Con I Roses (2025), Jay Roach porta di nuovo sullo schermo la storia tratta dal romanzo di Warren Adler The War of the Roses (1981), già adattata con grande successo da Danny DeVito nel 1989. Questa volta la produzione Searchlight ha deciso di rinunciare al titolo originale, forse nel tentativo di suggerire una “re-immaginazione” più che un semplice rifacimento. Ma la sostanza rimane: si tratta a tutti gli effetti di un nuovo adattamento della stessa materia narrativa. La differenza, semmai, sta nello sguardo contemporaneo con cui sceneggiatore Tony McNamara (The Great e Povere Creature) rilegge la dinamica coniugale.
Colman e Cumberbatch, I Roses: un duello recitativo ad alta tensione
La ragione di maggiore interesse del film è senza dubbio la coppia di protagonisti: Olivia Colman e Benedict Cumberbatch, due dei più grandi interpreti britannici contemporanei. La loro alchimia non è quella della passione, ma quella dello scontro. Nei panni di Ivy e Theo Rose, portano sullo schermo un conflitto domestico che diventa presto una guerra a tutto campo. La loro interazione è molto simile a una finale di tennis interminabile, stile Borg-McEnroe, dove ogni battuta, ogni sguardo, ogni silenzio diventa colpo su colpo.
Eppure, se Colman e Cumberbatch sono sempre magnetici, non sempre convincono come coppia credibile: la transizione dall’amore alla furia omicida manca di quella profondità emotiva che avrebbe reso più devastante la loro caduta. Forse perché l’ascesa e la caduta della coppia si costruisce in maniera schematica su una scena chiave, che segna in maniera fin troppo netta il punto di svolta della storia.
Ascesa e caduta di un
matrimonio perfetto
Il film dedica molto tempo alla costruzione della vita coniugale dei Roses, prima di esplodere nel conflitto. Ivy, brillante chef con il sogno di trasformare la sua ricetta di crab cake in un impero gastronomico, e Theo, architetto visionario, sembrano all’inizio una coppia modello. Ma la loro parabola prende una piega imprevista.
Una tempesta distrugge il progetto architettonico più ambizioso di Theo — un edificio sormontato da una nave, simbolo della sua hybris — e insieme la sua reputazione. Parallelamente, la carriera di Ivy decolla: il suo ristorante We’ve Got Crabs diventa un fenomeno mediatico, la sua immagine di chef una marca globale. Il ribaltamento dei ruoli tradizionali è il cuore del racconto: Theo, ridotto a fare il padre di famiglia frustrato, si trasforma in un “beta-male” risentito; Ivy, invece, diventa una star che disprezza il marito incapace di tenere il passo o anche solo di “accontentarsi” del suo ruolo di stay-at-home-dad.
Dal conflitto silenzioso alla guerra aperta
Per oltre un’ora I Roses rimane più una cronaca della vita matrimoniale che una dark comedy sul divorzio. Le prime scintille esplodono in terapia di coppia, in una scena esilarante e al tempo stesso spietata, dove un consulente ammette subito che per i due non c’è speranza. Ma è solo negli ultimi venti minuti che la vicenda si avvicina davvero al tono dell’originale del 1989: piatti rotti, minacce, lotte fisiche, un crescendo che culmina in un finale senza vincitori né vinti. E comunque non viene mai raggiunta la cattiveria dell’originale adattamento. Questa scelta narrativa può lasciare insoddisfatti: la tensione accumulata prometteva un’escalation più lunga e brutale, ma il film sembra trattenersi, quasi temendo di oltrepassare la soglia del grottesco.
Accanto ai due protagonisti troviamo comprimari di lusso. Andy Samberg e Kate McKinnon interpretano Barry e Amy, amici e osservatori impotenti della disfatta coniugale. Nonostante la loro comicità naturale, il film non dà loro molto spazio per brillare. Più incisiva è invece Alison Janney, nel ruolo di Eleanor, l’avvocatessa divorzista di Ivy: un concentrato di aggressività e ironia che regala alcune delle scene più memorabili.
Visivamente I Roses è impeccabile. La fotografia di Florian Hoffmeister e la scenografia di Mark Ricker offrono interni e paesaggi di una California costiera rigogliosa e scintillante, con case dal design ultramoderno che riflettono perfettamente lo status e le ossessioni dei protagonisti. Il risultato è un’estetica vicina ai film di Nancy Meyers, fatta di cucine da sogno e ambienti curatissimi. Ma questa patina elegante crea un contrasto talvolta straniante con la materia cupa della storia: lo spettatore è immerso in un mondo troppo bello per credere davvero al disfacimento tragico che vi si consuma. E forse proprio in questo, la versione del 2025 perde il confronto con il cult diretto da De Vito.
Un adattamento per il
2025
E’ interessante notare come i temi del romanzo e del precedente adattamento siano stati aggiornati agli equilibri di genere contemporanei. I Roses del 2025 non è più quella della moglie sacrificata e del marito carrierista: è la storia di due individui ambiziosi, incapaci di conciliare aspirazioni personali e vita di coppia. È una riflessione, talvolta ironica, talvolta dolorosa, su come oggi il matrimonio possa trasformarsi in un campo di battaglia non tanto per beni materiali, ma per identità e riconoscimento. Lo spostamento della donna dal ruolo di moglie e madre a ambiziosa lavoratrice crea sempre un disequilibrio, una stranezza, un elemento che porta scompiglio.
I Roses non è un film perfetto. Soffre di una struttura sbilanciata, che rallenta troppo nel primo atto e non osa abbastanza nell’ultimo. Tuttavia, grazie alla potenza recitativa di Olivia Colman e Benedict Cumberbatch, riesce a restituire con forza la sensazione che un matrimonio, una volta incrinato, possa diventare un incubo claustrofobico. È un remake che, pur non raggiungendo la ferocia indimenticabile della versione del 1989, trova un suo spazio nel raccontare le contraddizioni del presente.
I Roses
Sommario
È un remake che, pur non raggiungendo la ferocia indimenticabile della versione del 1989, trova un suo spazio nel raccontare le contraddizioni del presente.