Jennifer Lawrence ha prodotto “Bread and Roses” dopo essersi sentita “impotente e frustrata” per le donne afghane represse

Jennifer Lawrence
Jennifer Lawrence al Festival di Cannes - Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Jennifer Lawrence e la sua partner di produzione Justine Ciarrocchi sono arrivate al Festival di Cannes per promuovere il primo documentario in assoluto della loro casa di produzione, Bread and Roses, uno sguardo straziante ed emozionante sulla vita delle donne in Afghanistan sotto il dominio talebano.

 

Dopo due decenni di occupazione americana, la nazione è caduta ancora una volta sotto il gruppo dei ribelli, che si è mosso rapidamente per privare le donne dei diritti fondamentali: libertà semplici come la possibilità di lavorare, apparire in pubblico senza un accompagnatore maschio e ricevere un’istruzione.

“Tutto è crollato ed è questione di giorni”, ha ricordato Lawrence a Variety. “Stavo guardando questo cambiamento da casa, dagli Stati Uniti, mentre la Roe v. Wade stava per essere ribaltata. Ci siamo sentiti impotenti e frustrati perché volevamo trovare il modo di portare queste storie fuori dal ciclo delle notizie della tv e farle entrare dentro la testa delle persone. Per aiutare le persone a essere consapevoli e a prendersi cura della situazione di queste donne”.

All’inizio della costruzione della loro società di produzione, Excellent Cadaver, Lawrence e Ciarrocchi hanno inseguito la regista afgana Sahra Mani (A Thousand Girls Like Me) per aiutarla a raccontare le storie sul campo delle donne represse. Il film finito, che è stato accolto da grande commozione alla sua prima mondiale sulla Croisette, è composto in gran parte da video girati dalle tre donne protagoniste. Una troupe cinematografica non poteva entrare in sicurezza in Afghanistan, né poteva farlo Mani, che lavorava all’estero quando i talebani hanno ripreso il potere.

“Alla regista sono state fornite riprese di donne che usavano i loro telefoni cellulari, c’era una persona di fiducia che occasionalmente faceva le riprese con i loro telefoni”, ha detto Jennifer Lawrence. Justine Ciarrocchi ha ricordato tutto il lavoro fatto per proteggere la regista e gli altri coinvolti nel film da possibili ritorsioni: “Sahra era fuori da Kabul da circa un mese quando è la città è caduta, era in Francia. La grande notizia ora è che tutti i nostri protagonisti sono al sicuro fuori dall’Afghanistan. Volevamo assicurarci che queste donne fossero al sicuro e che fossimo premurosi, mentre cercavamo di dare forma a un film. Si è trattato di una serie di responsabilità assurde per noi e un’esperienza completamente nuova”.

Lawrence e Ciarrocchi hanno anche osservato un effetto collaterale preoccupante generato dal filmato di queste donne che vivono in isolamento, danni psicologici dovuti alle restrizioni e all’impossibilità di uscire di casa: “Abbiamo dovuto assistere al ritmo di vita monotono della vita di una delle protagoniste, Sharifa. Da donne che sono sul posto di lavoro e si godono la libertà nella loro città con i loro amici: assistere al suo stress da reclusione è stato doloroso.”

Un altro personaggio centrale, una dentista di successo costretta a rinunciare al suo studio sotto il regime talebano, ha offerto a Jennifer Lawrence un nuovo angolo per apprezzare le proprie libertà: “Mi fa pensare a quando ero piccola, quanto odiavo andare a scuola. Diamo per scontato che l’istruzione sia una via d’uscita per queste donne. [Il nostro soggetto] si è spogliato di tutto e non può nemmeno uscire senza un accompagnatore. È un diritto da avere come essere umano, avere qualcosa da fare ogni giorno ed essere produttivo nella società”.

“Non c’è molto che ci separa da questi altri paesi”, ha concluso Jennifer Lawrence “La democrazia è tutto ciò che abbiamo e sta scivolando pian piano via. Dobbiamo rimanere concentrati sull’obbiettivo, ovvero le libertà individuali”.

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