Burnt va consumato fresco come un aperitivo in ottima- e caotica- compagnia, con la musica giusta in sottofondo, in una location suggestiva. Questa percezione restituisce il film di John Wells (già regista di I segreti di Osage County) ri-titolato in italiano Adam Jones – Il Sapore del Successo, banalizzando quella che in realtà non è una così scontata commedia ambientata tra i fornelli di un ristorante; mattatore sulla scena è Bradley Cooper nei panni dell’omonimo chef del titolo, un uomo che è riuscito a costruirsi un vero e proprio impero in cucina, un nome, una fama incrementata dal suo allure da bello e dannato tutto “genio e sregolatezza”, incline ai vizi facili dell’alcol, della droga e delle donne.
All’improvviso decide di lasciare tutto di punto in bianco e di ricominciare da zero: scappa da Parigi e comincia a pulire ostriche a New Orleans per tre anni consecutivi (durante i quali cerca di rimettersi in piedi e di rigare dritto) prima di fare di nuovo la sua comparsa a Londra, cercando di riunire i vecchi amici e di scovare nuovi, zelanti, collaboratori per realizzare un sogno: aprire un nuovo ristorante e conquistare la famosa terza stella Michelin.
A primo impatto il film sembra ricadere in una scontata banalità, coadiuvata da una trama lontana da qualunque tipo di guizzo d’originalità e da personaggi che non sono altro che ombre, macchiette bidimensionali che si muovono tra le vie di Londra e gli innumerevoli cliché del genere. Ma, colpo di scena: incredibilmente Il sapore del successo riesce a superare i suoi stessi limiti e a catturare l’attenzione dello spettatore fin dai primi minuti, immergendolo- letteralmente- nel flusso dei pensieri fitti e caotici dell’ambizioso chef, uomo in bilico tra i suoi numerosi desideri, pronto ad abbandonare il passato per abbracciare ciò che gli propone il futuro ma allo stesso tempo perseguitato da quegli spettri, da quel peso che ne influenza le azioni presenti, determinate dalle scelte compiute in altri tempi e in altri luoghi.
Affiancato da un pirotecnico cast di comprimari (anche loro, sempre in biblico tra personaggi e macchiette, ma in grado orchestrarsi armonicamente), Cooper diventa – letteralmente- il suo personaggio bidimensionale accollandosi il peso del film e duettando con spalle funzionali e taglienti, da Emma Thompson ad una convincente Sienna Miller fino ad un irresistibile Daniel Brühl nei panni del ricco maitre d’hotel Tony.
Pur non aggiungendo nulla di nuovo al ricco filone delle dramedy ambientate in cucina (tutte “quattro cuori e due fornelli”), questa pellicola convince per la forza e la persuasione del suo ritmo, per l’incessante percorso che segue fino alla fine senza perdere mai un colpo, senza annoiare lo spettatore risucchiandolo in inutili gorghi narrativi: è una graziosa gioia per gli occhi e per lo spirito, rinfrescante e leggera come uno Spritz in piena Estate.