L'estate in cui imparammo a volare 2 recensione serie

Maggie Friedman è tornata a raccontare i drammi delle inseparabili Kate e Tully con L’estate in cui imparammo a volare 2, adattamento dell’omonimo romanzo drammatico-sentimentale di Kristin Hannah. Fedeli, come nel rapporto dei loro personaggi, anche le rispettive interpreti, Katherine Heigl e Sarah Chalcke, le quali sembrano nate per interpretarne i ruoli grazie soprattutto alla chimica sullo schermo.

 

In questa seconda stagione le attrici hanno dovuto confrontarsi con una storia dall’evoluzione molto più angosciosa e intricata rispetto alla prima stagione in cui Tully e Kate devono affrontare una crisi profonda che rischia di distruggere irreparabilmente il loro legame. Netflix ha rilasciato la prima parte della serie il 2 dicembre, mentre la seconda è prevista per l’8 giugno 2023.

L’estate in cui imparammo a volare 2, la trama

Sono gli anni ’70. Tully (Katherine Heigl) non vive più a Firefly Lane e perciò è costretta a scambiarsi delle lettere con Kate (Sarah Chalke) per poterle parlare. Il ritrovo di una foto però fa nascere in Tully il dubbio che l’uomo sull’immagine insieme a sua madre Nuvola (Beau Garrett) possa essere il padre, e così decide di partire insieme a Kate per poterlo conoscere. Negli anni ’90, le due giovani amiche sono alle prese con amori che sbocciano, contrasti e carriera, specialmente quella di Tully, che con l’aiuto dell’amica vuole arrivare ad avere il posto come conduttrice nel programma della redazione per cui lavorano, decisa a sfondare nei talk show.

Nel presente, datato 2004, Kate soffre per la separazione dal marito Johnny (Ben Lawson), mentre Tully deve affrontare la dura verità riguardo alla famiglia del padre e il suo passato, decidendo perfino di realizzare un documentario sulla ricerca. Un incidente improvviso mette però in crisi il rapporto fra le due donne, che dopo trent’anni di amicizia si trovano di fronte ad un vero e proprio bivio.

Il punto di rottura

La storia si riaggancia agli eventi lasciati in sospeso nella prima stagione, riprendendo la struttura dei tre archi temporali: 1970, 1990 e gli anni 2000. Le date, mostrate in sovrimpressione solo in determinate sequenze, scandiscono il periodo adolescenziale e adulto delle protagoniste, mentre si destreggiano nei problemi prima scolastici e poi lavorativi che le forgiano in quanto donne. La struttura narrativa della prima parte di L’estate in cui imparammo a volare 2 ha come punto di rottura principale un incidente, del quale alla fine di ogni episodio viene raccontato uno specifico momento, fino a quando non si arriva allo svelamento nel finale. È attorno a questa vicenda che ruotano tutte le altre, e mentre la lancetta del tempo scorre avanti e indietro, tutti i dissapori di Tully e Kate vengono svelati fino alla crisi ultima delle due.

Questo meccanismo di navigazione, in cui sono i flashback a prevalere, è servito per dare ancor più tridimensionalità alle protagoniste, spiegando le ragioni delle loro scelte e permettendo a chi le guarda di entrare a trecentosessanta gradi nel loro rapporto intimo, identificandosi con loro e rendendo così il climax finale più emotivamente sconvolgente. Seppur la trama si basa su una sceneggiatura fluida ed efficace nella sua semplicità, non è esente da alcune pecche a livello di diegesi.

L’esplorare continuamente il passato di Tully e Kate, specie quello adolescenziale, si perde in alcune dinamiche già analizzate nella prima stagione. Nonostante l’intreccio delle tre fasi del loro percorso sia la caratteristica più peculiare della serie, è anche vero che alcune sequenze l’abbiano appesantita e rallentata, restituendo un prodotto decisamente troppo lungo, che si sarebbe potuto evitare tagliando i segmenti non essenziali della storia.

Un’amicizia in cui “non bisogna dire mi dispiace”

In amore non bisogna dire mi dispiace. È questa la frase che Tully e Kate si ripetono spesso negli episodi della prima parte di L’estate in cui imparammo a volare 2. Le protagoniste hanno alle spalle un rapporto di più di trent’anni e questo, come spesso ribadiscono, è paragonabile ad una relazione sentimentale e come tale il prezzo da pagare è sempre alto.

La cifra dominante di tutta la serie è la loro radicata amicizia, analizzata in tutte le sue sfaccettature e incrinature per coglierne l’aspetto positivo e negativo. Tully e Kate sono due facce della stessa medaglia, l’una l’opposto dell’altra, ed è grazie al loro essere agli antipodi che riescono a rimanere unite, completandosi. Ma un’amicizia così forte, in cui si vive in simbiosi, non può che portare ad emozioni eccessive, siano queste piacevoli o meno.

È su questo concetto dell’eccesso che si gioca tutta la partita, poiché se è vero che un’amicizia tanto solida può essere una salvezza, è anche vero che allo stesso modo sia fonte di distruzione. Attraverso i loro diverbi, le rinunce, i sacrifici, la serie lancia un messaggio specifico: poter condividere un legame così intimo con una persona è un dono raro, purché con essa si trovi un equilibrio che freni, quando è necessario, il sovrastare di una sull’altra seppur inconsciamente.

Tully, uno schiaffo in faccia al patriarcato

L’estate in cui imparammo a volare 2, esattamente come accadeva nella prima stagione, è piena di cliché. A volte la loro presenza spegne la vivacità della narrazione, ma molto spesso queste dinamiche comuni sono inserite in modo funzionale nel contesto trattato e servono per avvalorarne lo sviluppo. La serie punta a essere un manifesto del femminismo, in questo caso rappresentato dalla sagace e avvenente Tully Hart. Molto della trama decide di virare sulla crescita della giornalista, attraversando i suoi momenti di up e di down, ponendo molta attenzione sul suo cammino alla ricerca di se stessa.

In un mondo maschilista e patriarcale, in cui le donne sono viste come oggetto del desiderio di un uomo e, ancora peggio, incapaci di potersi cimentare in determinate carriere, Tully diventa la dimostrazione che solo non assoggettandosi a qualcosa o qualcuno ma piuttosto lottando per i propri principi e ideali, si può dimostrare l’esatto opposto. Nel suo percorso a ostacoli, Tully riesce ad arrivare al traguardo nonostante le ferite, il sudore e le lacrime, trasformando le cicatrici nel suo punto di forza. La protagonista dimostra così che il pregiudizio e le critiche spronano a combattere ancor più ferocemente per quello in cui si crede, se lo si crede, e non ad arrendersi alle provocazioni.

L’estate in cui imparammo a volare 2 è un prodotto che continua a portare avanti tematiche ancora essenziali e contemporanee, come l’indipendenza delle donne e l’importanza della loro voce nel mondo, oltre che veicolare un bel messaggio d’amicizia. È chiaro però che la palese diluizione degli eventi è il segnale che la storia sente il bisogno di trovare una degna conclusione.

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RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Valeria Maiolino
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Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.
lestate-in-cui-imparammo-a-volare-2In questa seconda stagione, i cui toni diventano ancor più cupi e tragici, Kate e Tully devono superare una crisi molto profonda che rischia di mettere a repentaglio il loro rapporto. La storia diventa perciò un inno all'amicizia e al suo equilibrio, seppur ci siano alcuni elementi nell'impianto narrativo che confermano la difficoltà del prodotto di continuare a progredire in modo logico e dinamico.