Arriva finalmente in sala Estranei, il film rivelazione dell’ultima Festa del Cinema di Roma, diretto da Andrew Haigh. La pellicola del regista inglese, distribuita da Searchlight Pictures e interpretata da un ristretto cast composto da Andrew Scott, Paul Mescal, Jamie Bell e Claire Foy, è tratta dall’omonimo romanzo di Taichi Yamada – autore giapponese recentemente scomparso.
Il film del cineasta britannico, giunto ormai al suo quinto lungometraggio, rappresenta dunque un interessante caso di intersezione culturale e mediale. E proprio per questa ragione abbiamo deciso di stilare una breve lista di differenze tra l’opera di Yamada e quella di Haigh. Manifestazioni diverse di una stessa esigenza: raccontare la solitudine.
Collocazione geografica
La prima grande differenza tra Estranei, il film di Andrew Haigh, e l’opera di Yamada a cui il lungometraggio si ispira è di natura puramente geografica. Se infatti l’opera letteraria dell’autore giapponese si alterna tra Tokyo e il distretto di Asakusa, la pellicola del regista inglese trasla il tutto nell’Inghilterra di Haigh, facendo muovere il protagonista tra nord e sud di Londra (Croydon). Tale “lontananza”, lungi dal risultare esclusivamente accessoria, si riflette in una serie di dettagli narrativi, di maggiore o minore importanza, che pur non intaccando il significato ultimo del racconto, aiutano la sua collocazione culturale. Se infatti sia Adam che Harada, i due protagonisti, sono sceneggiatori in crisi che abitano in un condominio sostanzialmente disabitato, diverso è invece il set-up dell’altra fondamentale location della storia.
La casa d’infanzia di Adam è la tipica villetta a schiera periferica occidentale, mentre quella di Harada è un appartamento inserito all’interno di “una casetta a due piani”, al quale si accede tramite “una passerella esterna” che corre lungo il primo piano, passando per l’ultima di tre porte. A questo possiamo aggiungere le naturali differenze in termini di regime alimentare, arredamento, momenti di condivisione familiare (il Natale di Adam vs la partita al Gioco dei fiori di Harada) ed etica professionale (il grande spazio dato al lavoro di scrittore di Harada). Tutti elementi che, nella loro semplicità e immediatezza, consentono al pubblico una più spontanea immersione emotiva e sensoriale all’interno dei confini di due ambientazioni agli antipodi.
Andrew Scott e Paul Mescal
Il secondo lampante punto di “distacco” tra Estranei di Yamada e Haigh risiede ovviamente nella composizione della coppia protagonista del racconto. A differenza di Harada, che poco tempo dopo il divorzio riceve la visita inaspettata di Kei – donna decisamente più giovane di lui – Adam viene (almeno apparentemente) strappato dalla monotonia delle sue giornate da Harry, ragazzo sulla cui età il regista sceglie di non soffermarsi particolarmente.
Quella che a primo impatto potrebbe apparire come un semplice switch tra una relazione di natura eterosessuale e una omosessuale, ha però implicazioni decisamente più importanti. Non solo Haigh riadatta lo scheletro narrativo di Yamada per portare avanti un discorso cinematografico a lui caro sin dagli esordi (pensiamo al Weekend del 2011), ma innesta, attraverso la modifica in fase di scrittura, un ragionamento sul coming-out – inteso, nel bene e nel male, come esperienza essenziale e fondativa per la vita di ciascuno – che dona uno sguardo nuovo al materiale del racconto e ne amplifica i risvolti sociali e familiari.
Adam non è solo un uomo che ha perduto prematuramente i genitori e rimpiange un rapporto mai sviluppatosi, ma è un ragazzo omosessuale a cui è stata portata via la possibilità di un confronto/scontro relativo alla propria identità. E che dunque, proprio per questa ragione, vaga disperso e senza alcun punto di riferimento.
Rappresentazione del contatto ultra-terreno
Arriviamo così alla differenza numero 3. Una differenza di natura rappresentativa. Parliamo cioè di come autore e regista hanno scelto di affrontare nella storia di Estranei il confronto tra i loro protagonisti e il mondo “al di là”, identificato nella casa di famiglia di Harada e Adam. Come difatti è facilmente intuibile a partire da un preciso momento di libro e film, i due sceneggiatori si ritrovano ben presto in contatto con una dimensione altra, abitata dai fantasmi dei loro genitori.
