Suffragette: recensione del film con Carey Mulligan

Suffragette

Lottare per un ideale, a qualunque costo, contro ogni ostacolo, e se necessario sacrificare anche la propria vita, mettendo in gioco in prima persona sé stessi e i propri affetti più cari. Questa forza vitalistica, questa violenta utopia spinse nel XX secolo gruppi distanti e distinti di donne (diverse tra loro per classe sociale, censo, cultura, aspettative di vita) a lottare, in prima linea, per i propri ideali.

 

Stiamo parlando del movimento delle Suffragette, che finalmente trova una voce forte-ed un canale privilegiato nel cinema – per raccontare la propria storia, disseminata di mille piccole storie personali pronte ad intersecarsi con La Storia; a compiere questa titanica impresa è Sarah Gavron che decide di girare Suffragette avvalendosi delle preziose interpretazioni di attrici come Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Anne-Marie Duff e Meryl Streep; donne iconiche, donne forti, donne coraggio che hanno lottato per affermare la propria presenza in un mondo e in una società dalla forte impronta maschilista.

Motore immobile della vicenda è Maud Watts (la Mulligan), all’inizio semplice lavoratrice sottopagata di una lavanderia londinese, sposata e con un amatissimo figlio; ma successivamente-dopo essere rimasta coinvolta in un’azione di disobbedienza civile-si lascia coinvolgere sempre di più dalla causa delle Suffragette, grazie anche alla forza e alla determinazione delle sue compagne (su tutte, Violet ed Edith) fino all’incontro con la leader Pankhurst (la Streep), vera e propria icona che rivoluzionerà per sempre la sua vita con le sue parole.Suffragette 3

La Gavron sceglie volontariamente di usare con discrezione la Macchina da Presa: mezzo silenzioso e distante, diventa una sorta di occhio onnisciente sulle situazioni e sugli eventi, un occhi privilegiato che lancia uno sguardo dal punto di vista di Maud, condividendone la focalizzazione (anche quando è esterna); nelle scene più drammatiche, quando la violenza deflagra senza pietà e sconti per nessuno, la MdP della regista non indugia, voyeuristicamente, sui dettagli della carneficina, ma entra nelle dinamiche, scava a fondo tra i corpi e le espressioni, regalando quasi un’esperienza simile al reportage fotografico di guerra che un puro, semplice, spettacolo di intrattenimento.

L’anima del film sono i suoi mille volti di donna, queste figure femminili così forti e determinate, ma allo stesso tempo lontane anni luci dagli stereotipi cinematografici hollywoodiani; personaggi che sono più veri del vero, realistici perché affondano nella realtà vera e propria, trasformandosi in mezzi per comunicare la testimonianza silenziosa di chi ha segnato la Storia, pur non entrando-di diritto-tra le pagine di un manuale.

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Ludovica Ottaviani
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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.
suffragette-recensioneSuffragette è un film “necessario” perché induce alla riflessione, ma non è retorico; è melodrammatico, ma non eccede mai nell’eccesso commovente da incasso facile; è destinato-prima che alle donne stesse-a tutto il pubblico, senza distinzioni di razza, genere, religione etc.