata anche dalle differenze, di colori, di carattere, di approccio alla vita. Hanno in comune il desiderio di costruirsi per loro un’esperienza indimenticabile, un ricordo prezioso, sono assetate di tutta la vita che possono conquistarsi, senza guardare mai al futuro, ma sempre all’oggi.

Non solo per una componente linguistica, ma anche per scelte fotografiche e paesaggistiche, il cinema di Carlo Sironi e questo Quell’estate con Irène ricorda una certa cinematografia francese, Rohmer e Assayas, una componente che rende il film ancora più raffinato principalmente dal punto di vista della qualità visiva. Il suo sguardo si conferma unico, nitido, personale nel panorama italiano.

Quell’estate con Irène è una meditazione garbata e toccante sulla natura effimera del tempo e della vita, che si anima nei corpi e nelle menti di due giovanissime donne che cercano un tempo in cui non sentirsi provvisorie, nonostante tutto.

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Chiara Guida
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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
quellestate-con-irene-carlo-sironiQuell'estate con Irène è una meditazione garbata e toccante sulla natura effimera del tempo e della vita, che si anima nei corpi e nelle menti di due giovanissime donne che cercano un tempo in cui non sentirsi provvisorie, nonostante tutto.