Ritorno al cinema per
uno dei grandi registi viventi della storia del cinema, Roman
Polanski, il tanto chiacchierato e discusso regista di origine
polacca, trapiantato in Francia. L’autore de Il
Pianista, dopo tanti problemi personali e qualche progetto
naufragato, ritorna con un’opera profondamente sua, che entra di
diritto nella sua straordinaria filmografia. Ancora una volta
Polanski mette in scena l’inconsistenza del genere umano,
attraverso la rappresentazione delle sue debolezze e delle sue
incertezze, spesso legati a un’ideale di mondo troppo lontano dalla
realtà tangibile.
La pellicola racconta di un regista teatrale che deve mettere in scena una piece ispirata ad un romanzo che tratta di masochismo e non riesce a trovare l’attrice giusta per il ruolo di protagonista. Improvvisamente irrompe una donna decisa letteralmente a tutto pur di ottenere la parte: tra i due si instaurerà un complesso gioco di potere.

Il risultato è un film di un’ironia pungente ed efficace, un gioco di ruoli e ossessioni travolgente, di un insano e perverso gusto per una teatralità referenziale che destabilizza completamente i personaggi all’interno dei suoi continui e repentini balzi. E’ in tutto e per tutto Roman Polanski, tanto che le urla dell’Inquilino del terzo piano, la follia di Luna di fiele, l’ironia sarcastica di Per favore non mordermi sul collo echeggiano nel teatro più volte, ricordandoci che forse stiamo gustando e apprezzando qualcosa di non troppo originale, già visto e conosciuto.
In fin dei conti poco importa se si è autoreferenziali, ripetitivi o schiavi di un virtuoso gioco di stile, il film è la prova tangibile che si può fare grande cinema anche parlando di teatro, con due personaggi e un luogo unico, con due bravi attori (Seigner e Amalric) e un grande regista.

