Captain Fantastic: recensione del film con Viggo Mortensen

Captain Fantastic

Che bello quando il cinema racconta storie inconsuete, quando ti imbatti in qualcosa di tanto semplice quanto originale, quando un film ti cattura, ti fa sorridere, ti fa riflettere, ti fa commuovere senza cadere in facili colpi di scena e soprattutto ti fa volere bene a quel manipolo di personaggi squinternati, colorati, forastici, che si muovono sullo schermo. Captain Fantastic di Matt Ross è tutto questo.

 

In Captain Fantastic Ben Cash (Viggo Mortensen) vive per scelta in totale isolamento nel profondo delle foreste del Nord America. Risiede insieme ai suoi tanti figli, in una sorta di comunità alternativa dove rigore e disciplina sono un valore fondamentale. I figli, dalla più piccola di circa cinque o sei anni, al più grande più che ventenne, studiano, leggono, si allenano nella lotta corpo a corpo, nell’arrampicata su roccia, cacciano e coltivano quello che serve loro come sostentamento.

Festa di Roma 2016: Viggo Mortensen è Captain Fantastic

Captain Fantastic è prima di tutto un film sulla difficoltà dell’essere genitori, del riuscire a crescere i propri figli nel modo corretto, cercando di proteggerli, educarli, ma al tempo stesso preparandoli ad affrontare il mondo. Matt Ross lo racconta in un modo del tutto originale, costruendo una favola moderna credibile, che affascina per sensibilità e schiettezza e colpisce per la sua dirompente originalità, in un panorama ormai asfittico di una penuria di idee che si nutre di remake, sequel e prequel. Ross riesce a spostarsi con naturalezza e vivace disinvoltura dall’ironia al dramma, dalla commozione alla riflessione, senza mai cadere nel banale o in schemi prefissati.

Captain Fantastic si muove leggero, sottolineando temi importanti e toccando le corde di un arcobaleno di sentimenti. Ross ha una regia sapiente, mai sovrastante alla narrazione, funzionale alla storia, ma originale per scelte e ritmi. Le scenografie e le ambientazioni sono mozzafiato, dalle grandi foreste alle pareti rocciose, dalle autostrade agli agglomerati urbani. I costumi poi sono una vera delizia per gli occhi, così colorati, retrò, ricchi di dettagli ed elementi che fanno guizzare l’immaginazione.

Come non sciogliersi in estasi visiva nel vedersi parati in chiesa tutti i componenti della famiglia di Ben vivacemente vestiti a festa, con abiti che rimandano alla moda hippy anno 70’, coroncine di fiori, amuleti dei nativi americani, maglioni e vestiti variopinti lavorati a mano e ciliegina sulla torta: la maschera antigas indossata dalla bimba più piccola.

Captain FantasticE poi gli attori. Da un superlativo Viggo Mortensen a un manipolo di bambini di una bravura spropositata, fino al figlio più grande interpretato da un perfetto e dosatamente confuso e spaesato George MacKay. Ogni personaggio è giustamente caratterizzato, anche quelli di contorno, relegati alla temuta e odiata società consumistica, dove il rischio di cadere nella caricatura è sempre presente.

Captain Fantastic è una variopinta favola dei nostri giorni, dove la Coca Cola è acqua avvelenata, Noam Chowsky è il messia, i libri e la cultura sono la salvezza dell’anima e la famiglia il valore più grande, da difendere ad ogni costo, anche riuscendo a mettere da parte i propri ideali per amore.

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