I sette fratelli Cervi recensione del film di Gianni Puccini

I sette fratelli Cervi è il film del 1968 di Gianni Puccini con protagonisti nel cast Gian Maria Volonté, Don Backy, Riccardo Cucciolla, Renzo Montagnani, Carla Gravina, Serge Reggiani, Lisa Gastoni.

 


I sette fratelli Cervi recensione posterAnno:
1968

Regia: Gianni Puccini

Cast: Gian Maria Volonté, Don Backy, Riccardo Cucciolla, Renzo Montagnani, Carla Gravina, Serge Reggiani, Lisa Gastoni

Trama: Campegine, Reggio Emilia, 1943. Aldo, Agostino, Gelindo, Antenore, Ettore, Ferdinando e Ovidio sono i sette figli di Alcide e Genoveffa Cervi, una fiera ed unitissima famiglia contadina che da sempre affronta con dignità e orgoglio la dura vita da fittavoli. Fermamente cattolici, i sette ragazzi sono altresì da sempre avversi ai soprusi, alla guerra…al fascismo. Quando Aldo, il più carismatico ed istruito tra loro, allaccia un collegamento con il movimento partigiano attraverso la bella attrice Lucia Sarzi, i sette fratelli Cervi iniziano la “loro” battaglia contro tedeschi e fascisti. Costretti, ormai da mesi, alla macchia sui monti, torneranno per un ultima volta presso il casolare paterno dove cadranno in un’imboscata improvvisa. Condotti nelle carceri di Reggio Emilia non avranno il tempo di domandarsi quale futuro attendersi che per loro già si è deciso il più terribile degli epiloghi.

I sette fratelli Cervi

Analisi: I sette fratelli Cervi è un film di Gianni Puccini del 1968 basato sulla celebre quanto purtroppo vera, verissima storia di sette fratelli partigiani fucilati, uno accanto all’altro, in un freddo mattino del 28 dicembre del 1943.

Se per stendere il soggetto Gianni Puccini si è avvalso della collaborazione di Bruno Baratti, la sceneggiatura è stata impreziosita dalla penna “magica” di Cesare Zavattini, vecchio ed inseparabile braccio destro del De Sica “neorealista” del decennio precedente. I sette fratelli Cervi è un film che vuole, primariamente, raccontare e rendere omaggio a questi giovani martiri nella lotta per la libertà entrati da subito nell’immaginario collettivo come simbolo delle vittime della barbarie nazi-fascista.

Considerato anche l’anno “caldo” nel quale il film venne girato, possiamo arguire che i partiti di sinistra, soprattutto quella più anti-governativa, vollero utilizzare il film come strumento di propaganda politica e di lotta, una testimonianza visiva ed efficacissima per risvegliare antichi e sopiti sentimenti anti-fascisti.

I sette fratelli Cervi di Puccini può in parte rispondere a questa finalità ma in realtà esprime, con grande onestà intellettuale, quanto le gesta e le imprese di questi sette ragazzi fossero scollegate da qualsiasi logica di partito o da direttive superiori con cui anzi si sono sempre scontrati. Giovani, audaci, coraggiosi, onesti e antifascisti sì, ma anche credenti e mai veramente parte di un movimento politico particolare. Il film risalta in modo straordinario l’incredibile orgoglio di tutta la famiglia Cervi, un orgoglio ed una dignità trasmessa ai ragazzi da due straordinari genitori che per primi insegnarono loro a non piegarsi mai alle prepotenze e alle ingiustizie della vita.

Un cast di attori straordinari in cui risalta il solito ed immenso Gian Maria Volontè (Aldo) intenso e vibrante come il personaggio richiedeva; quindi citiamo Riccardo Cucciolla (Gelindo) il fratello più saggio ed anziano, la bella Lisa Gastoni (Lucia Sarzi) che interpreta con grande sentimento la convinta pasionaria attratta dall’audace e spontanea convinzione di Aldo, e non ultima Elsa Albani (mamma Cervi) semplicemente eccellente nella parte forse più difficile del film.

I sette fratelli Cervi non è il solito film di retorica anti-fascista e partigiana, non è un mero strumento di propaganda politica, ma è un film che con profondità ed onestà racconta una delle pagine più nere e vergognose della guerra civile combattuta nel nostro paese a partire dal settembre del 1943. Un film profondo ma anche essenziale, binomio che troviamo sintetizzato soprattutto nell’ultima drammatica sequenza, quella girata nel cortile del poligono di tiro di Reggio Emilia, il luogo della fucilazione. Una scena scarna e quasi monocorde, priva di musiche melense, primi piani forzati o altri artifici finalizzati a sollecitare l’emotività dello spettatore; una scena semplice e dignitosa così come fu piena di dignità la morte di questi sette fratelli.

- Pubblicità -