Palazzina Laf: la storia vera dietro il film di Michele Riondino

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Palazzina Laf, film d’esordio alla regia per Michele Riondino, è uno dei titoli italiani più sorprendenti e intensi degli ultimi anni. Presentato in anteprima nella sezione Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, il film ha conquistato critica e pubblico grazie alla sua capacità di raccontare una storia profondamente radicata nella realtà sociale del nostro Paese. Ambientato a Taranto negli anni ’90, il film affronta temi complessi e universali come il lavoro, l’alienazione, la manipolazione psicologica e la violenza sistemica all’interno del mondo operaio, con particolare riferimento al colosso industriale dell’Ilva.

Oltre a curarne la regia, Riondino interpreta il protagonista Caterino, un uomo semplice e fedele all’azienda che lentamente si ritrova intrappolato in un meccanismo di repressione e isolamento. Accanto a lui, un cast di grande forza espressiva, in cui spiccano nomi come Elio Germano, Vanessa Scalera, Gianni D’Addario e Domenico Fortunato. Il film ha poi ottenuto riconoscimenti importanti, tra cui tre David di Donatello, rispettivamente, per il Miglior attore protagonista (a Riondino), al Miglior attore non protagonista (a Germano) e alla Migliore canzone originale (La mia terra, scritta e interpretata da Diodato).

Il titolo stesso, Palazzina Laf, fa riferimento a un luogo realmente esistente, un edificio utilizzato per isolare e punire i lavoratori “scomodi”. Questo dettaglio ha spinto molti spettatori a chiedersi se la vicenda raccontata sia ispirata a fatti realmente accaduti. Nei prossimi paragrafi, esploreremo proprio questa dimensione, cercando di rispondere alla domanda: Palazzina Laf è tratto da una storia vera? Analizzeremo le fonti, i riferimenti reali e il contesto storico da cui il film prende spunto.

Palazzina Laf film 2023
Michele Riondino in Palazzina Laf

La trama di Palazzina Laf

1997. Caterino, uomo semplice e rude è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la troppa vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli.

Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scoprirà sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento. E che da quell’inferno per lui non c’è via di uscita.

La storia vera dietro il film

La forza emotiva e politica di Palazzina Laf deriva in larga parte dalla sua ispirazione a fatti realmente accaduti. Il film prende infatti spunto da un episodio oscuro ma documentato della storia recente dell’Ilva di Taranto, uno degli stabilimenti siderurgici più grandi e controversi d’Europa. Negli anni ’90, all’interno dell’imponente struttura industriale, esisteva davvero una palazzina – la cosiddetta Palazzina Laf, dal nome di un reparto – dove venivano trasferiti i lavoratori considerati “problematici”, ovvero coloro che si opponevano a certi meccanismi aziendali, denunciavano irregolarità o semplicemente venivano ritenuti scomodi dalla dirigenza.

Michele Riondino in Palazzina Laf
Michele Riondino in Palazzina Laf

Questi lavoratori venivano assegnati a mansioni inutili o ripetitive, oppure lasciati senza compiti precisi, in uno stato di isolamento e inattività forzata, con l’evidente intento di logorarne la stabilità psicologica e costringerli alle dimissioni. Si trattava di una forma di mobbing istituzionalizzato, un abuso di potere sistemico che ha segnato profondamente la comunità operaia tarantina. Michele Riondino, originario proprio di Taranto, ha raccontato di aver scoperto questa vicenda da ragazzo e di essere rimasto colpito dalla sofferenza silenziosa di tante persone, spesso lasciate sole anche dalle istituzioni e dall’opinione pubblica.

Il regista ha quindi costruito il film sulla base di testimonianze dirette, documenti e interviste a ex operai dell’Ilva, rielaborando i fatti con uno sguardo drammaturgico ma senza tradirne l’essenza. Palazzina Laf non è un biopic né una cronaca esatta, ma un’opera di finzione ispirata a eventi reali e supportata da un’attenta ricostruzione del contesto sociale e lavorativo dell’epoca. La figura di Caterino, interpretata dallo stesso Riondino, è un personaggio simbolico che incarna la condizione di molti, un uomo ingenuo ma leale che si ritrova lentamente stritolato da un meccanismo che non comprende fino in fondo.

Attraverso la vicenda di Caterino, il film denuncia così una realtà fatta di soprusi, silenzi e violenze psicologiche, mostrando come anche un ambiente di lavoro possa trasformarsi in un luogo di reclusione. L’intento degli autori non è però solo quello di raccontare un caso specifico, ma di portare alla luce un sistema più ampio di emarginazione e punizione sociale, ponendo lo spettatore davanti a domande urgenti sulla dignità umana, la responsabilità collettiva e la memoria storica.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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