MerPeople, la recensione della docuserie su Netflix

Diretto da Chyntia Wade, il documentario segue la vita e la carriera delle sirene professionali, dai momenti di down a quelli di successo

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Nel 1989, la Disney regala a tutto il mondo una storia intramontabile: La Sirenetta. Da allora, intere generazioni di bambine, ma anche di bambini, hanno sognato di poterlo essere. Cosa? Una sirena, ovviamente. Eppure la magia, ad un certo punto, ha dovuto retrocedere per dare il passo alla realtà, in cui queste affascinanti creature marine non esistono. O forse sì. Netflix porta in catalogo MerPeople, nuova docu-serie che racconta una storia affascinante, nella quale magia e realtà si mescolano, incanalandosi in alcune figure dalla grande fascinazione e appeal: le sirene professioniste.

 
 

I quattro episodi, incentrati ognuno su un aspetto di questo business, sono diretti da Chyntia Wade, la quale attraverso questo racconto getta una luce su un mondo sfaccettato, strabiliante e faticoso. Fatto di persone che sacrificano tutta la loro vita per poter svolgere questo lavoro, e che ci credono talmente tanto da andare contro qualsiasi cosa, anche la famiglia. MerPeople arriva in piattaforma proprio al momento giusto, considerata l’uscita del nuovo remake in live action Disney: La Sirenetta, appunto.

MerPeople, la trama

Il documentario ruota attorno a cinque principali storie: Eric Ducharme, ragazzo omosessuale e con la sindrome di Tourette, fondatore dell’azienda Mertailor, lavoratrice di code da sirena personalizzate; Morgana Alba, fondatrice del Circus Siren Pod, Sparkles, artista che cerca di seguire la strada della sirena professionista, affrontando ostacoli, delusioni e sconfitte; Ché Monique, fondatrice di The Society of Fat Mermaids; Blixunami, una persona non binaria che sfoggia tutta la sua vena artistica nelle performance, nel trucco e nella sua coda coloratissima. Ognuno di loro racconta la propria storia, le difficoltà affrontate una volta intrapresa la professione, analizzando il background che li ha spinti, poi, ad essere sirene. A lavorare in un mondo in cui appartengono, mentre il contorno non li accetta.

Nuotare, nuotare, nuotare!

Fra le tante proposte Netflix fin’ora disponibili, MerPeople è di sicuro una di quelle più interessanti, insieme alla docuserie Volo MH370, seppur abbiano tagli e toni diversi. La scelta di far conoscere questa industria – da circa 500mila dollari – in continua espansione non può che considerarsi furba proprio per la sua tematica attrattiva, ma anche – quasi – promozionale per il settore di cui si parla. Perché per quanto siano tante le persone che (negli Stati Uniti) siano spinte dal desiderio di essere una sirena a tutti gli effetti, la verità è che questo mondo non è ancora conosciuto a molti e, come sottolineano alcune intervistate, offre poco lavoro. Quel poco per, forse, riuscire a pagare le bollette. Ma a volte neanche quello.

L’universo delle sirene professioniste è comunque molto vasto, e Chyntia Wade lo sciorina da diverse prospettive: gli artisti, i fondatori di club professionali e i fabbricanti delle bellissime code con cui i performer nuotano in diverse acque: piscine, vasche e addirittura l’oceano. Ognuno di loro regala un punto di vista diverso, nel quale si ritrovano le difficoltà affrontate durante il percorso, i background familiari complessi, ma anche i pensieri comuni, fra questi l’amore verso le sirene e verso un’arte – definita tale da molti – riuscita a scaldare il cuore di tanti bambini, perché capace di non interrompere la magia sprigionata dal mito, continuando a far sognare a occhi aperti.

Essere sirene è difficile, ma non impossibile

Essere guardati con pregiudizio e non andare oltre l’apparenza è però uno dei problemi che il mondo delle sirene professioniste deve subire, poiché visto – ma solo da alcuni – con distacco e scetticismo. Ma come dimostrano alcuni artisti, fra questi la sirena Sparkles che ha una storia in primo piano all’interno di MerPeople, è un lavoro che richiede anni di preparazione per le immersioni subacquee. Si va incontro a tutto una volta intrapresa la “carriera”: infezioni, PH delle piscine sbagliati che provocano danni agli occhi, minuti in apnea, esibizioni difficili, ipotermia. Lo ribadisce anche Morgana Alba, fondatrice del Circus Siren Pod (sirene professioniste d’élite): le performance sott’acqua a volte sono persino pericolose. Ogni artista deve affrontare un ostacolo nel momento in cui non è più in superficie, nel suo habitat naturale, e spesso si ritrova a dover nuotare con altre specie marine, squali compresi.

Ma per restituire al pubblico la giusta emozione, travolgendolo nell’atmosfera suggestiva e nella mitologia delle creature che rappresentano, i professionisti devono far sembrare tutto reale, anche nei movimenti che devono essere sinuosi e mai forzati. Mantenendo poi un’espressione distesa e carismatica, nonostante magari l’acqua sia fredda. Essere sirene richiede concentrazione, connessione con il proprio corpo e con lo spettatore, sfide con se stessi. Ma, come dimostra il fondatore di Mertailor, una delle aziende più grosse di produzione di code, Eric Ducharme, diventa anche dimensione salvifica, luogo di pace, estensione del proprio io, e terapia – o medicina – delle malattie. Come la sua, la sindrome di Tourette, che lo stesso Ducharme è riuscito a gestire solo stando a contatto con l’acqua e facendo quello che amava più di ogni altra cosa: la sirena.

L’intento di Chyntia Wade, percepitosi in tutto il prodotto, è dunque quello di far vivere fra le quattro pareti dell’inquadratura una magia immortale, sospinta da sempre dalla bellezza che questa mitologia, antichissima, sprigiona. E portare all’attenzione una comunità in cui molte persone si ritrovano, sentendosi nel posto giusto, a fare la cosa giusta, con i colleghi che arrivano a considerare famiglia. Seppur alcune storie di MerPeople, rispetto ad altre, scorrano troppo veloci e alcune si frammentino un po’ troppo spesso riducendo la fluidità della narrazione, il risultato risulta comunque discreto e convince. A essere altalenante è invece il montaggio, definito nelle scene sott’acqua, e disorientante invece nel passaggio da una storia all’altra a causa delle brusche interruzioni. A trapelare però, più che l’intreccio e la messa in scena a volte poco curata, è la sua anima pura, con la conferma che spesso sono le professioni apparentemente inutili, ad essere le più significative nell’impatto che hanno sia su se stessi, che sull’altro. Basta guardare oltre, in profondità.

Sommario

Chyntia Wade porta sul piccolo schermo una storia non ancora conosciuta al pubblico, quella delle sirene professioniste, e in un racconto a cuore aperto mostra il dietro le quinte di un lavoro faticoso, in cui tutti gli artisti affrontano difficoltà e momento di sconforto per una carriera che, però, li fa essere loro stessi. Trovando in essa una comunità a cui appartenere.
Valeria Maiolino
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano. Articolista su Edipress Srl, per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”.

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Chyntia Wade porta sul piccolo schermo una storia non ancora conosciuta al pubblico, quella delle sirene professioniste, e in un racconto a cuore aperto mostra il dietro le quinte di un lavoro faticoso, in cui tutti gli artisti affrontano difficoltà e momento di sconforto per una carriera che, però, li fa essere loro stessi. Trovando in essa una comunità a cui appartenere.MerPeople, la recensione della docuserie su Netflix