Poltergeist: la recensione del cult horror di Tobe Hooper prodotto da Steven Spielberg

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Uscito nel 1982, Poltergeist è uno dei film horror più iconici della storia del cinema. Diretto da Tobe Hooper ma fortemente influenzato dalla visione produttiva di Steven Spielberg, il film rappresenta un raro esempio di equilibrio tra fiaba nera e blockbuster hollywoodiano. Con un incasso di oltre 74 milioni di dollari a fronte di un budget di 10,7, si impose subito come un successo mondiale e divenne un punto di riferimento per il genere horror soprannaturale.

Ancora oggi, la storia della famiglia Freeling perseguitata da presenze maligne all’interno della propria casa mantiene intatto il suo fascino, grazie a un mix di tensione, innovazione e tematiche universali che hanno ispirato intere generazioni di registi.

Trama: la famiglia Freeling e le presenze dell’aldilà

Steve e Diane Freeling vivono con i figli Carol Anne, Robbie e Dana in una tranquilla cittadina americana. Una notte, la piccola Carol Anne comincia a parlare con il televisore, annunciando ai genitori che “sono arrivati”. Da quel momento, la famiglia è vittima di fenomeni sempre più inquietanti, fino alla scomparsa della bambina, risucchiata da forze misteriose ma ancora udibile dall’interno della casa.

Disperati, i genitori si rivolgono prima a una parapsicologa e poi a un’esperta medium per tentare di riportare Carol Anne indietro e liberare la casa dalla maledizione. Ciò che ne deriva è una lotta disperata contro forze sovrannaturali che sfidano le leggi della ragione.

Poltergeist tra fiaba nera e blockbuster familiare

La grande forza di Poltergeist sta nella sua capacità di proporsi come un horror “per famiglie”. Nonostante la componente spaventosa, la pellicola mantiene un’impronta fiabesca: bambini come protagonisti, atmosfere domestiche, un male che irrompe nel quotidiano e lo contamina. È una fiaba malefica, confezionata con lo stile di un grande prodotto hollywoodiano ma capace di conservare un’anima inquietante.

Il televisore diventa simbolo di contatto con l’ignoto, anticipando tematiche che segneranno il cinema degli anni a venire: da Videodrome di David Cronenberg a Ringu di Hideo Nakata. Allo stesso tempo, la figura di Carol Anne richiama altri bambini “medium” della storia del cinema, come Danny di Shining.

Spielberg e Hooper: un equilibrio irripetibile

Nonostante i ruoli ben definiti, è impossibile non notare l’impronta di Steven Spielberg nella costruzione del film. L’universo domestico, l’innocenza dei bambini e l’uso spettacolare degli effetti speciali richiamano direttamente lo stile del regista di E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Tobe Hooper, celebre per Non aprite quella porta, porta invece in dote il suo sguardo crudele e il suo gusto per l’orrore viscerale. L’incontro tra le due visioni genera un equilibrio raro: un film che riesce a essere terrificante e popolare allo stesso tempo, senza mai cadere nella volgarità o nella pura exploitation.

Un cult immortale dell’horror

Grazie al successo commerciale e al forte impatto culturale, Poltergeist è diventato un cult assoluto. La sua influenza è riscontrabile in innumerevoli opere successive, dal cinema alle serie TV, e la sua iconografia – dalla piccola Carol Anne che parla con lo schermo televisivo fino alla vendetta finale degli spiriti – è ormai entrata nell’immaginario collettivo.

Il film ha avuto diversi sequel e un remake, ma resta l’originale di Hooper e Spielberg a incarnare quell’equilibrio perfetto tra intrattenimento, paura e riflessione sociale. Un titolo imprescindibile per comprendere l’evoluzione dell’horror contemporaneo.

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Sommario

Poltergeist di Tobe Hooper, prodotto da Steven Spielberg, è un horror cult che fonde fiaba nera e blockbuster, ancora oggi un riferimento per il genere soprannaturale.

Redazione
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