Che Povere Creature, il nuovo film di Yorgos Lanthimos presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, avrebbe fatto discutere, era già assodato. Che avrebbe presentato al pubblico una versione “twisted”, macabra e contorta del Barbie di Greta Gerwig – paragone lampante considerato che se ne parla come del “film dell’estate” per molteplici motivi – forse meno. Il suo Povere Creature è un’immersione grottesca in un world-building alla Del Toro e tra le pagine della letteratura gotica vittoriana, aggiornata alla sensibilità moderna.
Bella Baxter, tra Pinocchio e Barbie
Bella Baxter (Emma Stone) è una creatura al contempo madre e figlia: “recuperata” dallo scienziato Dr. Godwin Baxter dopo essersi suicidata buttandosi in mare, è stata riportata alla vita impiantandole il cervello del bambino che portava in grembo. La sua età fisica e mentale non coincidono: Bella assimila 15 parole al giorno, non ha filtri, deve imparare a camminare diritta, ma è imprigionata nel corpo di un’adulta. Un giorno, il giovane assistente del suo creatore (Ramy Youssef), si palesa nella loro dimora vittoriana con un compito ben preciso: dovrà annotare tutti i progressi di Bella, passo per passo. Aprendosi a questo nuovo legame e alla conoscenza di un dandy manipolatorio, Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), Bella scoprirà di avere un animo riflessivo e di voler partire per l’avventura alla scoperta del mondo.
Per Bella le cose sono belle da morte: la cultura della morte e della decadenza l’hanno plasmata, è stata cresciuta in una casa in cui è più normale sezionare cadaveri che interagire con persone in carne ed ossa. Con un lavoro egregio sulla messa in scena, trucco e costumi, Lanthimos ci apre al mondo di Bella, del cui progresso saremo noi spettatori a dover annotare tutto. Ci sentiamo, in quanto osservatori, un po’ padri e madri di questa creatura, proprio perché la reputiamo figlia, e ne giustifichiamo ogni modo d’essere. Si crea un livello di empatia con il personaggio interpretato magistralmente da Emma Stone, tanto da volerne giustificare ogni scelta e sfogo, da essere molto più indulgenti nei suoi confronti che nei nostri. Dopotutto, Bella rappresenta ogni possibilità, può tutto e vuole provare tutto, arrivando a sviluppare un livello di conoscenza tale per cui ogni sua considerazione potrebbe sostentare un decalogo per un nuovo mondo.
Povere Creature: creature in divenire
Incontrando qualcuno che, almeno in una fase iniziale, sembra capire il suo linguaggio, Bella salpa all’avventura, svolta narrativa che ingloba tratti del fantasy e del fantastico nella composizione filmica elaborata da Lanthimos e la sua crew. In questo viaggio, Bella utilizzerà e disferà i precetti della “polite society” vittoriani; capirà la correlazione tra alcuni pensieri degli uomini e le loro azioni; conoscerà la letteratura e la filosofia ma, soprattutto, la sua sessualità. Ci chiederemo spesso nella parte iniziale del film se Bella arriverà mai a provare vergogna, se raggiungerà una consapevolezza tale da limitarne lo spirito avventuriero: forse, arrivata a quel punto, Bella dovrà imparare a fare una cosa inedita: (ri)pensare al suo passato, un tempo a cui non ha mai appartenuto.
Povere Creature consacra la collaborazione tra Yorgos Lanthimos in regia e Tony McNamara (La Favorita, Cruella, The Great): scrittura e cinepresa cooperano per non lasciare mai lo spettatore più indietro del livello di consapevolezza di Bella. Ciò significa non tralasciare da parte dettagli scabrosi, scene di sesso e nudi integrali, dialoghi al limite dell’inverosimile ma pregni di sincerità. Come di consueto in Lanthimos, una traccia musicale portante ritorna più e più volte in funzione di svolte narrative che richiedono riconsiderazioni, tanto da parte dei personaggi, quanto dagli spettatori: una sorta di entità intermediaria, che fa sì che la decostruzione di questa povera creatura, bambola e mostro vittoriano, sia anche la nostra. Un’opera che rende affascinanti gli aspetti più brutali della nostra esistenza, gli istinti animaleschi, dimostrandoci che, forse, c’è uno spazio di realtà in cui questa nostra radice primordiale e il raziocinio possono coesistere. Una dimensione che Bella Baxter riuscirà a trovare, in cui forse riuscirà a costruire una sua idea di famiglia, e in ci invita ad abitare se, come lei, accetteremo di essere “no territory“.