The Quiet Girl, la recensione del film candidato all’Oscar

Al suo esordio, l'adattamento di Colm Bairéad è tra i migliori film internazionali

The Quiet Girl

Quest’anno sarà uno scontro molto duro quello per il Premio Oscar per il Miglior film internazionale, con il candidato tedesco (Niente di nuovo sul fronte occidentale, su Netflix), quello argentino (Argentina, 1985 su Prime Video), il belga Close (in sala a gennaio) e il polacco EO (in concorso al Festival di Cannes) ci sarà anche l’irlandese The Quiet Girl. E a buon diritto.

 

Dal 16 febbraio al cinema, distribuito da Officine UBU, il film di Colm Bairéad è uno di quelli capace di restare dentro, a lungo. Di parlare a ogni tipo di pubblico, ammesso che si abbia la sensibilità di ascoltare, e di guardare lo svilupparsi dei rapporti messi in scena dal regista per il suo esordio nel lungometraggio. Fortunato – se non fosse che si tratta di meriti, indubbi – visto che dopo aver conquistato l’EFA per la Miglior Fotografia e l’Orso di Cristallo della sezione Generazione Kplus della Berlinale 2022 (oltre alla menzione Speciale della Children’s Jury del festival).

Un tranquillo dramma di formazione

In attesa del 12 marzo, è indubbio che quello di Bairéad possa vantare già il titolo di film indipendente tra i più acclamati e interessanti dell’anno, come era stata dichiarata “La migliore dell’anno” dal New Yorker la storia breve – scritta da Claire Keegan – sulla quale si è realizzato questo adattamento. Emblematico il titolo, Foster, termine che indica generalmente i ragazzi adottati o dati in affidamento. Una sorte simile a quella che vive la piccola Cáit, di 9 anni, che i genitori, impegnatissimi con le sue tre sorelle e la piccola nascitura in arrivo, scelgono di mandare a passare l’estate da dei lontani parenti.

I Kinsella, Eibhlín e Sean (Carrie Crowley e Andrew Bennett), sono una coppia di mezza età silenziosa e disponibile, che accoglie la bambina con molta cautela, le offre vestiti puliti e la inserisce nella propria quotidianità, fatta di lavoro e regolata dai ritmi della natura. Una vita dignitosa, di campagna, che giorno dopo giorno finisce con l’insegnare molto alla ragazza, soprattutto quando l’uomo inizia a darle più attenzioni e a mostrarle il suo volto più riservato. Una scoperta importante, come quella del segreto nascosto nel passato della coppia.

La lezione di The Quiet Girl

Probabilmente anche il Piccolo Principe avrebbe dubitato della sua celebre massima nello scoprire come l’essenziale possa essere reso tanto visibile agli occhi, almeno – come dicevamo – di chi sappia prestare attenzione al cuore, delle cose e delle persone. Merito indubbiamente della storia originale, ma anche della sceneggiatura del regista e della fotografia (non a caso premiata) di Kate McCullough, che gradualmente trascinano lo spettatore all’interno del quadro iniziale, del quale andiamo via via scoprendo la reale fattura, i dettagli e i colori.

Un processo che segue quello stesso della giovane protagonista, talmente abituata a esser considerata invisibile da familiari e compagni di scuola da finire per crederci, chiudendosi in un inevitabile mutismo. Almeno iniziale, dato che – finalmente considerata – la vediamo sbocciare, crescere, imparare a guardarsi e a riconoscersi, anche con gli abiti femminili che evidentemente non pensava di meritare.

Attese ricompensate ed esempi

Dalla pagina allo schermo, le immagini suggeriscono e suppliscono, scandendo un ritmo diverso e mettendo in evidenza elementi apparentemente trascurabili, scegliendo per noi il tempo da concedere anche ai silenzi e alle attese tipiche di quella realtà. Che definire familiare potrebbe essere riduttivo, visto quanto spesso nella vita e nelle relazioni si sceglie l’intorno cui appartenere o i maestri da seguire, anche a costo di non accertare quelli biologici o imposti dalla cultura dominante o moralmente accettata.

Ma se questo è un suggerimento profondo, a farci conquistare dal film sono sufficienti gli aspetti più superficiali ed evidenti che lo permeano, la profonda gentilezza, l’affetto, il rispetto – compresa la sottesa linea di tristezza (imprescindibile, soprattutto di una coppia matura che della vita ha vissuto e vive anche le sofferenze più crudeli) – e la cura. Ingredienti che caratterizzano tutta la narrazione e l’essere dei Kinsella. Pronti a rispondere alle delusioni con purezza e apertura, a regalare un esempio migliore di ogni insegnamento.

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