Arriva sugli schermi italiani Samsara di Lois Patiño, con una proiezione in anteprima nel corso della diciassettesima edizione di La Nueva Ola – Festival del cinema spagnolo e latinoamericano al cinema Barberini di Roma. Nelle sale sarà disponibile dal 23 maggio e per fortuna, perché un progetto come questo può trovare la giusta forma di fruizione solo come rito collettivo. Il film selezionato in concorso alla Berlinale 2023 si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria in Encounters. Siamo in Laos, un paese dove ancora la natura si manifesta nella sua imponenza al cui cospetto gli esseri umani appaiono per quello che sono: minuscoli di fronte a maestose cascate e fitte foreste frequentate da elefanti in libertà.
Qui seguiamo i giovanissimi monaci nei loro sanghati color zafferano, sospesi tra le antiche pratiche della meditazione tradizionale e i tanti stimoli della rete che attraverso i moderni smartphone si insinuano anche all’interno della disciplina del tempio. Samsara è un termine sanscrito, il cui significato è ‘scorrere insieme’ e nella dottrina buddhista sta a indicare l’affrancamento dal ciclo delle rinascite. Un obiettivo, un’aspirazione che in questa religione viene perseguito reincarnazione dopo reincarnazione, vita dopo vita. Lo sa bene Mon, un’anziana donna che sente di essere ormai prossima alla morte e vuole prepararsi al viaggio che la attende. Lo fa attraverso un testo cardine del buddhismo: il Bardo Thodol, ovvero ‘Il Libro tibethano dei morti’. Un’esperienza che il regista ci invita a vivere, letteralmente, insieme a lei. Alla sua morte, infatti, lo spettatore viene invitato a seguire il viaggio della sua anima in quello spazio intermedio che trasporta la mente da un corpo all’altro.
Samsara sperimenta le forme espressive offerte dalla pellicola 16mm
Quindici minuti in cui ci viene suggerito di rimanere ad occhi chiusi e di abbandonarsi ad un volo di proporzioni intercontinentali: lo si percepisce dalle varie lingue (tra cui anche l’italiano) che si attraversano. Un’esperienza che, vissuta all’interno di una sala collettiva, riporta il cinema alla concretezza degli albori, quando oltre alla visione venivano sollecitati anche altri sensi, come l’olfatto grazie ai profumi diffusi durante le proiezioni, ad esempio. Chi avesse la curiosità di sbirciare durante questo lungo segmento di proiezione (ma il consiglio è quello di unirsi alla meditazione di gruppo), vedrà frammenti luminosi imprecisi ottenuti attraverso l’utilizzo di una 16mm, come i colori descritti nel libro, che ricordano le sperimentazioni su pellicola di Hans Richter negli anni Venti. E alla fine del viaggio siate pronti ad approdare dove il karma ha deciso, seguendo anche la nuova strada che al vivere viene assegnata, senza giudizi, proprio come il personaggio protagonista della seconda parte di un racconto visivo che offre immagini di grande suggestione.
Dal Laos a Zanzibar: un
omaggio alla diversità culturale
Il regista spagnolo ha dichiarato che Samsara deve essere letto come una celebrazione della diversità culturale e delle leggi invisibili che sostengono e accompagnano il nostro vivere e morire. Il montaggio attenua gli effetti di quella che sembra essere una presa diretta per la lentezza con cui si conduce e che è frutto di una ricerca precisa. Il samsara viene ricreato in ogni inquadratura come tentativo di fermare il tempo attraverso la sua dilatazione fino agli estremi, con sostanziosi fermi immagine paesaggistici e un’attenzione anche alle forme di vita che abitano i dintorni della storia, pur senza attraversarla, come i piccoli animali marini nella nuova vita di Mon. “Meno male che facciamo dei sogni” dice la donna, prossima al trapasso nella prima parte del film. “Quando andiamo a dormire ci raccontano delle storie così belle”.
E come un sogno è Samsara, una pellicola che si prende la libertà di rivoluzionare il ritmo della narrazione per far emergere quell’invisibile che nel quotidiano serrato che ciascuno di noi si trova a vivere inevitabilmente si perde. O forse no? Da questo punto di vista il film d Patino rappresenta un tentativo di coraggioso di dare spazio alla filosofia e alla religione cercando la costruzione di una nuova forma espressiva: se si tenta di leggere il film al di fuori di questa prospettiva di sperimentazione, altrimenti, Samsara rischia di apparire solo un documentario che cerca senza riuscirci di nascondere la macchina da presa mentre è molto di più.
Un suggerimento: se avete amato le atmosfere di Samsara non perdetevi Le quattro volte di Michelangelo Frammartino.