Sfuggente e affascinate, il nuovo film di Yeo Siew Hua, Stranger Eyes, presentato in Concorso all’81° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia nasconde molte più anime di quello che può apparire a prima vista, sfuggendo dal semplice anche se intrigante meccanismo del “chi guarda chi”, stratificandosi e andando oltre il puro voyeurismo della società iper-sorvegliata che ci circonda.
La trama di Stranger Eyes
Dopo la misteriosa scomparsa della propria bambina, una giovane coppia inizia a ricevere strani video e si rende conto che qualcuno ha filmato la loro vita quotidiana, persino i momenti più intimi. La polizia mette la casa sotto sorveglianza per tentare di sorprendere il voyeur, ma la famiglia inizia a sgretolarsi a mano a mano che i segreti si svelano sotto lo sguardo attento di occhi che li osservano da ogni parte. Risolvendo a sorpresa uno dei misteri del film rapidamente, Stranger Eyes si immerge nelle incertezze più profonde del comportamento e delle relazioni umane, rivelando la sua natura dolente.
Singapore, stato densamente popolato, è un’ottima ambientazione per una storia di sorveglianza e vite private rese pubbliche, alla luce del fatto che rimanere invisibili in un tale ambiente sembra una sfida impossibile. Basti pensare che la giovane coppia al centro del film vive in un vasto grattacielo a griglia, di fronte a un altro vasto grattacielo a griglia, che offre una prospettiva a la Finestra sul cortile, ma su scala industriale, potremmo dire. Non solo, dividono l’appartamento con la madre di lui, oltre che con la loro piccola Bo, dando perfettamente l’idea dell’affollamento che regna in città.
La Finestra sul cortile nell’era industriale
La relazione trai due è già fragile, anche prima che la bambina scompaia e l’evento traumatico non fa altro che far emergere i problemi e le difficoltà reciproche. La sparizione della bimba coincide con la ricezione, da mittente anonimo, di DVD in cui i due giovani coniugi si vedono ripresi nelle loro attività quotidiane e intime. I due eventi sembrano collegati e la polizia decide di aumentare la sorveglianza intorno alla loro casa. Altre telecamere, altri occhi estranei che spiano.
Questo accorgimento li condurrà presto da Wu (Lee Kang-sheng), l’uomo di mezza età dagli occhi tristi che vive con la madre anziana nell’appartamento di fronte. Dopotutto, come dice la polizia, in questa società basta la pazienza, e prima o poi la verità viene fuori, indicando tutte le telecamere che spiano continuamente ogni angolo della città. E quando si pensa di aver colto il cuore del film, Stranger Eyes muta ancora e si addentra nei rapporti umani e familiari in maniera molto più intima e dolente. Un racconto non perfettamente cronologico svela la vera fragilità della coppia, soprattutto contrappone la sorveglianza costante alla tragica verità relativa a Junyang e Peiying e a quanto poco i due si siano effettivamente osservati nel corso della loro storia.
Così il fuoco del racconto trasla dalla coppia all’osservatore, mettendone in luce la straziante solitudine e il rimpianto di una vita distaccata dagli affetti reali. Sarà proprio la sua abitudine a osservare gli altri che gli permetterà di arginare il suo isolamento. Una profonda umanità ricca di emozione, molto diversa dallo stile e dalla confezione del film, elegante ed essenziale, dalla luce fredda e le inquadrature pulite.
Il tema privato diventa ovviamente poi specchio di uno sbilanciamento del tessuto sociale, di un distanziamento tra la vita vera e quella percepita attraverso gli schermi e le camere di sorveglianza. Questa qualità comunicativa lucida e profonda fa di Stranger Eyes non solo un buon thriller, ma anche un oggetto di analisi sociale e delle relazioni.
Stranger Eyes: la recensione del film di Yeo Siew Hua - Venezia 81
Sommario
La sua qualità comunicativa lucida e profonda fa di Stranger Eyes non solo un buon thriller, ma anche un oggetto di analisi sociale e delle relazioni.