La moglie di Frankenstein – recensione del film di James Whale

la moglie di Frankenstein

La moglie di Frankenstein è il film horror cult del 1935 diretto da James Whale e con protagonisti nel cast Boris Karloff, Elsa Lanchester, Colin Clive, Valerie Hobson, Ernest Thesiger

 

La moglie di FrankensteinIl prologo del film immagina che, come in occasione dell’invenzione del Mostro di Frankenstein, Mary Shelly, il marito Percy Bysse e Lord Byron si ritrovino nella villa ginevrina dove era stato ideato il romanzo originale,  con la scrittrice a narrarne l’ipotetico seguito.

Scampato all’incendio che concludeva il primo film, il mostro (Boris Karloff)  vaga per la campagna, salvando una ragazza dall’annegamento, unendosi brevemente ad un gruppo di zingari e infine, attirato dal suono del suo violino,  imbattendosi in un povero cieco che, ignaro delle sue fattezze, riconosce nella creatura un proprio simile e lo ospita nella sua baracca, accendendo in lui un barlume di umanità e cercando di fargli comprendere i concetti di ‘bene’ e ‘male’.

La moglie di Frankenstein – recensione del film di James Whale 

Nel frattempo, il professor Frankenstein (Colin Clive)ha giurato alla moglie (Valerie Hobson) di non riprendere più le ricerche che portarono alla creazione del mostro. Tuttavia l’incontro con un suo vecchio insegnante, il dottor Pretorius (Ernest Thesiger), cambia le cose:  questi, dopo avergli mostrato delle creature umane in miniatura (in una delle scene più suggestive e ancora oggi anche un filo disturbanti del film) frutto dei suoi esperimenti, gli propone di unire le forze per dare vita ad una nuova razza di superuomini. Frankenstein inizialmente rifiuta, ma quando Pretorius gli fa rapire la moglie, proprio dal mostro (i due nel frattempo si erano casualmente incontrati, e Pretorius aveva promesso alla creatura di dargli una compagna) è costretto a collaborare.  I due creano così la ‘moglie di Frankenstein’ la quale però, appena conosciuto il suo ‘promesso’ ha una reazione di totale ripulsa. Il mostro dà allora sfogo alla sua rabbia e, dopo aver permesso al professore e alla moglie di scappare,  distrugge il castello, sotto le cui rovine rimangono lui, la sua ‘sposa’ e lo stesso Pretorius.

La moglie di FrankensteinSecondo film della trilogia che si concluderà con Il figlio di Frankenstein, La moglie di Frankenstein è probabilmente anche migliore del primo film: ormai quasi del tutto svincolato dal riferimento letterario originale, James Whale assembla un film che, nato per ripetere il successo commerciale del primo, finisce per superarlo in profondità. Il ‘mostro’ intraprende un’evoluzione psicologica che gli farà prendere coscienza di sé, degli altri e del suo ‘posto nel mondo’; tutto questo grazie agli incontri (gli zingari, il vecchio vagabondo cieco) con altri appartenenti a categorie ‘reiette’, e utilizzando come strumento la musica (il violino del vagabondo), linguaggio ‘dell’anima’ che va oltre le apparenze.

La moglie di Frankenstein si fa dunque apprezzare sotto il profilo narrativo e, se vogliamo ‘ideale’, tuttavia allo stesso tempo soddisfa i palati degli appassionati dell’horror: Elsa Lanchester (una carriera lunghissima, cominciata negli anni ’20 e conclusasi all’alba degli ’80) è passata alla storia, ed entrata nell’immaginario collettivo dei cultori del genere – e non solo – con la sua chioma ‘sparata’ verso il cielo con le due candide striature saettanti ai lati, che per certi versi ha anticipato di quarant’anni e passa certe mode punk, è diventata un’icona, un’immagine poi riutilizzata dozzine di volte negli ambiti più disparati, specie in ambito musicale, con la sua immagine più volte usata per copertine di dischi, ma si può ricordare in proposito anche l’acconciatura di Marge Simpson, che ad essa pare in parte ispirata.

Nè,  si può dimenticare l’eccezionale parodia dell’incontro col violinista vagabondo utilizzata da Mel Brooks in Frankenstein Jr,  che ha contribuito ancora maggiormente a rendere l’originale un caposaldo.

A quasi 80 anni di distanza, La moglie di Frankenstein, ha forse perso un po’ di smalto, ma continua a rimanere un punto di riferimento essenziale del genere e uno dei punti più alti della felice stagione dell’horror anni ’30.

Il valore storico del film è stato ufficialmente riconosciuto nel 1998, quando la pellicola è stata inserita nel Registro dei Film della Libreria del Congresso Americano, diventando quindi un patrimonio nazionale.

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