Il Gattopardo: le differenze fra la mini-serie e il film di Luchino Visconti

Politica e Storia sono al centro della pellicola di Visconti del ‘63, mentre l’amore, l’ambizione e l’emancipazione femminile sono i punti cardini della produzione Netflix

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“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, diceva il Tancredi di Alain Delon ne Il Gattopardo di Luchino Visconti. Era il 1963, un periodo florido per il cinema italiano, e il film del regista fu presto definito il capolavoro di un kolossal che voleva raccontare la decadenza e la progressione. Qui, Tancredi, nella villa Salina, pronuncia una frase che diventa simbolo e rappresentazione di ciò che è il nucleo del romanzo di Lampedusa.

Nella nuova serie Netflix (qui la nostra recensione), prodotta da Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli, Marco Cohen, Benedetto Habib e Alessandro Mascheroni per Indiana Production, e da Will Gould e Frith Tiplady per Moonage Pictures, il Tancredi di Saul Nanni pronuncia le stesse parole allo “zione”, ma mentre è a cavallo, con una Sicilia baciata da un caldo sole che si staglia all’orizzonte. E qualcosa, in fondo, nella mini-serie è cambiato rispetto alla sua versione filmica.

Se infatti Il Gattopardo di Visconti è risultato essere uno degli adattamenti più fedeli della sua carriera da regista, quello diretto da Tom Shankland, affiancato da Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti, ha uno sguardo molto più moderno, dando il fianco a quelli che sono, ad oggi, i temi più sentiti dal pubblico, accogliendo così un nuovo punto di vista.

Tra la Concetta di Benedetta Porcaroli e quella di Lucilla Morlacchi

Poche battute, poche scene, pochi sguardi. Visconti non si sofferma mai realmente sulla figlia del Principe di Salina. Un personaggio marginale, che si muove quasi inosservato, se non per quei pochi dialoghi e atteggiamenti — come la cena a Donnafugata — in cui cerca di guadagnarsi una posizione. La Concetta del 1963 non è essenziale, perché la storia vira verso altre acque, quelle più storiche e politiche, e gli occhi e i pensieri sono quelli di Don Fabrizio.

Ben diversa è la Concetta del 2025, che si appropria molto più spesso dello schermo, emergendo. La sua vuole dirla a tutti i costi, non importa se con un comportamento deciso — come tornare in convento — o con dure parole nei confronti del padre. La Concetta di Benedetta Porcaroli diventa uno dei perni centrali de Il Gattopardo. Con lei c’è tutto quello che ci è caro oggi: l’emancipazione, il bisogno di lasciarsi andare ai piaceri del corpo, la necessità di vivere di luce propria e non all’ombra di un uomo e, soprattutto, affermarsi. Facendo così diventare la storia uno strumento che parla in presa diretta con le generazioni di oggi, dichiarando apertamente il suo stile fresco e la sua capacità di intercettare lo spirito dei tempi.

Il Gattopardo
Benedetta Porcaroli ne Il Gattopardo – Credits: Netflix/Lucia Iuorio

Don Fabrizio Corbera: due facce della stessa medaglia

La decadenza della classe aristocratica e l’immobilismo nel tentativo di mantenere il proprio potere, sono invece incarnati dal Principe di Salina, che nel film e nella serie TV assorbono le trasformazioni della Sicilia e dell’Italia in modi differenti. Burt Lancaster non era la prima scelta di Visconti. A puntare il dito sul divo di Hollywood è Goffredo Lombardo, fondatore della Titanus, sotto il giudizio poco favorevole del regista. Lancaster, però, dà al protagonista un carattere molto energico, con una verve e un fuoco dentro tipici di un siciliano, che funzionano nell’ottica di avere la politica e la Storia al centro della narrazione. In più, a dare ancora più forza a Don Fabrizio è il doppiaggio italiano — soluzione necessaria essendo Lancaster di lingua inglese, ma anche logica, dovendo rappresentare un uomo vissuto in quella terra da sempre.

La sua controparte seriale, interpretata da Kim Rossi Stuart, poteva invece contare su uno sforzo linguistico proprio. Pur non avendo acquisito una vera e propria cadenza siciliana, in questo caso risulta meno evidente. Questo perché il Principe dell’attore romano è un Principe molto più misurato e solenne. Preda di un dualismo che oscilla tra l’amore e la rigidità, e che scaturisce da una fiamma meno intensa, Kim Rossi Stuart ha offerto al pubblico una versione diversa del protagonista. Qui sono l’equilibrio e la compostezza a prevalere, conferendo a Don Fabrizio una regalità un po’ più accentuata.

