suburbicon

La Mostra è sempre bellissima, ma non ci vivrei anche per un altro paio di motivi, su cui stavo giustappunto riflettendo. Il primo: uno pensa sempre (sempre, anche se ormai dovrebbe saperlo) che quando arrivi in proiezione presto e ti fanno sedere hai il miracolo di un quarto d’ora pè cazzi tua, in cui stare tranquillo, controllare le e-mail, scrivere post cazzoni come questo, messaggiare la fidanzata, magari schiacciare un pisolino estemporaneo in attesta che inizi il film. Invece no. Tocca fare i conti con gli scassacazzi che ti chiedono di alzarti ogni due secondi per prendere posto (che le file sono strettine, e tocca incastrarsi che manco al Tetris) e se, come me, hai esigenza di sederti laterale per andare al cesso in qualsiasi momento di emergenza è dura.

 

Anche perché, per la quinta legge di Murphy dopo servire la salute pubblica, proteggere gli innocenti, difendere la legge e non uccidere alcun membro dell’OCP, questi chiedono di entrare sempre dal mio lato della fila anche se poi si devono sedere al posto sull’estremo opposto. Non fraintendete, non sono un ipocrita: siamo tutti lo scassacazzi di qualcun altro, è solo che quest’anno questa cosa la sento particolarmente.

Il secondo: le maledettissime cuffiette per la traduzione simultanea della sala conferenze: non funzionano MAI. Il jack fa sempre contatto e per riuscire a captare qualcosa lo devi tenere fermo in posizioni assurde, che se ci aggiungi il fatto di essere costantemente stracarico di arnesi per il lavoro, dal computer all’iPad passando per il tradizionale blocco di appunti, e di vari giornali, giornaletti e cartelle stampa che ti ammollano spietatamente a ogni angolo della manifestazione, rende necessario un duro allenamento annuale con un maestro esperto di yoga. E spendeteceli du’ spicci. Voglio dire, li avete spesi per il documentario di Friedkin. Comprà un duecento audioguide usate dagli Uffizi no?

Altra sonora delusione, e oggi la possiamo dire perché la Carducci è tornata e non si parlotta degli assenti, è la sua disillusa promessa di portare con sé un drone personale per le riprese e soprattutto selfie aerei con gli animali famosi. Già immaginavamo epiche scene di autoperculamento iper-tecnologico, e che il drone cominciasse a prendere coscienza come HAL-9000, si innamorasse di lei e facesse un massacro per gelosia di tutti i suoi ammiratori, con ampi schizzi di sangue e materia cerebrale che avrebbero reso il red carpet ancora più vivace. E invece no, non lo ha portato.

C’è da dire, a parziale scusante, che in tempi di terrorismo far passare un drone potenzialmente carico di esplosivo per i serrati controlli di sicurezza organizzati per la Mostra (ieri un agente me guarda in faccia, con tutto che ho una barba da Imam e almeno quattro borse diverse appresso, e mi dice “ma no tranquillo, passa. Ho fiducia”) sarebbe stato quantomeno complicato. Però che diamine, una promessa è una promessa.

Carducci, te volemo bene lo stesso, ma non si fa. Avevamo pure preparato una roboante locandina, ve la mostriamo, perché le cazzate sono come il maiale, non si butta via niente. Anche se – altro colpo basso – i petali del red carpet che avevo inserito con estrema cura grafica (perché a ste cazzate ci tengo) come già vi avevo anticipato, non ci sono più. E per questo facciamo le rimostranze a Raucone, che qui su Terra 2 è il presidente della Biennale. Lui pure lo perdoniamo perché quest’anno la selezione dei film è particolarmente buona – anche se questo ci complica il lavoro: i film belli sono difficilmente perculabili).

Oggi per esempio è il giorno di Suburbicon, cinica e spietata visione di George Clooney su un’America degli anni cinquanta ma che ricorda da vicino quella di Trump, con gente che mette su muri per sfuggire alla visione dei negri, omicidi in famiglia, cose così. A me piace il film ma piace soprattutto Julianne Moore, per cui cerco di farmi una foto con lei decidendo di investire mezz’ora e non di più, seguendo anche l’onda di improbabili soffiate secondo cui a una certa precisa ora si dovrebbe trovare a un certo preciso posto. Date retta. So’ cazzate. In compenso è arrivata Milena Vukotic. Buttala via. Io la stimo tantissimo, come direbbe il compianto Paolo Villaggio.

Quindi la foto me la faccio con lei e alla Julienne me ce faccio le carote. Clooney si presenta sempre come un regista raffinato e un uomo di grande fascino e intelletto. Peccato il fiuto per la politica. Un anno e mezzo fa lo incontrai a Cannes per Money Monster e mi disse ‘tranquillo, Trump non vincerà mai‘ (true story). Complimentoni proprio. Come se non bastasse Vì è stata sequestrata da Alessandro Borghi col toupet per provare insieme una scena di Suburra – sì, oggi passano solo film che iniziano col prefisso ‘Subur’ – la serie, e anche se l’Isis ancora non si è fatta sentire le bombe arrivano. Ma sono d’acqua. Ieri non mi sono fracicato per miracolo, oggi vedremo. E come direbbe George – e forse pure Paolo Villaggio – ‘What else?’

Ang

- Pubblicità -