A partire dal 5 giungo, Disney+ ci riporta in una galassia lontana lontana con The Acolyte: La Seguace, nuova mini serie ambientata nell’universo di Star Wars che, come accaduto raramente dal 2015 a oggi, porta il franchise in territori nuovi e inesplorati, sfidando la sacralità della teologia starwarsiana e provando a dare nuova linfa vitale a questo mondo. Da quando la Disney ha rimesso mano a Star Wars con Il Risveglio della Forza, due soli prodotti sono riusciti ad avere il coraggio di tracciare percorsi alternativi a quelli disegnati da George Lucas.
Vitalità e flessibilità per ottenere longevità
Il primo è stato Gli Ultimi Jedi di Ryan Johnson, che, per quanto contestato dal pubblico, è riuscito a spostare l’attenzione dagli eroi Jedi predestinati, cercando di veicolare un messaggio nuovo, ovvero che la Forza può agire attraverso chiunque e non ci sono legami di sangue o di stirpe che determinano il destino degli eroi, chiunque può diventarlo. Il secondo prodotto che ha osato camminare fuori dai binari canonici è stato Andor di Tony Gilroy. Anche qui si è assistito a una decostruzione della predestinazione e il racconto di fantascienza è diventato un dramma politico dove le azioni collettive hanno molto più valore del singolo atto eroico. Entrambi i prodotti non sono stati trai più amati o seguiti, ma sicuramente hanno dimostrato una vitalità e una flessibilità che la volontà di longevità del brand richiede per poter andare avanti.
The Acolyte: La Seguace è completamente indipendente
The Acolyte: La Seguace si differenzia profondamente da entrami questi prodotti che abbiamo citato, tuttavia li eguaglia nella volontà di raccontare storie che sono totalmente indipendenti dai grandi personaggi del franchise e che pur incastrandosi alla perfezione nella continuity di Star Wars, ne rifuggono ogni schema e struttura già raccontata in questi lunghi anni. La serie, creata da Leslye Headland di Russian Doll, condivide con i predecessori citati la volontà di dare la propria interpretazione alla tradizione sacra.
Nei primi quattro episodi messi a disposizione della stampa, The Acolyte: La Seguace trova l’equilibrio tra gli elementi classici della tradizione di Star Wars che gli conferiscono un fascino identitario e intramontabile e i nuovi elementi aggiunti al canone, personaggi, pianeti e circostanze. Così facendo dimostra di aver appreso una lezione importante: non è necessario riciclare parti della narrativa principale per rendere avvincenti le sue avventure periferiche.
Una storia completamente
originale
Ambientato un secolo prima del crollo della Repubblica in una sorta di prequel dei prequel di George Lucas, The Acolyte: La Seguace si apre come un mistero. La Maestra Jedi Andara (Carrie-Ann Moss) si confronta con una guerriera (Amandla Stenberg) che nutre un rancore personale contro di lei e contro altri tre maestri Jedi. Dopo il loro scontro, ci viene introdotta, in un altro contesto, la meccanica navale Osha (anche lei Stenberg), un ex apprendista Jedi che aveva lasciato l’ordine sei anni prima. Osha non sembra il tipo che aggredisce qualcuno come ha fatto la guerriera misteriosa, ma i Jedi inviati a indagare la identificano subito come sospetta.
Ma questo primo mistero viene presto svelato. A quanto pare la serie avrà ben altro da raccontare che non il segreto che lega la meccanica navale ex Jedi con la guerriera misteriosa.
Mettersi in discussione e perdonarsi
La cosa davvero interessante di The Acolyte: La Seguace è che per quanto possa essere ricchissimo e denso di riferimenti e rimandi a cose che già conosciamo, riesce a sovvertire e capovolgere ogni cosa che pensavamo di conoscere, mostrando i personaggi sotto una luce nuova. Persino le nostre nozioni sui Jedi e la concezione binaria della Forza verranno messe in discussione.
Il concetto di colpa e
fallibilità ha sempre accompagnato le trilogie originali, e anche
in questa serie c’è una forte componente che riflette sul senso di
colpa, di perdita e di smarrimento. Semi narrativi che sono sempre
stati presenti dentro al franchise: addirittura Luke Skywalker
divenne così disilluso dal lavoro della sua vita che giurò che
l’ordine sarebbe morto con lui. Eppure The Acolyte
sembra imparare dalla sua contemporaneità e predica l’indulgenza e
la clemenza, prima di tutto verso se stessi.
Per quanto ambientato in un periodo storico in cui i Jedi non sono mai stati così forti e centrati anche come ordine, The Acolyte: La Seguace non si dilunga in scene d’azione a colpi di Forza e predilige inoltre i combattimenti corpo a corpo, con dinamiche e coreografie ispirate fortemente alle arti marziali e al cinema wuxia. Il tutto immerso in atmosfere molto legate al franchise originale (il primo episodio si apre in una taverna!) che, nelle mani di Leslye Headland diventano punto di partenza e ambientazione perfetta per raccontare anche di fallimento e dolore, emozioni che dovrebbero portare al Lato oscuro, ma che sono anche estremamente umane e degne di essere valorizzate, capite e elaborate.