Se Emilio Salgari potesse guardare oggi il nuovo Sandokan, ne sarebbe soddisfatto. È vero: Kabir Bedi, negli anni ’70, ha fatto la storia del personaggio più iconico dello scrittore veronese. E la sfida di Can Yaman era tutt’altro che semplice. Ma è innegabile che, guardando i primi due episodi della serie prodotta da Lux Vide, l’attore turco abbia vinto la sua scommessa. Il progetto aveva cominciato a prendere forma già nel 2021, per poi essere messo in stand-by.
Ha preso davvero vita nel 2024, quando in Calabria – nell’area industriale di Lamezia Terme – sono iniziate le riprese di quella che è stata subito definita una serie evento internazionale. E così è: non solo per il cast, composto da interpreti più che convincenti, ma anche per la sua portata visiva, in cui lo sforzo produttivo è tangibile e, va detto, ha dato i suoi frutti. Sandokan è stato presentato alla 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma, e noi lo abbiamo visto in anteprima nella suggestiva cornice della Sala Sinopoli. Con la regia di Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, andrà in onda su Rai 1 dal 1° dicembre. Nel cast l’esordiente Alanah Bloor, Alessandro Preziosi ed Ed Westwick.
Sandokan, la trama dei primi due episodi
Agli inizi dell’Ottocento, il Borneo – cuore selvaggio dell’arcipelago malese – viene devastato dalle fiamme. La tribù dei Dayak tenta disperatamente di difendersi, mentre un bambino osserva terrorizzato il proprio padre lanciarsi tra le braci, per proteggere il suo popolo. Anni dopo, nelle stesse acque che bagnano quell’isola, una ciurma di pirati guidata da Sandokan assalta una nave inglese. Il bottino è importante, ma lo è ancor di più la causa: combattere in nome della libertà. Tra i prigionieri, Sandokan incontra un sopravvissuto di una delle tribù dell’isola, che riconosce in lui lo “spirito della tigre” e gli rivela che il suo popolo è stato ridotto in schiavitù dagli inglesi.
Il pirata comprende così che la sua sete d’avventura è in realtà una missione: raggiungere la colonia britannica di Labuan e vendicarsi. Ma il destino lo precede. La sua nave viene colpita dai cannoni inglesi e lui si ritrova naufrago sulle coste di Labuan, soccorso da Marianne, figlia del governatore Lord James Guillonk. Per sopravvivere, però, si finge mercante. Nel frattempo, la sua ciurma – compreso il fidato Yanez – è stata catturata ed è in attesa di essere impiccata. Sandokan deve salvarli, senza farsi tradire dai sentimenti che nascono per Marianne e sfuggendo alla caccia spietata di Lord Brooke, il più temuto cacciatore di pirati del Regno.
Un’epica piratesca dal cuore italiano
La sigla firmata dagli Oliver Onions irrompe subito sullo schermo, fino a lasciare spazio alla prima inquadratura: un mare blu baciato dal sole asiatico. È lì che il racconto prende vita, senza preamboli, entrando nel vivo di una storia destinata a imprimersi. L’ingresso in scena del protagonista – che assalta una nave inglese mostrando abilità e destrezza da vero pirata – è già una dichiarazione d’intenti, perché ci fa intuire il tono della serie: ritmato, battagliero, dallo spirito famelico.
Se tra i due episodi il primo appare leggermente più debole – forse per la necessità di introdurre pubblico e ambientazione – è nel secondo che la narrazione prende slancio. Dimostrando piena consapevolezza di sé, di ciò che vuole raccontare e soprattutto del messaggio che intende veicolare: la libertà. Sandokan rappresenta questo. L’essere liberi, indomabili. Il non farsi imbrigliare da nessuna catena, né fisica né simbolica.
Una produzione estremamente curata
Lux Vide dimostra ancora una volta di saper ricreare le giuste atmosfere (I Medici ne sono un bellissimo altro esempio.) Merito non solo di una CGI ben dosata, mai eccessiva, ma anche dell’accuratezza maniacale nelle scenografie. La ricostruzione della Colonia di Labuan, per citare una location, è così credibile da far dimenticare che ci troviamo nel cuore della Calabria. Le coste della regione, con la loro bellezza selvaggia, insieme a quelle dell’isola di Reunion, diventano cornice ideale per le galoppate di Sandokan e Marianna, regalando allo spettatore l’impressione di trovarsi davvero su una spiaggia della Malesia.
Un effetto amplificato da una regia che sa valorizzare ambienti e ritmo, senza mai cedere all’artificiosità. Grande merito anche a Can Yaman, spesso sottovalutato, ma qui decisamente convincente. È credibile nei duelli, espressivo nei momenti di tensione emotiva, capace di restituire al personaggio sfumature e profondità. Se il confronto con Kabir Bedi poteva incutere timore, lui non cerca di replicare, ma di reinterpretare. Donando al nuovo Sandokan una fisicità carismatica, ma anche una dimensione interiore sfaccettata. Così riesce nell’impresa: rendere il personaggio originale e contemporaneo, senza tradire lo spirito dell’originale.
Un cast con alti e bassi
Diverso il discorso per i suoi comprimari. Alanah Bloor, al suo esordio come attrice, tenta di restituire a Marianna una miscela di dolcezza e ribellione. Ma il risultato è una figura troppo simile alla Elizabeth Swann dei Pirati dei Caraibi: una copia poco incisiva, fragile e ben poco convincente. La chimica con Sandokan resta blanda, mentre più interessante, invece, è l’interazione con Ed Westwick, che nel ruolo di Lord Brooke offre un’interpretazione ammaliante e torbida.
Un antagonista dal grande fascino, che funziona per contrasto e arricchisce le dinamiche narrative. Sorprende anche Alessandro Preziosi nei panni di Yanez. La sua interpretazione a tratti istrionica rende il suo Yanez attraente e divertente, dando modo anche all’attore di calarsi in un ruolo molto più sopra le righe, da cui ne esce vincitore. Promette così gran divertimento nel prosieguo della storia. Soprattutto quando interagisce con Sandokan.
Con questi primi due episodi, Sandokan si affaccia al pubblico con grinta, determinazione e un’idea chiara di ciò che vuole essere. Un’operazione perfettamente in bilico tra l’omaggio al passato, ma anche lo sguardo al futuro, parlando alle nuove generazioni senza tradirne la natura.
Sandokan
Sommario
Con questi primi due episodi, Sandokan si affaccia al pubblico con grinta, determinazione e un’idea chiara di ciò che vuole essere. Un’operazione perfettamente in bilico tra l’omaggio al passato, ma anche lo sguardo al futuro, parlando alle nuove generazioni senza tradirne la natura.