vecchie canaglie recensione

La terza età non è l’ultima. Attenzione a metterlo in dubbio, sembra essere il messaggio sotteso al Vecchie canaglie (dal 5 maggio al cinema, prodotto e distribuito da Orange Film) con il quale Chiara Siani decide di passare dietro la macchina da presa dopo tanti anni di cinema e parecchia televisione. Volto molto noto agli spettatori, che da anni la vedono apparire – non solo come caratterista – nei film di Pupi Avati e sui palcoscenici teatrali tra Lillo & Greg, la cinquantanovenne bolognese ha deciso di regalarsi un debutto al quale teneva molto, con “una sorta di fiaba in stile comedy” alla quale ha ammesso di aver pensato a lungo.

 

Quella in cui sei anziani ospiti di una piccola casa di riposo, Villa Matura, si trovano da un giorno all’altro in grossi guai perché l’avida proprietaria dell’immobile – la stessa Siani – decide di mettere il tutto all’asta… per di più truccata e in tempi brevissimi! Il loro mondo sembra crollare, ma la reazione degli intraprendenti vecchietti è inaspettata e imprevedibile: invece di abbattersi si uniranno ancora di più, ingegnandosi per affrontare situazioni pericolose e ai limiti della legalità, per riscoprirsi più vitali che mai.

Grandi riferimenti per le Vecchie canaglie di Chiara Siani

Nelle note di regia si citano pericolosamente i Monty Python, oltre a Cocoon e L’erba di Grace, ma i riferimenti sembrano altri, per esempio quelli delle Barzellette o di tanti film di poco costrutto realizzati ammassando gag e siparietti slegati tra loro. Qui, una trama c’è, ovviamente, come anche un “piano” – lo stesso che annuncia dal losco ‘Greg’, chiamato a risolvere la situazione da papà Lino Banfi – ma la confusione narrativa regna sovrana, come la trasposizione in immagini alla quale si assiste per buona parte dei 102 minuti di durata del film.

Qualche pro e molti contro in un caos poco creativo

Troppi, evidentemente, se per giustificarli si finisce con il tenere gli spettatori ostaggio di una carrellata di tentativi satirici di denuncia della malasanità imperante nelle RSA, di stereotipi da autobus e di un accenno di retorica animalista nei quali il tentativo di porre l’accento sul rispetto per gli anziani si perde naufragando. Per non parlare del catalogo di malavitosi mal assortiti, mal caratterizzati e mal rappresentati, con la chicca della vecchina ‘posseduta’ dal peyote che avrebbe potuto trovare spazio in un qualsiasi sequel parodistico di Scary Movie.

In un tale contesto finisce per evidenziarsi anche la povertà delle transizioni tra le scene, che altrimenti avrebbe potuto essere cifra o scelta stilistica, o il ricorso a certi viraggi cromatici, che affossano ulteriormente una storia che acquista un senso avviandosi verso la conclusione. E nella quale si fa apprezzare – probabilmente anche per motivi di budget, nonostante il film abbia contato sul supporto del Ministero della Cultura – l’uso di intermezzi ed elementi scenografici disegnati e cartoonistici, realizzati dalla stessa Siani. In definitiva, un triste ‘team up’ di tanti volti noti della nostra commedia, a partire dal ‘Nonno’ Banfi, qui chiamato a ‘metterci la faccia’ e a fare l’eroico trascinatore, ma senza trascurare i vari Andrea Roncato, Andy Luotto, Luisella Tamietto e Pippo Santonastaso. Menzione speciale per il Gualtiero di Gianni Fantoni, marito della vicina di casa guardona Valentina Paoletti, l’unico a poter scappare da questo Hellzapoppin’.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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vecchie-canaglie-recensione-dellodissea-di-lino-banfi-coIn un tale contesto finisce per evidenziarsi anche la povertà delle transizioni tra le scene, che altrimenti avrebbe potuto essere cifra o scelta stilistica, o il ricorso a certi viraggi cromatici, che affossano ulteriormente una storia che acquista un senso avviandosi verso la conclusione.