Sorprendendo ed entusiasmando tutti, Spider-Man: Un nuovo universo è stata una delle migliori cose mai capitate ai cinecomic. Questo perché il film è andato oltre quanto fino a quel momento (ma anche in seguito) proposto dalle pellicole di questo filone, osando, sperimentando e sfruttando le possibilità date dall’animazione per offrire un’esperienza che coniuga meravigliosamente il linguaggio e l’estetica dei fumetti con quelli del cinema. Da quel film ha così avuto inizio un fortunato percorso che ha portato a numerosi riconoscimenti, tra cui l’Oscar per il miglior film d’animazione, ma anche ad un primo sequel altrettanto sbalorditivo: Spider-Man: Across the Spider-Verse.
Diretto da Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson, questo secondo capitolo (il terzo, Spider-Man: Beyond the Spider-Verse, arriverà in sala il 29 marzo 2024) si mostra dunque, finalmente, dopo ben cinque anni dal suo predecessore, ripagando ampiamente di tale attesa. Un’attesa necessaria affinché si potessero portare a nuovi livelli le caratteristiche estetiche e la cura riposta nella varietà delle tecniche d’animazione, già elemento fondante del primo film. Con questo sequel si approfondisce però anche il concetto di Multiverso e le sue regole con una precisione e semplicità che ai Marvel Studios, nel cercare di fare lo stesso, sfuggono.
La trama di Spider-Man: Across the Spider-Verse
Con Spider-Man: Across the Spider-Verse ritroviamo dunque il giovane Miles Morales continuare la sua attività di supereroe, cercando di districarsi come meglio può tra questa vita segreta e quella di studente e figlio. Se nel primo film egli aveva però sperimentato solo in modo superficiale l’esistenza del Multiverso e di altre versioni di sé – tra cui Spider-Gwen, per la quale ha un debole – stavolta Miles avrà l’occasione di tuffarsi del tutto in esso per scoprire quanto possa essere vasto e pericoloso, facendo anche la conoscenza di innumerevoli altre sue varianti. Nel momento in cui però una nuova anomala minaccia, chiamata La Macchia, si fa largo nel Multiverso, Miles si troverà a dover ridefinire cosa significa essere un eroe per poter salvare le persone che si amano di più.
Un Multiverso travolgente per colori, emozioni e storie
Ognuno è caratterizzato da un proprio stile del disegno in Spider-Man: Across the Spider-Verse. Una caratteristica che già il precedente film proponeva ma che qui viene portata ancor più all’estremo. D’altronde, parlando di Multiverso e presentando sul grande schermo un’innumerevole quantità di Spider-Man tutti insieme, il fatto che ognuno sia unico non solo nelle sembianze ma anche nel disegno offre nel complesso una tale travolgente varietà di colori e stili che già di suo basta a rendere il film una pura gioia per gli occhi. Veri e propri quadri si animano davanti allo spettatore, ma mai per solo gusto dello stupore quanto anche per accompagnare in modo coerente i personaggi, le loro storie e le loro emozioni.
Perché in mezzo a quel gran caos che è il Multiverso – che questo capitolo si concentra in particolar modo nel presentare in tutte le sue regole – occorre emergano con maggior forza proprio questi tre elementi: personaggi, storie, emozioni. Sono loro la guida dello spettatore di universo in universo, di scenario in scenario, permettendo di orientarsi e non lasciare mai che l’estetica del film prevalga sul suo cuore, sui suoi temi. I registi e gli sceneggiatori Phil Lord, Christopher Miller e David Callaham raggiungono a tal fine un magnifico equilibrio, dove il grande intrattenimento è accompagnato da altrettanto grandi emozioni, universali naturalmente, in cui tutti possono ritrovarsi.
Se il primo film era la ricerca da parte di Miles Morales di una propria identità, questo sequel ce lo propone invece come figlio. Adolescente con problemi ben più grandi di quelli che hanno di solito gli adolescenti, Miles è pronto a spiccare il salto verso nuove fasi della sua vita, con tutte le paure che ciò comporta. Paure condivise dai suoi genitori, per i quali è difficile accettare l’idea di dover lasciare al mondo il proprio piccolo. È un film ripetutamente incentrato sulla genitorialità Spider-Man: Across the Spider-Verse, riproposta in più sfumature e tutte impegnate e costruire un ritratto di quel delicato rapporto tra padri, madri e figli dal quale è umanamente impossibile non sentirsi coinvolti e non imparare qualcosa di nuovo.
Spider-Man: Across the Spider-Verse è un viaggio che rimane nel cuore
Spider-Man: Across the Spider-Verse è dunque un sequel molto più ambizioso e complesso e alla luce di ciò diventa comprensibile la sua durata di due ore e venti. Un minutaggio che però non grava mai sullo spettatore, che può rimanere attento e coinvolto grazie anche a quell’equilibrio prima descritto. C’è infatti un tempo per stupire e un tempo per emozionare e molto spesso le due cose coincidono. Non meno importante, il film ci ricorda il valore dell’attesa, dell’attenta costruzione di ogni elemento della storia, anche a costo di dover sacrificare quella gratificazione istantanea della quale si è sempre più e troppo spesso affamati.
Sappiamo infatti che ci sarà un terzo capitolo e che lì avrà luogo la risoluzione di ogni linea narrativa. Come sempre, vale anche in questo caso il detto secondo cui l’importante è il viaggio, non la meta, e allora Spider-Man: Across the Spider-Verse ci propone un viaggio travolgente, ricco di un’energia contagiosa, dove si costruisce passo dopo passo un’atmosfera e delle emozioni destinate a rimanere nel cuore, nella mente e negli occhi ben oltre la visione. Durante questa, Miles, Gwen, Peter B. Parker e perfino lo Spider-Man 2099 di Oscar Isaac diventano magnifici compagni di viaggio. Come è stato per Un nuovo universo, anche in questo caso ci si trova dunque davanti ad un’opera con tanto da insegnare, non solo agli spettatori ma al cinema stesso.