Bernardo Bertolucci: il cinema dell’ultimo maestro

Bernardo Bertolucci

Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, neanche lui. Eppure eccolo pronto a pubblicare la sua nuova opera Io e Te, tratto dal libro di Niccolò Ammaniti. Bernarndo Bertolucci in un’intervista dichiara che la parte più interessante dell’intera storia è l’essersi deciso a fare un film, l’aver ritrovato la giusta e buona ispirazione per scendere in campo.

 

Bernardo Bertolucci: il cinema dell’ultimo maestro

Io e Te, rappresenta un bell’epilogo (per ora) della sua carriera, e il cineasta è sceso sul set riproponendo tutte quelle caratteristiche che lo hanno reso celebre, criticato e soprattutto amato dal suo pubblico.

L’analisi di questa nuova pellicola nasce dalle analogie con le sue opere antecedenti, alcune delle quali presentano molti punti di contatto. L’analisi della struttura di Io e Te traccia un netto richiamo a L’Assedio, film girato in un unico ambiente da cui ne deriva il riferimento sartriano con Huis Clos.

Ma se in L’Assedio Bertolucci mette in luce la difficoltà di inserimento nella società italiana degli immigrati alla ricerca di un futuro migliore, in Io Ballo da Sola, egli esalta la condizione degli espatriati, che a differenza dei primi, si chiudono in realtà altamente alienate e surreali, ma sempre ai confini con la realtà circostante.

La sua poetica è invasa da un senso di eleganza e alienazione, in cui la ricostruzione del presente avviene grazie al passato, e la bellezza della realtà acquista maggior potere nell’attimo in cui si recide il cordone ombelicale. Il passato rimane passato, il presente nasce e si sviluppa e effonde quel sentimento che da valore a ciò che abbiamo vissuto: la malinconia. Shandurai in L’Assedio sembra quasi una venere ambrata in un palazzo rinascimentale nel cuore di Roma. I suoi lineamenti forti si scontrano con la morbidezza e perfezione delle statue greche in mostra sulle mensole della casa aristocratica, ed è nel silenzio sacro avvolto da note classiche che la donna trova la sua dimensione. Shandurai riesce ad articolare i suoi giorni, portare avanti i suoi studi e rispettare i suoi obblighi lavorativi grazie alla forza datale dai ricordi.

Eppure nelle storie di Bernardo Bertolucci non esiste mai una congiunzione, nell’attimo in cui lo spettatore crede che le due estremità del cerchio si uniscano: il passato trova la sua conseguenza cronologica nel presente, tutto improvvisamente si spezza, si ferma. La crescita dei suoi personaggi si evolve verso direzioni nuove, Chandler, come Penelope, trascorre le sue giornate romane ad attendere il suo uomo, e con meticolosità e gelosia custodisce il suo sentimento per lui.

Ma è l’inatteso a rendere Bernardo Bertolucci attraente e interessante. Le sue verità hanno sempre la parvenza dell’assolutezza ma basta un poco per farle traballare e a confutarle. È questo che tradisce Isabelle, in The Dreamers, quando si volta a cercare Matthew con lo sguardo, ma segue senza esitazione Theo.

Eppure, i tratti più veri dei suoi personaggi sono manifesti negli attimi di perdizione. Bernardo Bertolucci descrive con infinita accuratezza l’intimità delle figure femminili, soprattutto divertendosi ad esplicitarne la loro natura più celata negli istanti di totale abbandono e libertà, tutto questo tramite l’impiego della musica. Spesso, nei suoi film, i suoi personaggi danzano, si sfogano in un ballo liberatorio che demonizza ogni paura ed esplicita ogni desiderio.

La danza di Lucy di Io Ballo da Sola ha il sapore di una passione ancora mai gustata, ma vissuta e immaginata mentalmente in ogni suo dettaglio, diversi invece i movimenti di Shandurai che trasmettono un senso di inettitudine per la realtà che la circonda.

Poco da dire invece per il tango che ha tenuto stretti Marlon Brando e Maria Schneider, alimentando maggiormente un fuoco ancora tutto da esprimere. I momenti di musica sono onnipresenti nelle sue opere, e sarà lui stesso ad affermare, in una sua intervista, che : “I momenti di musica permettono di dire molto di più di quello che si dice nella prosa. I momenti di musica sono degli spazi poetici in cui ci si può attardare.”

Nei suoi racconti il regista riesce a cogliere in pieno l’intimità della donna, la cui delicatezza è sempre affiancata da quella forza primordiale che la rende sì elegante, ma anche perversamente attraente. È questo forse il concetto primo di Ultimo Tango a Parigi, in cui Bertolucci stesso affermò che la passione e l’energia creata sul set andarono oltre qualsiasi suo progetto, dando vita a verità che scossero la società dell’epoca. Egli dichiara in un’intervista “Sta succedendo qualcosa con questo film che materializza la mia idea di cinema. Il film scappa alle mani del regista, ha una sua vita autonoma e parte per una direzione che nessuno può più controllare”.

Questa fu la pellicola con cui il suo nome è stato immortalato nella storia del cinema. Se in maniera semplicistica il film è stato ritenuto oltraggioso ai valori morali e ai costumi dell’epoca, in realtà l’intera storia ha sguinzagliato una serie di ideali che si pongono alla base della rivoluzione culturale e morale degli anni ‘70. Non volle semplicemente comunicare la voglia di esprimersi, Bertolucci tramite una combinazione accurata di primi piani, carrellate lente e introspettive nei personaggi, dialoghi spezzati ma concettualmente completi, si fa portavoce di un nuovo pensiero che da 40 anni a questa parte domina le coscienze di noi tutti. La stessa Pauline Kael vide in questa storia la via di uscita di una società troppo chiusa nei propri spazi e confini e scrivendo di questo film, disse: “Questo che è il più potente film erotico mai fatto può rivelarsi il film più liberatorio mai fatto.”

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