Quando si parla di violenza, si cade spesso nell’errore di credere che l’amore del carnefice verso la vittima fosse solo un amore “malato”. Ma non è così. È la società stessa ad essere costruita su un regime patriarcale e maschilista mai davvero smantellato. E nel panorama cinematografico contemporaneo, molti registi provano ad affrontare questi temi, alcuni con più coraggio di altri.
Andrea De Sica lo fa con Gli occhi degli altri, costruendo un film che parte dal desiderio e dall’erotismo per trasformarli, gradualmente, in ossessione e dominio. Il riferimento è diretto e dichiarato: uno dei casi di cronaca nera più noti in Italia, quello del marchese Casati Stampa. Abbiamo visto il film in anteprima al Cinema Giulio Cesare, in occasione della 20ª edizione della Festa del Cinema di Roma.
La trama di Gli occhi degli altri
Lelio è un marchese tutto d’un pezzo che vive in una villa a picco sul mare, su un’isola, insieme alla moglie, ed è solito organizzare feste e cene nel weekend con ospiti dell’alta borghesia. Durante una di queste incontra Elena, sposata con un suo amico, con cui inizia una relazione adultera. La stessa sera consumano un rapporto, osservati di nascosto da un domestico di Lelio, ma Elena non è turbata: quello scambio di sguardi sembra coinvolgerla. Su questa dinamica si costruisce la loro storia. Quando si separano dai rispettivi coniugi e si sposano, i due iniziano a filmare Elena mentre ha rapporti con altri uomini, sotto lo sguardo compiaciuto di Lelio. Un rituale voyeuristico che si rompe quando la donna attraversa un momento difficile che le cambia le priorità. Ma Lelio non ci sta: la vuole ancora “in forma”, esattamente com’era. E quando Elena si innamora davvero di un altro uomo, oltrepassando il confine del loro patto silenzioso, lui ne decreta la fine.
Tra potere, sguardo e possesso
Una fotografia dalla patina vintage ci proietta negli ultimi anni Sessanta, in un’atmosfera fredda e disturbante. Il sole che si riflette sulla villa a picco sul mare – spesso in tempesta – non basta a riscaldare ambienti segnati da un’inquietudine profonda, che cresce scena dopo scena. Lelio, interpretato da un impeccabile Filippo Timi, ha lo sguardo rigido, tagliente. Sin dai primi piani, il personaggio trasmette ambiguità e instabilità, che si amplificano nel momento in cui incontra Elena: da quel momento in poi, lei diventa il suo unico destino.
De Sica riesce a costruire tensione e apprensione attorno alla figura della nuova marchesa, e lo fa con una regia che lavora per progressione, puntando in primis sul concetto di voyeurismo fino ad arrivare alla violenza annunciata, dando una forma concreta a ciò che poteva essere il rapporto tra i due coniugi prima del celebre omicidio. Il punto di partenza è una dimensione erotica, dove desiderio e feticismo si intrecciano, dando vita a una relazione apparentemente libera, ma carica di presagi sinistri. Elena è inizialmente una donna avvenente, sicura del proprio corpo e del proprio desiderio, ma quella libertà si rivelerà presto una condanna letale.
Elena, da donna libera a oggetto
Elena rappresenta la libertà – mentale, sessuale, personale – di una donna che vuole essere se stessa senza dover pagare un prezzo. Ma, paradossalmente, proprio quella libertà diventa la miccia del suo annientamento. Nel momento in cui lei sceglie di cambiare, di non voler più essere protagonista dei video pornografici girati dal marito, di cercare un’altra via dopo aver affrontato un aborto, viene punita. Non ha più diritto di esistere come soggetto, ma solo come proiezione del desiderio altrui.
È qui che il film entra pienamente nella dimensione del thriller psicologico. Lelio diventa il suo carceriere emotivo. Un uomo solo, che si riempie di feste e registrazioni, che compra tutto: corpi, oggetti, attenzioni. Un despota sedotto dal proprio potere, che si arricchisce solo nel controllo, ma si impoverisce nella sua umanità. Elena, invece, prova a sottrarsi. Quando incontra un altro uomo, quando capisce cosa vuole davvero dalla vita, sceglie di chiudere con quella relazione. Ma non le è permesso. Perché è Lelio a tenere ancora in mano il copione.
Un thriller d’autore
Gli occhi degli altri è un film che funziona proprio per la sua scelta di non affrettare nulla. Restituisce ogni dettaglio, ogni incrinatura, con una pazienza quasi angosciante, fino a un finale che – pur noto – arriva come l’unica conclusione possibile. De Sica lavora per sottrazione, senza retorica, e affida tutto alla forza dei due interpreti. Jasmine Trinca è, come sempre, superba.
Un’attrice solida, mai prevedibile, che non ha paura di esporsi e concedersi. La sua Elena è piena di chiaroscuri, imperfetta ma viva, disperatamente attaccata a un’idea di autodeterminazione che la società (e il marito) non le permettono. Ed è supportata da un partner di tutto rispetto, Filippo Timi, che sa trovare il perfetto equilibrio tra l’essere un uomo di potere con tutto il suo appeal e carsima, e un personaggio disturbato, che scivola nell’abisso del delirio. Tutto con una naturalezza sconvolgente. Ed è proprio per questo che riesce nel suo intento: scuotere chi guarda.
Gli occhi degli altri
Sommario
Gli occhi degli altri è un film che funziona proprio per la sua scelta di non affrettare nulla. Restituisce ogni dettaglio, ogni incrinatura, con una pazienza quasi angosciante, fino a un finale che – pur noto – arriva come l’unica conclusione possibile.