“L’uomo pensa, Dio ride”. Non poteva non provenire dal Talmud questa lapidaria, ma fondamentale, riflessione sull’umorismo: quali dinamiche lo suscitano? È una questione sociologica? Ma soprattutto: ognuno percepisce le battute in modo diverso? Su cosa è possibile ironizzare e in che modo? E la battuta, è davvero il risultato dell’equazione tragedia più tempo?
Queste sono solo alcune delle “domande corollario” sollevate da Ferne Pearlstein nel suo documentario The Last Laugh, presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma 2016: un inedito viaggio nel complesso universo dell’umorismo ebraico a partire da una domanda scottante (quella principale): è possibile ridere dell’Olocausto?
La Pearlstein sceglie di unire i contributi dei sopravvissuti allo sterminio nazista con le testimonianze dirette di comici e attori ebrei che hanno avuto a che fare (direttamente o indirettamente) con questa tragedia, creando un ponte tra gli anni, i secoli (XX e XXI) e le generazioni. The Last Laugh è, letteralmente, l’ultima risata (riconfermando in tal modo il suo legame con l’argomento trattato), ma ascoltando bene e cogliendo le stringhe sottili nascoste tra le parole di coloro che hanno scrutato nell’abisso della Tragedia riuscendo a sopravvivere è soprattutto “l’ultima parola”: quella sentenza finale che i sopravvissuti non hanno voluto concedere ad Hitler e ai suoi seguaci, quell’ultimo “sberleffo” definitivo che gli hanno regalato: come indica il Talmud, hanno scelto di vivere. Ma soprattutto di ridere e di sorridere.
Con l’ausilio di una molteplicità di punti di vista differenti e dell’esperienza navigata di comici “di rango” come Mel Brooks, Carl Reiner, Rob Reiner, Sarah Silverman, Woody Allen, Sasha Baron Cohen, Gilbert Gottfried, Judy Gold e molti altri, si esplorano le radici recondite dei meccanismi nascosti nella risata, cercando di analizzare lucidamente quali tabù possono essere infranti oggi nella nostra società e quali potevano essere infranti nel dopoguerra o negli anni ‘70; ma, soprattutto, si cerca di capire come affrontare attraverso un punto di vista totalmente diverso dalle convenzioni socialmente riconosciute un dramma oscuro che ha segnato la storia del “Secolo Breve”, cercando di esorcizzarlo con l’arma più potente: una risata.