Il Gattopardo
Kim Rossi Stuart ne Il Gattopardo – Credits: Netflix/Lucia Iuorio

Dal margine alla centralità: Tancredi e Angelica

Un discorso simile si può applicare alla coppia Tancredi e Angelica. La bellezza e il carisma di Claudia Cardinale e Alain Delon sono impareggiabili. Ma è pur vero che rispetto a Saul Nanni e Deva Cassel hanno molto meno spazio per emergere. Nel nuovo Il Gattopardo c’è più modo di esplorare quelle che sono le loro passioni, ma anche le loro ambizioni. E sono proprio i nuovi Tancredi e Angelica a essere portatori di un altro tema cardine: il sacrificio in nome del successo sociale e politico.

Impossibile fare confronti, è chiaro, perché bisogna ammettere che gli attori di Visconti hanno il fascino e la bravura necessari per i ruoli affidatigli, ma va apprezzato l’impegno dei giovani della serie Netflix, che hanno dovuto comunque superare più di una barriera nel confronto continuo con loro. Qui diventa chiaro il rapporto fra i due, non condito solo di amore e sfarzo, ma anche di compromessi, di bocche chiuse e sguardi bassi. Di verità nascoste e indicibili, impregnate solo del desiderio di arrivare lontano, a qualsiasi costo, e non importa con quali strumenti.

Il gattopardo di Luchino Visconti

Colonna sonora e costumi

Sul lato puramente tecnico-artistico, invece, c’è un filo diretto fra Il Gattopardo del 1963 e quello del 2025. A realizzare tutti i costumi del film di Visconti c’è Piero Tosi (candidato l’anno successivo agli Oscar nella categoria Miglior costumi), uno dei più grandi costumisti del cinema italiano, che per la sua produzione studiò minuziosamente e nel dettaglio la moda dell’Ottocento, utilizzando tessuti d’epoca per dare alla pellicola la maggiore autenticità possibile.

La Sartoria Tirelli fu quella che si impegnò a realizzare la maggior parte dei costumi di scena al fianco di Tosi, e per la serie Netflix torna a dare il suo contributo insieme alla sartoria Costumi d’Arte. Sia per le figurazioni che per i protagonisti, ogni costume di scena è stato curato da Edoardo Russo e Carlo Poggioli, entrambi ispirandosi a ciò che ritengono il grande maestro: Tosi.

Il Gattopardo

La Titanus, Netflix e il tax credit

Ma la differenza più rilevante che c’è fra Il Gattopardo del ‘63 e la mini-serie, sta nella sua produzione. La realizzazione del film di Visconti, infatti, provocò un’enorme crisi alla Titanus, la casa di produzione e distribuzione cinematografica che deteneva i diritti di Lampedusa. Quel che gravò sulla Titanus furono gli elevati costi, dal cast internazionale agli attori teatrali scelti, fino alle scenografie elaborate e ai costumi storici. Non dimentichiamo che Visconti, così attento a ogni minimo dettaglio e perfezione nella scena, si faceva mandare ogni giorno fiori freschi da Sanremo per abbellire i suoi set. Il problema principale fu che, nonostante la vittoria della Palma d’Oro a Cannes e il David di Donatello assegnato a Lombardo, la Titanus non riuscì a coprire i costi sostenuti, con il risultato di dover fare un passo indietro nell’industria per alcuni anni.

Il Gattopardo
Deva Cassel ne Il Gattopardo – Credits: Netflix/Lucia Iuorio

Per Il Gattopardo di Netflix, invece, le cose sono andate diversamente. Netflix ha investito più di 40 milioni per permettere al progetto di vedere la luce, ma l’aiuto sostanzioso è arrivato dal tax credit, come ha voluto sottolineare Eleonora Andreatta — Vice Presidente per i contenuti italiani di Netflix — al Teatro dell’Opera di Roma, dove il 3 marzo si è tenuta la premiere della mini-serie con il cast, ringraziando per di più il Ministro della Cultura, presente in platea.

Valeria Maiolino
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano. Articolista su Edipress Srl, per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”.
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