We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo (qui il trailer), diretto da John Crowley e sceneggiato dal drammaturgo Nick Payne, esplora le sfumature più profonde dell’amore, della perdita e soprattutto del tempo. Presentato al Toronto Film Festival e in seguito alla Festa del Cinema di Roma, il film si affida a una narrazione emotiva complessa, fondata su un montaggio non lineare che, con questo espediente amplifica il senso di ogni momento sottoposto all’attenzione dello spettatore.
La trama di We Live in Time – Tutto il tempo che abbiamo
Protagonisti di questo racconto sono Almut, una chef stellata interpretata da Florence Pugh, e Tobias, interpretato da Andrew Garfield. La loro relazione viene raccontata attraverso una serie di salti temporali che spaziano tra passato e presente, creando un mosaico di ricordi, momenti di tenerezza, circostanze tristi e altre gioiose, scene ricche di emozione. I due personaggi si incontrano in maniera del tutto accidentale (o dovremmo dire “incidentale”?) e si innamorano. Condividono una storia di dieci anni, scandita da quotidianità e complicità, ma anche da un importante evento tragico: una malattia terminale che colpisce Almut. La narrazione si sviluppa attraverso l’uso del montaggio, affidato a Justin Wright, che riesce a dare continuità ai vari momenti della storia, mettendoli tutti in relazione reciproca, scelta che di volta in volta “aggiusta” il significato di ogni scena.
Il percorso narrativo che costruisce John Crowley non è dettato dalla cronologia ma da corrispondenze emotive che di volta in volta permettono al racconto di saltare avanti e indietro nel tempo e costruire un racconto organico e coeso che compone la storia di Almut e Tobias in un’alternanza di momenti felici e dolorosi. La scelta drammaturgica richiama l’esperienza teatrale di Payne, noto per Constellations, in cui esplora le relazioni umane attraverso una struttura ispirata alla teoria delle stringhe, dove ogni scena rappresenta una possibilità alternativa. In questo spettacolo, come in We Live in Time, Payne mette in scena una riflessione sul tempo e sulla transitorietà, rendendo il montaggio un vero e proprio protagonista della storia.
La grande alchimia tra Andrew Garfield e Florence Pugh
L’alchimia tra Andrew Garfield e Florence Pugh è senz’altro uno dei punti di maggiore forza del film. Tobias è un uomo abbastanza ordinario che si trova a confrontarsi con lo straordinario in termini di emozioni e sentimenti e per tutto il film lui cerca di portare ordine e razionalità nella sua vita. Florence Pugh porta invece in scena una Almut intensa e magnetica, capace di attraversare in pochi sguardi un’intero range emotivo, dalla forza alla vulnerabilità, dalla gioia alla disperazione, con naturalezza. La sua Almut sceglie di vivere ogni momento della sua vita con intensità, al 100%, tanto che il suo lavoro diventerà emblematico per la storia stessa. Come ci ha insegnato The Bear di Disney+, in cucina “ogni secondo conta” e la protagonista di We Live in Time lo sa meglio di tutti. Una metafora che si replica anche nel gesto del preparare le uova al mattino, un’immagine di cura e dedizione con cui il film si apre e si chiude, e che ricorre nel corso della storia: il rituale ma anche un gesto quotidiano, speciale e scontato allo stesso tempo, come la storia d’amore che il film racconta.
Una regia intima
La firma di Crowley restituisce un’atmosfera intima e a tratti sospesa, che riesce a evocare spazi infiniti e metaforici, come nella bella scena in cui padre e figlia tagliano i capelli a Almut, ma anche momenti estremamente concreti, presenti, ironici, come la scena del parto in una stazione di servizio. In questa alternanza sapiente di reale e impalpabile, il film nasconde poi la sua vera forza che è quella di raccontare il dolore e la gioia più puri, la paura e l’avventatezza, la passione selvaggia e la tristezza più profonda senza mai ricorrere a facili sentimentalismi e senza mai perdere di autenticità.
Il lavoro di Nick Payne e John Crowley è riflessione sulla natura dell’amore, che non cerca la permanenza, ma accetta la sua finitezza. Lo spettatore è invitato a riflettere sul valore del tempo e sull’importanza di scegliere come vivere quello che si ha a disposizione, con la consapevolezza che tutto è passeggero su questa Terra.
We Live in Time - Tutto il tempo che abbiamo
Sommario
Il lavoro di Nick Payne e John Crowley è riflessione sulla natura dell’amore, che non cerca la permanenza, ma accetta la sua finitezza. Lo spettatore è invitato a riflettere sul valore del tempo e su quanto anche l’amore sia sempre destinato a finire, nonostante sia vivo e presente anche dopo la morte.