Tomb Raider, recensione del film con Alicia Vikander

Tomb Raider

Nato nel 1996 e reso celebre dalla “scivolata di mouse” che ha regalato le prime forme generosissime alla sua protagonista, Tomb Raider è un incredibile capitolo della storia videoludica che già agli inizio degli anni 2000 ha trovato la sua strada verso il grande schermo.

 

Nel 2001 e nel 2003 Angelina Jolie portò infatti al cinema Lara Croft, la portentosa esploratrice, un’Indiana Jones al femminile, sempre alle prese con leggende, miti, trabocchetti e soprannaturale. Nel 2018 però non è più tempo di eroine maggiorate e indistruttibili. La donna è cambiata, i generi sono cambiati e Lara ringiovanisce, diventa più asciutta e inesperta, una ragazzina alla ricerca della sua strada.

Tomb Raider: la nuova Lara Croft

Si ispira al reboot del gioco originale del 2013 Tomb Raider, il film dal 15 Marzo in sala con protagonista il premio Oscar Alicia Vikander e diretto da Roar Uthaug. Come il videogame ha provato a raccontare la storia di Lara dall’inizio, così anche il film cancella completamente l’eredità di Angelina Jolie e propone un film ancorato alla realtà, realistico e a tratti molto duro.

un fisico asciutto, atletico e muscoloso

La Vikander, che da Ex Machina di Alex Garland in poi continua a partecipare a progetti molto diversi tra loro e a mettersi continuamente alla prova, conferma questa tendenza nella sua carriera, costruendosi un fisico asciutto, atletico e muscoloso, armoniosamente con la sua struttura minuta, per mettere in scena una Lara testarda, allenata a combattere ma anche bisognosa di aiuto: coraggiosa ma senza esperienza, brillante ma con la necessità di mettersi alla prova. Siamo lontani anni luce dalla femme fatale incarnata dalla Jolie dal momento che questo personaggio si graffia, si ferisce, chiede aiuto e si trova spesso in difficoltà.

La regia di Uthaug si fa ispirare dai videogames, ripercorrendo le missioni giocate da milioni di fan, riproponendo schemi, enigmi e intricati tranelli che solo l’esploratrice riesce a risolvere. Portando l’azione fino all’esasperazione, la storia mette continuamente l’eroina in difficoltà, sfidando la sua finitezza fisica per spingerla verso i suoi limiti, barriere invisibili che ogni volta Lara riesce a superare, non senza sanguinare e zoppicare.

Tomb Raider

Lara riesce a superare, non senza sanguinare e zoppicare.

La sua frangibilità sembra l’elemento di maggiore differenza e realismo rispetto al passato e anche a una discreta tradizione d’avventura che vede protagonisti eroi infallibili e impassibili a crolli, cadute e lotte corpo a corpo.

A questo aspetto prettamente atletico/fisico, che la Vikander ha guadagnato attraverso l’allenamento, non si sottrae però l’aspetto emotivo: sebbene l’attenzione dello spettatore sia canalizzata sull’azione e sulla ricerca, sull’aspetto avventuroso della storia, ci troviamo comunque di fronte a un’attrice di prima categoria, che malgrado la giovane età ha una maturità espressiva notevole, dote che non mette certo a riposo, nonostante si trovi coinvolta in un blockbuster, prodotto un po’ diverso rispetto ai tipi di film a cui in genere partecipa.

Tomb Raider

Un buon adattamento da videogioco

In un equilibrio perfetto tra avventura cinematografica e replica videoludica, Tomb Raider e la nuova Lara Croft riescono finalmente a portare sullo schermo un solido adattamento da videogame, esperimento che troppo spesso negli ultimi anni è naufragato sotto il peso di ambizioni rivoluzionarie (si veda Assassin’s Creed).

Tomb Raider è un’onesta avventura di intrattenimento, con una protagonista carismatica e un bel mistero da risolvere lungo la strada, in compagnia dei personaggi.

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