Dopo aver sempre prediletto il concorso di Cannes, Carlos Reygadas si presenta a Venezia 75 con il suo nuovo film, Nuestro Tiempo, in gara per il Leone d’Oro. Il regista realizza un ambizioso affresco della campagna messicana, completamente ambientato in un ranch, in cui la storia animale e naturale si intreccia a quella umana in un gioco di parallelismi semplicistico e didascalico.
La storia, che si dispiega per tre ore abbondanti, è quella di Juan e Esther, una coppia che vive in campagna allevando tori. Lei gestisce il ranch, lui, poeta di fama mondiale restio alla vita di città, si occupa invece della crescita e della selezione degli animali. La loro vita entra in crisi quando la donna si infatua di un addestratore di cavalli di nome Phil; con lui comincia una relazione clandestina che porterà scompiglio nella sua vita familiare.
Reygadas ci
concentra moltissimo sull’ambiente naturale, immergendo lo
spettatore nella campagna messicana e dando a tutto il film dei
tempi e il tono di un western, indugiando lungamente su campi
lunghi in cui la luce del sole dirige lo sguardo dello spettatore.
Un affresco magniloquente di una natura selvaggia e ingestibile,
rappresentata alla perfezione dal toro che si scaglia furiosamente
contro un mulo e lo squarta. La stessa potenza della natura che
viene messa in rapporto alla debolezza dell’uomo, una scelta
semplicistica, come accennato, che affievolisce la potenza visiva
del film stesso.
Nuestro Tiempo vuole essere una fotografia del contemporaneo in un mondo a confine tra civiltà e natura incontaminata, dove però la prima risulta non solo inferiore e scialba rispetto alla seconda, ma anche peggio messa a fuoco nella sua meschina imperfezione.