Bianco, rosso e Verdone: recensione del film di Carlo Verdone

Bianco, rosso e Verdone

Bianco, rosso e Verdone è il film del 1981 di e con Carlo Verdone, affiancato da Elane Fabrizi, Mario Brega, Irina Sanpiter, Angelo Infanti.

 

La trama di Bianco, rosso e Verdone

Inizio anni ’80, l’Italia va al voto. Furio, Mimmo e Pasquale si recano così a compiere il proprio diritto-dovere di cittadini; ma lungo il proprio percorso per giungere alle urne, saranno protagonisti di svariate vicende. C’è Furio Zòccaro, impiegato romano residente a Torino. Pignolo oltre ogni ragionevole possibilità, soffre di turbe maniaco-ossessive. Opprime la giovane moglie Magda ed i figli Antongiulio e Antonluca con ogni sorta di pedanti quanto inopportune puntualizzazioni. Per lui tutto è calcolabile senza possibilità di errore, ma  non ha fatto i conti con la pazienza di Magda…

Mimmo è invece il classico “bamboccione”, infantile ed immaturo nonché timido, che deve accompagnare sua nonna (Elena Fabrizi) dal nord-est a Roma, smaniosa di poter dare il proprio voto al PCI. Nel tragitto non mancheranno curiosi contrattempi e deviazioni, nonché incontri “particolari” con una bellissima turista dell’allora URSS, una squillo d’albergo ed un burbero camionista detto er Principe. Il rapporto fra i due parenti rivela la fragilità del giovane dinanzi alle vicissitudini della vita, che al contrario vengono affrontate con sagacia e saggezza popolare dall’energica nonna.

Infine c’è Pasquale Ametrano, stereotipo del classico sciatto, pacchiano e taciturno emigrante italiano in Germania, a Monaco di Baviera. Sopra il suo letto troneggia come immagine devozionale il rassicurante sorriso dello juventino Franco Causio. L’uomo lascia a casa la bionda teutonica consorte per recarsi al seggio di Matera, a bordo della propria Alfasud rossa. Spaesato in un mondo così diverso dalla tranquilla periferia tedesca e dall’Italia che aveva lasciato, appena messo piede sul suolo italiano inizia a subire una serie continua di furti e vessazioni. Silenzioso per tutto il film, si riscatta nel finale. 

Bianco, rosso e Verdone è il secondo film diretto ed interpretato da Carlo Verdone nel 1981. Come il precedente Un sacco bello (1980), che segna l’esordio di Verdone alla regia, il film vede l’alternanza di tre personaggi fortemente caratterizzati e stereotipati, interpretati dallo stesso regista e attore romano. Se nel primo film Verdone ironizza sui giovani di fine anni ’70, buffamente audaci, imbranati o ideologicamente disillusi, in questo lungometraggio si occupa degli italiani “adulti”, evidenziandone tre tipi: l’emigrato in Germania, il pignolo saccente e l’eterno mammone. Le loro vite viaggiano su binari paralleli, aventi però un’unica destinazione: i seggi elettorali. Nel corso dei rispettivi tragitti, saranno vittime di numerosi vicissitudini, che ne evidenziano in modo esorbitante ed esilarante i difetti.

Il pignolo Furio è una riproposizione del personaggio già presentato nel varietà Non stop (’ 77-’79) e ripreso successivamente nel film Viaggi di nozze ed il recente Grande, grosso e Verdone con nomi e storie diverse. Mimmo riprende invece a grandi linee la maschera di Leo nel precedente Un sacco bello; viene riproposto in Grande, grosso e Verdone sempre sotto il nome di Leo. Nuovo e mai più riproposto in altri contesti invece quello del silenzioso Pasquale.

La mitica scena finale dello sfogo di quest’ultimo al seggio, dopo aver subito in silenzio per tutto il film svariati furti, è molto attuale se si considera la disillusione e la voglia di “dirne quattro” ai nostri politici che hanno gli elettori italiani. Non a caso è ripresa spesso a simbolo del qualunquismo dilagante.

Oltre all’istrionico Verdone, il film viene arricchito dalla presenza della simpaticissima Sora Lella – all’anagrafe Elena Fabrizi, sorella di Aldo – che interpreta la vulcanica nonna di Mimmo, e del romanaccio doc Mario Brega, nei panni del camionista er Principe. Giusto segnalare nel cast anche la presenza di Irina Sanpiter: Magda, moglie di Furio; Angelo Infanti: il playboy Raoul, che seduce quest’ultima; Milena Vukotic: prostituta, nota ai più per aver interpretato la mitica Pina, moglie di Fantozzi. Il bersagliere che accompagna la nonna di Mimmo nel salire le scale per il seggio elettorale è interpretato da Stefano Natale, grande amico d’infanzia di Carlo Verdone ed attore in molti dei suoi film.

La produzione di questa commedia porta il nome prestigioso di Sergio Leone. In realtà, il grande Sergio era molto titubante e scaramantico nell’intitolare il film Bianco, Rosso e Verdone, in quanto nel 1972 uscì un film con Sophia Loren intitolato Bianco, rosso e… che non ebbe successo. Ma oltre al titolo Leone ebbe altre riserve legate ad alcuni interpreti e personaggi. Non era d’accordo infatti nello scritturare Elena Fabrizi per il ruolo della nonna a causa della sua salute precaria, temendo problemi durante le riprese, in quanto Elena era effettivamente diabetica. Vennero fatti provini con altre coetanee, ma nessuna convinse il regista quanto la Fabrizi. Le riserve di Leone vertevano anche sul personaggio di Furio, poiché temeva che questi potesse risultare odioso al pubblico. Prima dell’uscita del film, organizzò una proiezione privata in casa sua cui parteciparono, oltre a Verdone, Alberto Sordi, Monica Vitti e il calciatore Paulo Roberto Falcão; Sordi gradì molto il personaggio di Furio, sciogliendo così ogni riserva per il produttore Leone.

Infine, la pellicola presenta anche alcuni banali errori, percettibili comunque solo da un pubblico più attento. La locandina del film ritrae Pasquale che indossa erroneamente la t-shirt di Mimmo, distinguibile dal fatto che reca il suo nome. Ancora, nella scena notturna del Motel avente come protagonista proprio quest’ultimo, si intravede luce diurna penetrare dalle persiane.

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