Tale contatto, che Andrew Haigh sceglie di sviluppare solo dal punto di vista psicologico, ha all’interno dell’opera letteraria un risvolto anche fisico: senza che Harada se ne accorga, le ripetute visite ai genitori in quel di Asakusa provocano infatti in lui un deperimento corporale – del quale tra l’altro l’uomo prende coscienza solo grazie alla preoccupazione manifestata dalla vicina/amante Kei e da un collega di lavoro; i quali lo portano, in un momento di realizzazione anche simbolica, a guardarsi veramente allo specchio e vedersi per ciò che realmente è diventato.
La scelta di Haigh di non riproporre a schermo questa vera e propria trasformazione è dettata, oltre forse che da una precisa volontà di eliminazione del grottesco, da un’ulteriore ragione: non percependo alcun danno apparente, Adam fatica a distaccarsi dalla possibilità di condivisione offerta da questo insperato ri-incontro. Ed è anche per questo che, differentemente dal libro, sono i genitori di lui a porre fine al loro tempo insieme e a comunicargli la necessità di “andare avanti”.
Culture agli antipodi
C’è un altro risvolto narrativo particolarmente importante che i due autori di Estranei hanno deciso di sviluppare in maniera differente, ed è il momento in cui i protagonisti confessano ai rispettivi interessi romantici le loro assidue visite ad Asakusa e Croydon. Se infatti Adam invita Harry a visitare la sua casa d’infanzia per ritrovarla poi chiusa e abbandonata (dal momento che i genitori si mostrano solo al figlio), questo non avviene tra le pagine di Yamada; all’interno delle quali Kei, venuta a sapere del contatto ultraterreno di Harada, lo spinge a interrompere questa frequentazione e a designarla come un qualcosa di malvagio e di inopportuno.
Frangenti agli antipodi, ma proprio per questo profondamente rivelatori: in Haigh il comportamento di Harry, apparentemente scettico, ma comunque solidale, appare verosimile – almeno in una prospettiva occidentale – e contribuisce a creare un senso di ambiguità che si trascina per tutto il film. Nel libro di Yamada quella che emerge è invece una spiritualità concreta di matrice prettamente orientale, comprensibile se calata in quello specifico contesto culturale. Una spiritualià che, come vedremo tra poco, ha conseguenze anche e soprattutto nel finale del racconto.
Spiritualità occidentale e orientale
Ed eccoci all’ultimo grande elemento di distacco tra le due versioni di Estranei prese in considerazione all’interno di questa analisi. Elemento rappresentato dalla sequenza che precede il finale del libro, ma si identifica come la vera e propria conclusione del film. La realizzazione del protagonista.
Al termine dell’opera, quando sia Adam che Harada hanno posto fine al rapporto ultra-terreno con i propri genitori, entrambi i protagonisti devono far fronte a una spiazzante scoperta: Harry e Kei in realtà sono fantasmi. Lo sono stati sin dall’inizio; o meglio dal momento in cui, in occasione della loro prima visita, sono stati momentaneamente allontanati da Adam e Harada a notte fonda e, lasciati soli, si sono tolti la vita per poi riapparire nelle vite dei protagonisti alla stregua dei loro genitori.
Nell’opera di Haigh il ritrovamento del corpo esanime di Harry è seguito da un’ultima apparizione del ragazzo, nel segno di quell’ambiguità e di quella solitudine mista ad amore e speranza che contamina l’intero film. Yamada invece mette in scena un vero e proprio confronto/scontro tra Harada e Kei, in cui quest’ultima (spinta forse da rabbia e rimpianti) dichiara di voler trascinare con sé il protagonista, rivelando – prima della resa finale – un carattere maligno mai mostrato in precedenza.
Ancora una volta, come preannunciato, emerge sul finale di Estranei una distanza culturale tra le due opere che si palesa nella differente concezione del mondo degli spiriti tra occidente e oriente. Da una parte il “conforto”, dall’altra un’inquietudine che conduce a una presa di consapevolezza. Modi diversi di percorrere strade simili e raccontare un senso di solitudine che, al contrario, non conosce latitudine.